Capitolo IV

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Tra un ballo e l'altro, Elizabeth trovò una scusa per prendersi una pausa dal suo compagno di danze.

«Senti, bello, vado un attimo al bagno a fare cose da signore. Tu aspettami qua, vai tranquillo che poi torno e ricominciamo da dove ci siamo interrotti».

In fondo, iniziava a pensare che Wickham non fosse poi così male. Gli diede un pizzicotto sul culo per esprimere il proprio apprezzamento nei suoi confronti e andò verso il bar.

Iniziò a rovistare tra le mille mila sottogonne di tulle del suo vestito, da cui alla fine tirò fuori una fiaschetta d'argento. Visto l'andazzo solito di quei balli pallosi, aveva imparato a essere previdente e fare provviste alcoliche dalla dispensa privata di suo padre prima di uscire.

«Signorina Bennet, è lei? Cosa sta facendo?».

Quella voce alle spalle le fece quasi andare il whiskey di traverso. Quando si girò e vide che non era nient'altro che Darcy, lo maledisse tra sé e sé.

«Ma porca tro... 'Sto cretino quasi mi fa rovesciare tutto... Maledetto il giorno che si è accollato a Bingley...».

«Come dite, signorina?».

«Niente, zi', non sto parlando con te, vai tra».

«Posso permettermi di farvi una domanda?».

«Eh, se proprio devi...».

«Ho visto che stavate ballando con il signor Wickham. Siete per caso interessata a lui?».

«Ma "siete" chi?! Parla come magni, famme er favore. Comunque, Darcy, non che siano affaracci tuoi, ma non mi interessa Wickham. Ha un bel culetto, devo popo dirtelo, però è tanto pesante quasi quanto te, il che è tutto un dire. Quindi puoi pure sta' tranquillo che non te lo rubo, il tuo amichetto».

«Ma guardate, anzi guardi, anzi guarda, non è per nulla amico mio. Proprio di questo vi volevo, anzi le volevo, ah, no, ti volevo parlare: stai attenta, che quello è un balordo».

Elizabeth non potè trattenersi dallo scoppiare in una risata fragorosa che quasi spettino i capelli ingellati di Darcy.

«Un balordo?! Darcy, ma tu ti senti quando parli? Va be', comunque, apprezzo lo sforzo, ma, anche ammesso che avessi bisogno di consigli da qualcuno, di certo non li accetterei da un babbo come te. Poi, guarda, c'è già mia madre che mi scassa la wallera senza sosta con la storia di trovarmi un fidanzato, mi ci manchi solo te che vieni qui a farmi la predica su chi può piacermi e chi no. Ma levati, va'».

Darcy rimase un po' frastornato da cotanta dimostrazione di disprezzo.

«Eli... Posso chiamarti Eli, vero? Eli, perché ce l'hai tanto con me? Non ti ho fatto nulla».

Elizabeth diventò una furia.

«Non mi hai fatto niente! Ma sentitelo, 'sto stronzo! Cos'è, credi che non ti ho sentito, la sera in cui ci siamo conosciuto al ballo scorso, dire a Bingley che sono una cessa?».

Darcy, preso alla sprovvista, cercò di rimediare alle proprie parole passate, ma con scarsissimi risultati: «Eli, ma no, dai, non fare così... Non volevo proprio dire che sei una cessa, sei un tipo, diciamo...Va be', dai, ce li avrai anche tu gli specchi a casa, in fondo ho solo detto la verità...».

Elizabeth, dopo essersi scolata d'un sorso tutta la fiaschetta, gli si avvicinò talmente tanto che, per una manciata di secondi, Darcy ebbe paura che non sarebbe uscito vivo da quello scambio amichevole di idee.

«"Eli" 'stocazzo! Chiamami ancora così e ti faccio passare io la voglia di andare in giro a chiamare "cesse" delle povere donzelle con solo dei piccoli problemi di acne. E ringrazia che oggi ho lasciato a casa il tirapugni, che se no ti tumefacevo la faccia».

Darcy, allora, alzò entrambi i palmi in segno di resa a indietreggiò lentamente, fino a trovarsi fuori dal campo di visione di quella mina vagante con piccoli problemi di acne e si ripromise di non provare mai più la minima attrazione né fisica, né tantomeno intellettuale per lei.

Orgoglio e precipizioHikayelerin yaşadığı yer. Şimdi keşfedin