Capitolo 88

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Laila pov
La mano si muove svelta sotto gli slip sottili.
Un sospiro spezzato mi esce dalle labbra umide e schiuse, mentre per l'ennesima volta penso da Draco, da sola nel mio letto.
E per l'ennesima volta mi immagino le sue labbra così vicine, così vellutate sulla mia pelle.
E mi immagino le sue mani, che forti e sicure si aggrappano a me, tenendomi stretta.
E penso alla sua schiena forte, alle braccia muscolose, al petto scolpito.
Penso a tutto ciò che di lui mi manca.
E il suo amore sussurrato tra i miei pensieri mi compagna fino al piacere profondo che cercavo.
La schiena mi si inarca in uno spasmo di godimento, mi tappo la bocca con l'altra mano per impedire ai gemiti di uscirne.
E quando l'appagante scossa che mi pervade il corpo finisce, resto ansante e tremante in un letto troppo grande e troppo freddo per una sola persona.
Mi manca dormire con la testa sul suo petto e le gambe intrecciate.
Mi manca sentire le sue mani cercarmi nel sonno.
Mi manca la sua voce, il suo sguardo, i suoi capelli di un biondo così chiaro da ricordare i raggi di luna.
Mi manca e basta credo.
Anche luglio è finito.
E non è ancora successo nulla.
E non ho sue notizie. Nemmeno so se è vivo.
È riuscito a decifrare il mio messaggio?
Ha capito che voglio che viva, e sopratutto che torni da me?
Non chiedo nient'altro al destino.
Non chiedo salvezza o ricchezza o chissà che altro.
Chiedo solo che lui torni vivo da me.
Scalcio via il lenzuolo leggero di malavoglia, accaldata dopo l'aver pensato così a lungo a lui.
E faccio appena in tempo a togliermi la mano dagli slip che la porta si spalanca e mia madre entra.
Composta e bellissima come al solito, con un sorriso così sincero sul viso che pare essere più giovane di dieci anni.
E mi da la nausea pensare che quel sorriso è merito di mio padre.
"Laila, tesoro..."
"Non si usa bussare?" La interrompo aspramente.
Lei, ignorandomi, fa un respiro profondo e continua.
"Io e tuo padre vorremmo che ti unissi a noi per la cena, nel gazebo."
Mi tiro su a sedere, e mi avvio all'armadio senza degnarla di uno sguardo, proprio come fa mio nonno con me quando irrompo nel suo studio.
Indifferenza. Pacatezza. Freddezza.
Apro le ante e ne tiro fuori un abito di taffetà grigio perla, e lo indosso sull'intimo costoso in un unico fluido movimento.
"Perché dovrei unirmi a voi per cena? Mi è parso di notare che la compagnia reciproca vi sia bastata negli ultimi mesi."
Il tono è così freddo e duro che se non fossi stata io stessa a parlare, crederei sia stata una statua. Così indifferente che se non fossimo due gocce d'acqua, nessuno penserebbe che siamo madre e figlia.
"Ti abbiamo invitata spesso. Ma hai sempre declinato i nostri inviti." Mi risponde con tono altrettanto tagliente.
È sempre stata brava a mettere mio padre davanti a me quando ero bambina.
E pure quando lui non c'era, il ricordo di lui era così presente e importante che nemmeno si accorgeva di me.
Non vedeva le mie lacrime. Faceva solo finta.
Non vedeva il mio male.
Eppure ho letto che una madre certe cose le sente.
Allora perché la mia non sentiva niente?
Non sentiva nemmeno se urlavo....
"Ho ricevuto inviti a consumare i pasti con il nonno nel suo studio. E credo che altrettanto farò stasera." Mi spiego in tono piatto, mentre mi allaccio i sandali bassi.
"Anche lui ha accettato il nostro invito di questa sera. Saremo tutti assieme." Esclama gioiosa.
Mi viene la nausea.
"Come una vera famiglia." Rincara la dose.
"Noi non siamo una famiglia."
Mi incammino verso la porta, pronta a una lunga passeggiata per prepararmi al peggio.
"Ci vediamo al gazebo."

