Niki

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Forse non dovrei scrivere quello che penso qui. What a Joke è nato per essere uno scherzo, un modo per prendere in giro i piloti e le scuderie, ma in questo momento sono io che mi sento presa in giro dalla realtà.

Non posso e non voglio credere che non rivedremo quel suo capellino rosso, che non sentiremo più i suoi commenti pronunciati con il suo accento crucco, perché Niki Lauda se n'è andato e ha portato via con se i valori di una Formula uno che non ha più nulla a che fare con quella odierna.

Sono giovane, non voglio ridicolizzare il presente per elogiare il passato, ma voglio sottolinearne le differenze.

Niki Lauda incarnava una figura ibrida, il pilota che è anche ingegnere, capace di rivoluzionare l'auto e di tirarne fuori il vero potenziale. Era calcolatore, lui non spingeva se non ne aveva bisogno,  non prendeva rischi, non sbagliava ma faceva sbagliare gli altri.

Ma noi non lo ricordiamo perché era un grande pilota, non lo ricordiamo per le capacità di sviluppo dell'auto e non ricordiamo neanche il suo mondiale in McLaren, vinto contro un giovanissimo Prost.

Niki Lauda è passato alla storia per l'incidente del 1 Agosto 76, mentre rincorreva James Hunt per le curve assassine del Nurburgring. 

Dopo essere scappato dalla morte per un pelo, si è rimesso il casco in testa ed è risalito sulla monoposto per provare a vincere l'ennesimo mondiale. Si è deciso di nuovo tutto all'ultima gara dove Lauda ha scelto di ritirarsi perché le condizioni erano troppo pericolose. Un atteggiamento vile non trovate? Eppure per noi è un eroe. Noi lo amiamo perché Niki Lauda non ha sconfitto la paura ma ha imparato a conviverci, scoprendo quali limiti darsi.

Non vi devo dire che ne hanno tratto un film che tutte voi avrete visto, ma voglio dirvi di come quel film mi abbia spinto ad amare così tanto questo mondo.

Avevo 15 anni e della Formula uno sapevo che c'erano delle auto colorate che giravano e che Sebastian Vettel aveva i caschi glitterati, ma mio padre mi ha portato a vedere Rush al cinema. Non bisogna essere amanti della Formula uno per apprezzare rush, bisogna solo essete amanti delle storie raccontate bene e io faccio parte di questo gruppo di persone.

Pur non amando ancora l'ambientazione del film, l'ho rivisto un numero imbarazzante di volte per capire cosa mi piacesse così tanto e forse l'ho capito solo qualche anno dopo.

Nel 2017 mi hanno portato a Monza e ancora non capivo perché così tante persone amassero quelle macchine colorate, cosa ci fosse di così bello in dei piloti che rischiano la vita. Perché lo fanno? Cosa vincono davvero? Una coppa, un po di fama o c'è di più?

Poi ho visto un altra gara, USA 2017, e li ho capito tutto. Ho capito perché alla gente piacciano quelle macchine colorate, perché amano quei pazzi che rischiano la vita. Tutti loro sono diversissimi eppure hanno una cosa in comune basta a renderli una comunità.

La passione.

In Rush non mi attraeva la storia ma mi attraeva la passione per lo sport e per la vita di cui si drogavano i personaggi, Monza non è magica per i rettilinei ma per la passione che sprigionano i tifosi sulle tribune, la stessa passione che spinge i piloti a migliorarsi e a volere vincere.

E la passione accomuna tutti, uomini e donne, giovani e vecchi, ricchi e poveri. Per questo non capisco perché la formula uno sia ancora vista come uno sport d'élite o come uno sport da uomini.

E quando la passione è entrata dentro di me ho capito perché un pilota rischia la vita e cosa vince davvero, l'immortalità.

Niki Lauda, Ayrton Senna e Gills Villeneuve sono morti ma rimarranno per sempre vivi nella storia di questo sport, nel cuore dei tifosi e nei valori di cui si sono fatti portavoce.

Arianna
 

What a Joke!Where stories live. Discover now