act three; bucket list

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Changbin non aveva risposto. Il suo telefono era squillato a vuoto, Felix aveva provato e riprovato ma non c'era stato verso di mettersi in contatto con lui. In un primo momento pensò al peggio, forse anche lui si era chiuso in sé stesso come aveva fatto personalmente, aveva bisogno di più tempo per elaborare la notizia e sarebbe stato meglio lasciarlo stare — poi ebbe un lampo di genio, se così si poteva definire, magari era solo a lavoro. Nel dubbio si era rivestito, si era lavato il viso più volte con l'acqua gelida per provare a rendere meno rossi e gonfi i suoi occhi ed era uscito di casa, si diresse al ponte dove si erano incontrati il giorno precedente e aspettò. Lesse vari articoli online, non appena era stato comunicato il verdetto la maggior parte dei lavoratori aveva abbandonato le loro mansioni. Quelli che erano rimasti erano per lo più medici, infermieri e poliziotti, i quali riconoscevano i loro ruoli e continuavano per la loro strada, tutto ciò che dovevano fare era aiutare le persone, niente di più. Era felice che tra di loro ci fossero i suoi genitori, gli faceva piacere che cercassero di migliorare la vita degli altri — tuttavia un discorso del genere avrebbe potuto farlo prima che loro stessi avessero avuto i giorni contati. Avrebbe solo voluto averli lì con lui. Non avevano un rapporto molto stretto ma erano la cosa più vicina all'idea di casa che aveva, e senza di loro si sentiva perso.

Aspettò lì per ore, lo scorso giorno Changbin aveva staccato circa alle sette quindi doveva almeno attendere fino a quell'orario se voleva avere una possibilità di vederlo. Aveva sonno, fissava l'acqua del fiume scorrere sotto i suoi piedi e si domandava se fosse fredda quanto l'aria che in quel momento era gelida e sembrava attraversargli la felpa e il cappotto. Aveva quasi perso le speranze, ma non demordeva. Proprio quando aveva pensato che stare lì sarebbe stato uno spreco del tempo — estremamente prezioso — che gli rimaneva, ricevette una chiamata da parte di Changbin. "Pronto?"

"Felix, ho appena letto." aveva riconosciuto subito la sua voce, sembrava avere il fiatone. "Sto correndo verso casa, ho detto al mio capo che lo schifavo e me ne sono andato non appena ho saputo della comunicazione ufficiale. Ho realizzato uno dei miei più grandi sogni, liberarmi di quel tizio — per fortuna avevo preso lo stipendio ieri. Hey, dove sei? Sento un rumore strano."

Gli riferì il luogo in cui lo stava aspettando e Changbin disse che sarebbe arrivato tra poco, sospirò e chiuse il cellulare, rispondendo poi a un messaggio di Jeongin. Lui non era ancora arrivato dai suoi nonni a causa del traffico, si stavano spostando tutti in quel momento e le strade erano incasinate, piene di gente e senza nessuno che le controllasse e dirigesse l'ordine, dalle immagini che aveva visto online sembrava davvero essere la fine del mondo — c'era chi provava a mantenere le code regolari, ma erano davvero in pochi a lavorare e per quel motivo il loro lavoro non era totalmente efficace. Qualche minuto dopo Felix vide una figura familiare dirigersi verso di lui, non appena si avvicinò notò che il maggiore aveva le lacrime agli occhi. "Hai pianto?" fu la prima cosa che gli domandò.

"Ho corso troppo e il vento mi è entrato negli occhi." si asciugò le ultime lacrime che erano rimaste sulle sue guance con la felpa.
"Anche io ho pianto, per circa quattro ore." gli fece sapere. "Penso... sia normale."
"Non stai con i tuoi genitori?" domandò, sedendosi accanto a lui.
Era meglio non toccare quel tasto dolente. "Loro sono dei dottori, stanno lavorando ora."
Ci mise un po' prima di rispondere. "È davvero un gesto nobile da parte loro." guardò il cielo. "Invece di passare del tempo a godersi questi giorni provano ad aiutare le persone, credo sia bello, è dare un senso alla propria esistenza."
"Quando le persone che hanno aiutato oggi moriranno comunque tra trenta giorni che senso avrà avuto?" scosse la testa e lo guardò, i suoi pensieri a riguardo erano molto egoistici e non voleva condividerli con lui. "I tuoi genitori dove sono?"
Vide la sua espressione incupirsi. "Non ci sentiamo da quattro mesi, quando sono venuto a vivere da solo. Non hanno ancora provato a contattarmi e vivono anche fuori città. Non so cosa è giusto fare." scrollò le spalle e si alzò. "Stanotte non riuscivo a dormire, continuavo a pensarci... sapevo che sarebbe successo qualcosa di brutto, me lo sentivo."

the end of the world - changlixWhere stories live. Discover now