Capitolo VIII

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Come annunciato, Darcy arrivò e per giorni la villa di lady Catherine fu un susseguirsi di colazioni, pranzi, aperitivi, cene e dopocene.

I coniugi Collins e la signorina Bennet furono invitati fissi. Elizabeth, oltre a rimpinzarsi come un tacchino, si annoiava a morte durante quelle riunioni, il che non faceva altro che aumentare il suo odio per l'ospite di riguardo. In più di un'occasione l'aveva anche sgamato a guardare verso di lei, proprio in direzione del suo décolleté. Ciò aggravava una situazione già di per sé pessima.

«'Azz si guarda, 'sto scemmemmerd'. Che poi, con tutte le zinne che si vedono qua in giro, non ha nulla di meglio da guardare che 'ste due cacatine di mosca? Vedi che è proprio babbo di minkia, questo».

Per dar sfogo ai suoi pensieri negativi, Elizabeth si concedeva delle lunghissime passeggiate mattutine nel parco della villa. Aveva anche un suo posticino privato, una panchina di pietra vicino a un laghetto dove andava a sbollire la rabbia, urlando bestemmie contro tutto e tutti, ma soprattutto contro Darcy.

Finché, un giorno maledetto, al suono prorompente di «'sto figlio di gran puttanaaa», dovuto al fatto che la sera prima il presunto gentiluomo, nella foga di dimostrarsi tale, le aveva portato una coppa di champagne dal bar, ma visto che in realtà era solo un goffo di merda, era inciampato nell'orlo del vestito di Elizabeth e le aveva fatto la doccia, macchiando per sempre il suo scialle preferito... Ecco, proprio in quel momento, Darcy sbucò dai cespugli e vide la signorina Bennet che urlava a squarciagola verso non si sa chi sull'altra sponda del laghetto.

Lui cercò di richamare la sua attenzione, un po' impacciato: «Miss Bennet?».

Lei, appena si voltò e lo vide, non potè fare a meno di urlare ancora più forte la propria frustrazione.

«Ma pure qua, sei? Non si può stare proprio in pace in 'sto cazzo di posto? Prima il prete, poi la vecchia, poi tu... Ma basta, riga', me state a fa'mpazzì».

Darcy, come logico, si guardava in giro, spiazzato. Non capiva proprio da dove le venisse tutta quella rabbia. E pensare che lui, invece...

«Guardi, miss Bennet... Anzi, Elizabeth... Anzi, no, Eli...».

«Anzi, 'sti cazzi. Senti, dai, muoviti a dire quello che devi che c'ho da fare. Piuttosto che stare qua con te, preferisco andare a giocare a Scopone Scientifico con la servitù. Quindi, se fai il favore...».

Lui, sempre più in difficoltà, si fece forza o proseguì: «Eli, mi sono fatto dire da Mrs Collins, anzi da Charlotte, dove avrei potuto incontrarti perché c'è una cosa che mi ronza in testa da un po' e alla fine ho deciso che è meglio parlarne direttamente con te».

«Ah, pure stalker sei? Bene, andiamo proprio benissimo. Cià, sentiamo, e che sarebbe 'sto pensiero così complesso da esprimere a parole che ti leva il sonno? Pure le borse sotto agli occhi te so' venute».

L'atteggiamento di lei non aiutava, ma lui fece un bel respiro e si lanciò: «Eli, vorresti farmi l'onore di diventare mia moglie?».

Per i primi secondi, Elizabeth pensò che dovesse essere uno scherzo. Poi si guardo un po' intorno, verso le cime degli alberi, per cercare le telecamere nascoste. Dopodiché, vedendo che lui non accennava né a dire, né a fare nulla, capì che esisteva la remota possibilità che quello non fosse uno scherzo.

Allora, anche lei fece un bel respiro e cercò in tutti i modi di mantenere un tono pacato: «Come, scusa?».

Lui si rigirava la bombetta tra le mani, nervoso.

«Massì che hai capito».

Lei per una volta gli fece il favore di non utilizzare degli appellativi spregevoli per rivolgersi a lui: «No, Darcy, evidentemente non ho capito».

«Dai, non mi dire che non ci hai mai pensato nemmeno tu...».

«Ma... Veramente, no».

«Ah,» titubò lui, con la faccia di chi ha appena pestato un merdone «io credevo... Io pensavo... Sai, mi sono detto che se l'avevo preso in considerazione io 'sto matrimonio, per quanto possa sembrare infattibile, era matematico che l'avessi fatto anche tu».

Elizabeth lo guardava con gli occhi a fessura che manco dopo essersi fumata un bong.

«Infattibile? Matematico? Spiegati».

Lui martoriava il bordo del cappello.

«Eli... Infattibile, nel senso che un uomo come me possa sposare una come te non è una roba che si vede tutti i giorni, sai, per la storia della diversa estrazione sociale... Per non parlare della tua famiglia, poi. E matematico, perché era ovvio che tu ti fossi accorta di come ti guardo. Dai, non riesco a toglierti gli occhi di dosso. Boh, non so, credevo che una come te non vedesse l'ora di sistemarsi con uno come me».

Elizabeth non rispose subito. Rimase zitta per qualche secondo, cercando di masticare, inghiottire e ingerire quella sfornata di stronzate.

Poi, alla fine, l'unica frase che riuscì a pronunciare, con molta fatica, fu, di nuovo: «Come, scusa?».

Darcy, con il vago sospetto di aver appena fatto una cazzata, non sapeva più su che specchio arrampicarsi. Infatti, non fece altro che peggiorare la propria posizione, ma non senza mostrare lui stesso una certa spavalderia.

«Va be', figa, lo sappiamo entrambi che io ho più cash di te. Dai, lo sanno tutti che ne ho un botto, di cash. Tu, invece, sei un po' una poveraccia, diciamocelo. E vieni da una famiglia i cui 5/7 sono composti da personaggi imbarazzanti. Vi salvate solo tu e tua sorella Jane. Che poi, non lo dire a nessuno, ma quando Bingley la voleva sposare, mi sono visto costretto a dissuaderlo, ma sono sicuro che capirai... Mica potevo permetterglielo, per gli stessi motivi per cui io non potrei permettermi di sposarmi con te, però, va be', mi fai talmente tanto sangue che ho deciso di passarci sopra. Per la roba dell'arrampicatrice sociale, ti chiedo scusa, ma di 'sti tempi sai mai con chi ti puoi incrociare... Cazzo, alla fine dovresti essere lusingata...».

Darcy, accorgendosi che la sua amata lo guardava con gli occhi fuori dalle orbite, capì che stava facendo male qualcosa, ma gli sfuggiva cosa.

La faccia di Elizabeth si gonfiò, diventò prima verde, poi gialla, poi blu, poi fucsia e alla fine esplose: «Tu, brutto coglione... Vattene subito, che se no, te lo giuro, oggi sarà l'ultimo giorno che vivrai su questa Terra».

Nonostante il colorito del volto, il suo tono fu incredibilmente calmo. Per questo Darcy capì che qualcosa non andava. Doveva essere davvero incazzata, non gli stava nemmeno sbraitando insulti di ogni sorta.

Perciò Darcy alzò entrambi i palmi delle mani in segno di resa e molto lentamente, con piccoli passettini all'indietro, si diresse verso l'uscita del boschetto e, appena fu fuori dal suo campo visino, iniziò a correre a perdifiato verso la villa, spaventato da quell'essere femminile sconosciuto e imprevedibile, oggetto dei suoi desideri più indicibili.

Orgoglio e precipizioOn viuen les histories. Descobreix ara