Capitolo 10

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-Asmodeus è tornato- ...
Pronunciai quelle parole come un tono sicuro e terrorizzato allo stesso tempo...vidi le facce dei due ragazzi stupite, come se non credessero a quello che avevo detto.
-È tornato? Che cosa vuole?- chiese Jace. Alec stava per parlare ma lo bloccai.
-Vuole la coppa- spiegai io in tono preoccupato.
-Qua la situazione è dura...- commentò Isabelle.
-Verrete con me da Luke, il mio padre adottivo. Lui saprà qualcosa- proposi e sembrarono subito d'accordo. -dovrebbe essere alla centrale di polizia, andiamo-
E cominciammo a camminare senza sosta verso la centrale di polizia, attenti a tutto quello che ci circondava...

Arrivammo davanti alla centrale di polizia nel suo ufficio.
-Luke!- dissi correndogli incontro per abbracciarlo.
-Jade bambina mia mi sei mancata- esclamò lui stringendomi.
-Luke loro sono i miei amici. Isabelle è la mia parabatai e loro sono Jace e Alec- e gli presentai i tre ragazzi dietro di me.
-È un piacere conoscere gli amici di Jade- rispose lui con un sorriso per poi rivolgere di nuovo la sua attenzione a me.

-Non ti sei fatta vedere una volta in questi due anni-
-Sono stata impegnata con missioni, ma ora abbiamo una questione più importante di cui parlare- risposi.
-Ditemi- il suo volto divenne immediatamente serio.

-Asmodeus è tornato- annunciò il ragazzo moro. Luke sbiancò. Sapeva di quello che poteva fare il demone. Sapeva che cosa cercava, e glielo avrebbe impedito.
-Già e vuole la coppa- dissi abbassando lo sguardo. Lo vidi preoccuparsi.
-Sai dove si trova?- chiese Jace.
-Tua madre l'ha nascosta ma non mi ha detto dove, ma credo di averlo trovato- rispose lui.
-Mostraci- disse Jace.
-Deve essere sotto il pavimento della tua vecchia casa; ci sono delle assi traballanti, apritele e troverete una scatola- spiegò il mio padre adottivo -Lì c'è la coppa-
-Grazie- rispose Isabelle e tutti e quattro ci voltammo per andarcene.
-Ragazzi- ci chiamò l'uomo -fate attenzione...gli scagnozzi di Asmodeus possono essere sempre pronti all'attacco-
-Staremo in guardia- lo rassicurò la mora.

Ci precipitammo tutti e quattro a casa mia: il giardino era come lo ricordavo, per quel poco in cui ci avevo vissuto e sulle pareti erano disegnate delle rune, senza alcun apparente significato...era in condizioni pietose, come se qualcuno le avesse dato fuoco da un momento all'altro. Il materasso su cui dormiva mia madre era completamente annerito dal fumo e delle lenzuola strappate erano riversate sul pavimento. Uno spesso velo di polvere ricopriva le mattonelle e la luce del sole che filtrava lo metteva ancora più in evidenza.

-Per l'Angelo! Questa casa è in condizioni orrende!- esclamò Isabelle schifata.
-Risparmia i tuoi commenti disprezzanti per dopo, piuttosto cerchiamo la coppa- la rimbeccò suo fratello.
-Alec devi essere sempre così duro?- lo rimproverò Jace.
-si, e ho un buon motivo per esserlo. Un demone superiore è appena ricomparso in città uccidendo mondani più di trovare la coppa. E ora siamo ad un passo dalla nostra missione e tu pensi al mio carattere!?- rispose il moro alzando la voce e Jace alzò le braccia in segno di arresa.

Io lanciai ad Alec un'occhiataccia ma lui sembrò non accorgersene. Era troppo concentrato ad esaminare il pavimento.
-Ragazzi qui c'è qualcosa!- ci avvisò Isabelle richiamando la nostra attenzione -Il pavimento è debole-
-Sembra ci sia un oggetto sotto le assi- ipotizzò il biondo piegandosi per spostare il pavimento ormai vecchio. Aveva ragione.

C'era un cofanetto di legno chiaro con incise due iniziali, C A, Catherine Anderson. Aprii il manufatto e rimasi paralizzata per alcuni secondi a fissarlo.

-Ragazzi, qualcuno ci ha anticipati....la coppa non è qui...-

FIGLIA DEL NEMICO: L'inizio // Alec Lightwood Where stories live. Discover now