24|L'Albero Dorato

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Quando uscimmo dall'acqua del lago ci ritrovammo al Campo dei guardiani dove tutti gli studenti erano stati portati. Ognuno di loro si era già tolto la sua divisa grigia e brutta e si era messo dei vestiti che i guardiani gli avevano offerto.

Portai la mia amica zoppicante nel tendone dove i guaritori più esperti medicavano i feriti e la feci sdraiare su un lettino in attesa che arrivasse qualcuno ad aiutarci.

«Ci sei riuscita...» mi sorprese la voce di Paul.

Era appena entrato nella stanza spostando il telo giallo e spesso dell'entrata con una delle sue stampelle e mi aveva sorpreso saperlo così in forma dopo poco tempo che era stato ferito.

«I guaritori hanno delle mani a dir poco magiche, ma stai tranquilla che non sono stregoni» scherzò sedendosi di fianco a me, sul lettino di Eleonora. «Lei è una tua amica?»

«Sì... Ed è una persona fantastica... Si è sempre comportata bene con me, mentre io... l'ho ferita molteplici volte»

La ragazza si tirò un pizzicotto sulla mano. «É vero, sei stata cattiva con me in alcune cose... Ma so che lo hai fatto solo per proteggermi»

«Quindi mi perdoni?»

«Sì, ma ad una condizione» si guardò intorno. «Voglio sapere tutto ciò che ti è successo e non tralasciare nulla»

Avrei voluto evitare di farlo perché non potevo rivelarle dei miei poteri e delle mie avventure, ma poi mi ricordai che una volta che i Normali avrebbero lasciato il campo si sarebbero dimenticati di tutto ciò che sarebbe successo lì e allora le raccontai tutto quanto.

Passammo ore a commentare la mia missione da Élite e la strana profezia che Marta aveva detto ad Eleonora, ma ammetto che fu piacevole confidarmi con la mia migliore amica. Mi sentivo più libera e serena.

Mentre le raccontavo tutto, Eleonora veniva curata dai guardiani, e quando finii lei aveva una stampella e una caviglia fasciata.

«Non ho mai avuto un arto fasciato in vita mia...»

«Su su, non pensarci! Vieni con me a mangiare, è ora di cena»

Arrivammo lentamente alla mensa perché Eleonora non riusciva a camminare con la stampella e qui potemmo mangiare del cibo vero e non quello chimico preparato dalle cuoche sfaticate dell'Accademia.

Vedere tutti quei ragazzi liberi e felici, con gli abiti colorati e non più grigi, mi riempiva il cuore di gioia e di soddisfazione perché in fondo sapevo che era merito mio se ora si trovavano lì e stavano per tornare dalle loro famiglie.

Vidi Bryn, Thomas e gli altri Élite arrivare in gruppo e sedersi vicino e di fronte a me con dei larghi sorrisi.

«Hey Giulia, non so come tu ci sia riuscita, ma grazie» disse Silvia addentando un pezzo di pizza.
Bryn, che si era seduta di fianco a me, mi diede una pacca sulla spalla e mi sussurrò all'orecchio. «Dopo cena ci sarebbe qualcuno di molto molto innamorato che vorrebbe parlarti»

Arrossii fino alla punta delle orecchie e spostai lo sguardo verso Thomas che stava cercando in tutti i modi di nascondersi dietro al cartone della pizza.
Che tenero... Non sapete quanto mi mancano i momenti così.

Mangiammo tutti felici e brindammo in onore dei guardiani e del futuro e poi, dopo mangiato, ci fu l'addio.

Tutti gli studenti si erano radunati sulle sponde del lago e si salutavano tra pianti e risate.
E io ero lì tra loro, di fronte a Thomas, ad aspettare che mi dicesse qualcosa invece di rimanere lì a fare l'imitazione di un pomodoro.

«È stata una bella avventura» disse con voce tremante dall'emozione.

«Sì, lo è stata...» Abbassai lo sguardo per trovare un po' di coraggio. «Mi prometteresti una cosa?»

L'AccademiaWhere stories live. Discover now