8. La città fantasma

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Nessuno aveva più fiatato dopo il terribile incidente.

Il gelido sguardo di Ulrik non smetteva di impartire silenziosi ordini ai suoi compagni, costringendoli al mutismo più assoluto. Aveva incenerito Kuran quando aveva provato a sedersi vicino a Shani, durante una cena, aveva ammutolito Tomas che stava per rispondere a una battuta di Ronnie e aveva anche silenziosamente sfidato la guerriera, che si stava per lamentare del poco tempo passato vicino a un ruscello che avevano trovato per caso, lungo il cammino.

Anche Hans si era adeguato al resto del gruppo, per non provocare oltre l'umore nero del capitano.

Thea ne era soddisfatta. E se la rideva sotto i baffi. A saperlo prima, gli avrebbe lasciato l'onere del comando fin da subito.


«Guardate! Ci sono dei tetti!»

«Dove?»
«Là in fondo, a ridosso della montagna! Li vedete? »
Ronnie e David cominciarono a contendersi un binocolo vetusto, con le lenti tutte scheggiate.

Ulrik ordinò con l'avambraccio a novanta gradi ai suoi di rimanere immobili.

Thea e Lara controllarono la cartina, disegnata a mano durante una missione da Luis.

«È impossibile.» Continuava a ripetere la mora. «Impossibile! Dovrebbero mancare ancora quattro o cinque giorni di viaggio. Vedete? Il paesino si trovava in questo punto e invece secondo i nostri calcoli noi siamo ancora più o meno quaggiù.» Argomentò, roteando il dito per segnalare delle zone sulla carta.

«Thea, quelli sono tetti! Non li vedi?»

«Ma non è il villaggio visto da Luis!»
«Ma Luis lo ha scorto dalle montagne. Potrebbe essersi sbagliato. Oppure potrebbe non averne notato uno più vicino. C'è della nebbia, là in basso, la vedete anche voi? Che strano. Di solito d'estate non c'è la nebbia.»

«La nebbia non è altro che una nuvola che entra in contatto col terreno. È un fenomeno che si forma solitamente dopo il tramonto, quando il calore trattenuto dal suolo durante il giorno viene ceduto all'ambiente circostante, facendo in modo che la temperatura si raffreddi e che il vapore acqueo possa condensare...»

Ulrik trafisse Hans da parte a parte.

«Di solito in questa stagione, sulla Terra, non c'è la nebbia. Ho paura che possa trattarsi di una nube tossica.» Spiegò concisamente Thea.

«E quindi cosa facciamo? Lo lasciamo indietro? Voglio dire, già che ci siamo!» David era speranzoso. Prima svolgevano la loro mansione, prima sarebbero tornati. Avrebbe rivisto così Ciara e il piccolo Olly...

«Se non troviamo nulla, proseguiamo per la nostra strada. Secondo me non vale la pena lasciarcelo alle spalle.» Si accodò Lara.

«E se fosse materiale radioattivo? Non sappiamo il grado di tossicità dell'aria, non abbiamo sufficienti maschere, non abbiamo nemmeno gli indumenti e il...»
«Hans!»

«Ulrik, non possiamo...»

Il comandante sbuffò come un toro inferocito. «Qua non li dai tu gli ordini, professore. Indossate la maschera e seguite Thea ovunque lei vada. Io chiudo le fila. Guai a voi se sento altre proteste.»

La squadra si allineò compatta, come rigidi soldatini di piombo.

Olè, il grosso gigante silenzioso, lì imitò, non perché temesse il nuovo arrivato con gli occhi di ghiaccio. A lui semplicemente piaceva molto l'ordine, gli era congeniale.

L'altro comandante alzò le spalle, rassegnata.

«Ma sì, indossate tutti le maschere. Andiamo a dare un'occhiata, non dev'essere molto distante, massimo quattro o cinque chilometri. Ulrik, tu come farai?»

UMANA ∽ L' Antico PotereDove le storie prendono vita. Scoprilo ora