1|L'Accademia

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Avete presente quella sensazione di inquietudine quando vi accorgete di essere in un sogno e non sapete come uscirne? Be', ho scoperto che si può provare anche nella vita reale, quando ci si accorge che si non può fuggire in alcun modo dal proprio destino, bello o brutto che sia.

All'epoca avevo solo tredici anni. Ero una ragazzina innocente che voleva vivere una vita degna di nota e non c'è voluto molto affinché il destino mi accontentasse e mi facesse pentire di ciò che avevo desiderato così ardentemente.

Ma, prima di andare dritta al motivo della mia fine, è bene che vi spieghi tutta la vicenda dal principio.
Mi presento, io sono Giulia, una ragazza ordinaria in cerca di un'avventura, e questa è la storia di come tutto è andato storto.

Era una serata di ottobre, più precisamente del 3 ottobre 2019, e ricordo che faceva piuttosto freddo per quel periodo.
Stavo tornando a casa da pallavolo insieme alla mia migliore amica Eleonora, una ragazza simpatica e di corporatura esile caratterizzata dal suo solito sorriso contagioso e dalla sua grande intelligenza.

Come tutti i martedì sera, dopo gli allenamenti eravamo completamente sfinite e desideravamo solo farci una bella doccia calda e andare nei nostri comodi letti a riposare per prepararci al giorno dopo, che sarebbe stato un giorno di scuola come tanti altri.
Ricordo bene il cielo di quella sera: le sue sfumature andavano dal blu al rosso e le nuvole erano tinte di un morbido rosa mescolato al grigio.
Sembrava un cielo che esisteva solo nelle fiabe e fu il motivo per cui Eleonora si fermò a fargli una foto.

«Hai fatto?» le chiesi impaziente di tornare a casa. Dentro di me si stava facendo lentamente strada un'insolita sensazione di inquietudine. Erano poche le volte che mi capitava di provarle e spesso mi ritrovavo ad aver ragione, motivo per cui ero in stato d'allerta.
«Sì, ho finito. Possiamo andare» rispose Eleonora mettendosi nello zaino il telefono.

Diedi un'ultima occhiata al cielo e per la prima volta notai qualcosa di insolito: le nuvole, arrossate dai caldi raggi del sole, avevano assunto la forma la figura di una spada alata.

Confusa mi stropicciai gli occhi continuando a camminare e rivolsi di nuovo uno sguardo al cielo. Il simbolo era scomparso.
Feci spallucce pensando che fosse solo una svista e continuai a passeggiare al fianco della mia amica. Ormai ci mancava poco per arrivare a casa.
Attraversammo la strada e sbucammo in un piccolo marciapiede lungo e dritto che dava a sinistra sulla strada deserta.

Con la coda dell'occhio mi capitò di intravedere un signore appoggiato sul suo furgone nero con le braccia incrociate.
"Sarà uno dei postini di Amazon" mi convinsi guardando altrove, ma in cuor mio sapevo che non era così.
Decisi di aumentare il passo ed Eleonora mi imitò pur non capendone il motivo.

L'uomo di mezza età si allontanò dal furgone e iniziò a venirci dietro con passo sicuro e spedito.
I suoi vestiti scuri lo rendevano ancora più minaccioso e il coltellino che scintillava nella sua mano non presagiva nulla di buono.
Di solito in momenti così la ragione se ne va e subentra il proprio istinto di sopravvivenza, ma io riuscii comunque a pensare.
Se avessimo iniziato a correre anche lui lo avrebbe fatto e ci avrebbe prese, invece, se fossimo rimaste a camminare normalmente lui ci avrebbe ignorate pensando che fossimo solo delle comuni e noiose passanti.

Quel ragionamento non portava a nulla perché ovviamente era uno dei miei soliti e stupidi pensieri senza senso. A volte desideravo essere scaltra e intelligente come Eleonora.

Il mio cuore, seppur stessi cercando di convincermi che non sarebbe accaduto nulla e che quelle erano solo paranoie, iniziò a battere forte nel mio petto. Sentivo il suo rumore nelle orecchie e non voleva lasciarmi in pace. Sembrava che mi stesse urlando "scappa finché puoi!", ma stupidamente non lo ascoltai.

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