Draco pov
Dolohov e Rowle gridano.
Gridano così forte che mi sembra possano rompermi i timpani se continuano.
"Ancora Draco." Sibila tremendamente vicino a me.
E di nuovo punto la bacchetta alla gola di Rowle e i suoi occhi di nuovo mi implorano di non farlo.
"Crucio." Una parola ormai così familiare che non faccio nemmeno più fatica a dirla.
E Rowle grida più forte.
E Dolohov si contorce terrorizzato perché sa che presto toccherà di nuovo a lui.
A Hogwarts mi hanno insegnato che la Cruciatus è una maledizione molto implicata con la volontà. Non funziona se non hai davvero il desiderio di fare del male.
Mi chiedo quindi perché le urla siano così forti. Io non voglio torturarli. Per quanto spregevoli e schifosi possano essere, non ho nulla contro di loro. Lo faccio solo perché mi viene chiesto.
Quanto urlerebbero più forte se ne avessi le piene intenzioni?
"Per ora basta così mio caro." La mano dell'Oscuro Signore si posa sulla mia spalla. E io abbasso la bacchetta.
E la sua presenza attorno a me sa di veleno.
Sembra di essere avvolto dalle spire di un serpente mentre cammina in circolo attorno a me e ai due Mangiamorte più anziani ai miei piedi.
"Chi ha pronunciato il mio nome? Chi ha rotto il Veto?" Chiede ancora.
Per l'ennesima volta.
Siamo qui da ore.
Perché il veto è stato rotto. Qualcuno nella Londra babbana ha pronunciato il Suo nome.
E Rowle e Dolohov sono andati per prendere quel povero incosciente e portarlo qui al cospetto di colui cui aveva osato mancare di rispetto.
E loro sono stati via parecchio tempo.
E quando sono tornati erano lividi e sanguinanti, e non ricordavano dove fossero stati, cosa fosse successo e soprattutto chi avessero incontrato.
Un incantesimo di memoria sicuramente.
Ma chi?
Chi il 31 luglio, in un sobborgo della Londra babbana può aver pronunciato il suo nome?
Non ci vuole certo un genio per capirlo.
Solo due persone sono così folli da pronunciare il suo nome senza timore, senza rispetto, con sfida.
Uno di loro è morto sulla torre di Astronomia.
E l'altro è il più ricercato di tutto il mondo magico.
Potter.
Sempre Potter.
"Allora!?" Grida in preda alla furia.
Per fortuna che ho fatto chiudere mia madre in camera. Non la voglio in giro se è in queste condizioni.
L'ultima volta che l'ho visto così furioso è stato dopo un'ora intensa di tortura su Alecto Carrow, persino io che solo tenevo la bacchetta ero stremato. Stremato dalle urla e dai pianti e dalle implorazioni sempre più flebili.
E quando non riuscii più a maledire quell'ammasso di carne e spasmi sul pavimento, lui ha maledetto me.
"Dove si trova!?" Il tono così alto e disperato e bisognoso di sapere che sembra un ululato.
"Mio Signore... Non ricordo nulla... Non vi mentirei mai..." Piagnucola Dolohov, rannicchiato ai suoi piedi.
"Vi prego Mio Signore, credeteci... Non abbiamo ragione di dirvi il falso... Non abbiamo idea di chi ci abbia ferito così gravemente." Rowle tenta con la pietà, avvicinandosi a lui come un verme e tentando di baciargli i piedi.
Ma con lui la pietà non funziona.
"Draco. Penso non abbiano capito la situazione..."
"Ti prego... Per favore..." Gli occhi di Dolohov si riempiono di lacrime quando alza lo sguardo su di me.
Perdonami.
Alzo di nuovo la bacchetta.
"Crucio..."

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