Chapter Fourteen

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Il tempo scorreva inesorabilmente. Dorian, con ancora indosso la tuta, si era addormentato con la testa sulle mie gambe e una mia mano stretta al petto mentre gli raccontavo com'era andata la mia giornata cercando di fargli spostare l'attenzione da quello che era successo qualche ora fa. Erano ormai le quattro, saremmo dovuti essere a casa già da un pezzo, ma non me la sentivo di svegliarlo, non ora. Non molto tempo dopo sentii la porta della stanza aprirsi e i genitori del mio uscente? O forse ragazzo? Va beh, i genitori di Dorian entrarono e "diglielo tu e per favore, stagli vicino erano come fratelli". Non ce l'aveva fatta, Charles non ce l'aveva fatta.
Erano minuti che stavo pensando a come dirgli quello che era successo ma niente di tutto quello a cui pensavo sembrava andare bene mi limitai così a svegliarlo il più dolcemente possibile cercando di mantenere uno sguardo impassibile quando, una volta sveglio, si girò verso di me. Riuscii a farlo cambiare e, dopo varie proteste, a convincerlo che non era in grado di guidare in quelle condizioni.
Il viaggio verso casa sembrò interminabile fortunatamente, dovevo ancora trovare un modo per dirgli ciò che era effettivamente successo. Arrivammo a casa una mezz'oretta più tardi nel l'esatto momento in cui la luce stava per lasciare posto alle tenebre "vai a fare una doccia, ti aspetto qui, ma non metterci troppo" dissi io prima di avvicinarmi e lasciargli un bacio a fior di labbra per poi accarezzargli la guancia. Non ottenni risposta, ovviamente, capivo che non era in vena di parlare e l'idea di spezzargli il cuore di nuovo mi faceva davvero male.
Dorian tornò un'ora dopo con addosso un pantalone della tuta e una felpa. Si sedette di fianco a me e io mi avvicinai il più possibile cercando in qualche modo di tenere insieme i milioni di pezzi che ormai componevano il suo cuore. "i tuoi genitori sono passati nel motorhome prima di andare via, hanno detto di salutarti e che" mi bloccò "non dirlo ti prego, non voglio sentirlo, non adesso" rispose lui con la voce incrinata e di nuovo sull'orlo del pianto, mi limitai ad annuire "andiamo a letto cosa ne pensi? Hai bisogno di riposare e io con te".
La notte non fu delle migliori. Gli stetti a fianco asciugando talvolta le sue lacrime quando queste ricominciavano a scendere rigando il suo viso distrutto mentre lo tenevo stretto a me come se da quello dipendesse la nostra sopravvivenza ma il peggio arrivò quando finalmente riuscì a tranquillizzarsi il minimo per addormentarsi. Iniziò con un leggero singhiozzare diventando un vero e proprio lamento qualche minuto dopo finché non si svegliò del tutto prima di correre in bagno. Un violento attacco di panico, questo era ciò che pensavo. Mi alzai una frazione di secondo dopo di lui per seguirlo lasciandogli, però lo spazio necessario per respirare.
Ore, sembravano passate delle ore ma finalmente si stava riprendendo. Si lasciò scivolare a terra tenendo la schiena appoggiata al muro prima di tirarsi le ginocchia al petto e fare un respiro profondo, più lo guardavo e più mi veniva da piangere. Vederlo in quella situazione mi stava distruggendo e la consapevolezza di non poter fare niente per aiutarlo mi logorava sempre di più minuto dopo minuto.
Mossa da un briciolo di coraggio mi inginocchiai di fianco a lui passandogli successivamente una mano tra i capelli cercando di ottenere la sua attenzione che, fortunatamente ottenni senza molti problemi "andiamo un po' fuori e parliamo" dissi io prima di lasciargli un leggero bacio sulla fronte. Mi seguì senza troppe storie fino alla terrazza dove lo feci sdraiare su uno dei lettini da spiaggia "aspettami qui, vado a prendere qualcosa per coprirci" lo rassicurai io ma quando feci per entrare lui mi fermò "prendi una coperta, basterà per entrambi, voglio sentirti vicina" annuii non sapendo cos'altro rispondere. Feci ritorno una manciata di minuti dopo e mi sdraiai di fianco a lui appoggiando la testa sul suo petto "stai un po' meglio?" domanda stupida ma andava fatta, una cosa del genere non era qualcosa che accadeva tutti i giorni "ora che sei con me si, non andartene anche tu, non ora, non domani, non andartene e basta." Non sapevo se prendere sul serio quello che mi stava dicendo visto lo stato in cui era ma "non c'è pericolo che questo accada, resterò finché non mi dirai di andarmene anche se probabilmente nemmeno allora lo farò" risposi alzando la testa dal suo petto prima di far sfiorare le nostre labbra "te lo prometto" aggiunsi infine.
Passammo la serata in quella posizione con lui che mi raccontava alcuni aneddoti sul suo migliore amico e io che sorridevo felice di quello che avevo trovato e distrutta per quello che Dorian aveva perso.

Sleeping With A F1 Pilot || Dorian BoccolacciDove le storie prendono vita. Scoprilo ora