Capitolo IX

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Una volta tornata nei suoi appartamenti, Elizabeth sfogò la propria rabbia. Iniziò a lanciare tutti gli oggetti che le capitavano a tiro e a sfogarsi con urli giungleschi, tanto che le ragazze della servitù che si ritrovavano a passare davanti alla sua porta, acceleravano il passo, spaventate.

«Come si permette, quel coglione!» urlò, mentre scaraventò una caraffa d'acqua contro la parete.

«Dirmi che sono una poveraccia!».

Poi toccò alle bottiglie di Moretti da 66 che si era scolata la sera prima di nascosto appena rientrata da un'altra noiosissima festa alla villa padronale.

«Dirmi che la mia famiglia è imbarazzante!».

Ecco che anche lo specchio a tavolo che utilizzava per schiacciarsi i brufoli volò per la stanza.

«Dirmi che era matematico che anche io ci avessi pensato!».

E iniziò a strappare le pagine del Cioè che teneva nascosto sotto al materasso.

Dopo un quarto d'ora buono di sfogo degli istinti primari, Elizabeth riuscì a tornare a un ritmo cardiaco normale.

Il fiatone si regolarizzò e si asciugò il sudore dalla fronte con uno dei fazzolettini di seta che usava per imbottirsi il reggiseno.

«Che poi, va be',» iniziò a riflettere tra di sé «è vero che c'ho un po' le pezze al culo. Se i miei, invece di andare di festa in festa a far ei cazzoni, avessero avuto almeno una volta nella loro vita la sbatta di lavorare, non dico tanto, ma almeno un minimo, adesso non staremmo così».

A questa prima riflessione, se ne incatenò una più profonda: «Che poi, oh, a pensarci bene, è vero che si rendono ridicoli ogni volta che escono di casa. Certo, se facessero un minimo sforzo per allenare un po' il filtro cervello-bocca, magari non saremmo lo zimbello di tutto il circondario. Pure i Price ci prendono per il culo, che quelli sono ancora più poracci di noi e c'hanno pure il padre alcolizzato».

Elizabeth rovistò tra le sue cose, trovò lo sgamo che aveva lasciato spento dalla sera prima, si mi se alla finestra e se lo accese.

I due tiri rimasti, la spinsero ancora più in là nei suoi ragionamenti: «Che poi, a dire la verità, io mi ero accorta che quello mi guardava più del dovuto, però alla fine io che cazzo ne so, non sono mai piaciuta a nessuno, non so come funziona l'abbordaggio. Però, dai, come fai a pensare che io possa pensare a un matrimonio con te? Devi essere proprio rincoglionito... Anche se, ti dirò, non è così brutto: è alto, spalle larghe, le basette ben curate. Poi, è vero, c'ha il cash, e il cash fa sempre comodo. Te lo dice una che c'ha le pezze al culo...Però, non divaghiamo, nonostante non sia proprio un'offesa per gli occhi, rimane comunque un insopportabile coglione e io non mi ci vedo proprio con lui. Anche se, quel culetto gliel'ho guardato un paio di volte... No, dai, raga, non scherziamo. Questa è la canna che parla. Meglio se fingo un mal di testa e me ne vado a dormire, va, che oggi mi ci manca solo farmi prosciugare l'anima dal prete e dalla vecchiarda che si sbatte».

E così, dopo questa conversazione con non si sa bene chi, Elizabeth si buttò a letto vestita, chiuse gli occhi e cercò con tutte le forze di non farsi invadere i pensieri da quel coglione alto, dalle spalle larghe, le basette curate e il culetto appetitoso.

Orgoglio e precipizioWhere stories live. Discover now