C596: I buoni ragionamenti son più forti di due mani robuste.

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"Evidentemente, pur essendo una delle locande più pulite di questa città, chiedere due tinozze per il bagno è troppo..." stava borbottando Caterina, mentre Giovanni da Casale, arrivato da poco con gli olii e le essenze scelti da Bianca, l'aiutava a spogliarsi.

Il milanese non diceva nulla, ma anche lui avrebbe preferito sapere l'oste più solerte di quanto non si stesse dimostrando.

Filippo Codiferro aspettava nella stanza accanto il suo turno, avendo dato la precedenza, ovviamente alla sua signora, e Pirovano proprio non riusciva a digerire il fatto – di per sé del tutto innocuo – che il soldato avrebbe usato la stessa acqua del bagno della sua amante.

"Avanti passami quegli olii e facciamola finita..." disse a un certo punto la Sforza, immergendosi fino al collo e soffiando, come se trovasse quella precauzione eccessiva: "Ho passato un sacco di tempo in mezzo agli appestati e non ho mai preso nulla. Non vedo perché stavolta dovrebbe fare qualche differenza... Sembra che anche la peste abbia paura di me."

Giovanni, ancora una volta, restò in silenzio, concentrato sui proprio pensieri e poco attento a ciò che la Tigre diceva.

"Metti i miei vestiti ancora un po' più vicini al fuoco..." fece la Leonessa, che aveva scelto quella stanza proprio per via del suo grande camino.

L'aveva fatto accendere, tra mille malumori del locandiere, che vedeva in quel gesto solo uno spreco di legno, e aveva deciso di sanificare i vestiti con il fumo. Non era facile, così al chiuso, ma si riteneva così tranquilla di non essere infetta, da poter sopportare anche una certa noncuranza nel mettere in atto i suoi stessi ritrovati igienizzanti.

Tuttavia, già che c'era, preferiva che i suoi abiti si trovassero un po' di più nella scia giusta, così aveva dato l'ultimo ordine, anche se Pirovano sembrava non averla nemmeno sentita.

Le stava passando lentamente un telo intriso di essenze sulla schiena, assorto e taciturno, e così alla Contessa fu necessario fare qualcosa per ridestarlo e fargli fare quel che voleva.

Voltandosi verso di lui e guardandolo accigliata, sottrasse le proprie spalle al suo tocco: "Allora, vuoi fare quello che ti ho detto?"

"Come..?" fece infine il milanese, rendendosi conto di non aver seguito nemmeno per un istante il filo delle parole che uscivano dalle labbra della sua amante.

Caterina, ostentando una pazienza che in realtà non aveva, gli ripeté quello che voleva che facesse e poi, mentre l'uomo, con lentezza esasperante, le risistemava gli abiti vicino alla fiamma, fu costretta a soggiungere: "Stai attento a non farli bruciare! Vuoi che torni nuda a Ravaldino?"

"Be', tanto la maggior parte degli uomini del Quartiere Militare non vedrebbero nulla che non abbiano già visto, no?" ribatté lui, aspro, senza volerlo davvero, come se il veleno che stava macerando dentro di lui avesse finalmente trovato la via di scivolare fuori.

La Sforza non aveva alcuna voglia di cominciare a litigare, perciò puntò su una battuta al fine di spiazzarlo e farlo tacere di nuovo: "Se è per questo – disse quindi – non solo sarebbero cose già vista da mezzo Quartiere Militare, ma anche da mezza città, quando mi sono sollevata le gonne davanti a tutti, undici anni fa."

Giovanni non parve cogliere l'ironia di quell'affermazione, al contrario, si rabbuiò ancora di più, tenendole le spalle, fingendo di ravvivare le fiamme, che già ardevano fin troppo alte davanti ai suoi occhi.

"Si può sapere che hai?" chiese a quel punto la donna, trovando il silenzio del suo amante molto irritante.

Pirovano, in tutta risposta, scosse appena il capo e ancora una volta non disse assolutamente nulla.

Se io potessi scrivere tutto, farei stupire il mondo. (Parte IV)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora