30. Gelosia

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«Divarica le gambe.»

Eva ubbidì, tenendo puntata con entrambe le mani la pistola contro quella pigna per lei troppo lontana, che era stata appoggiata in verticale su un tronco reciso dalle intemperie.

«Di più!» insistette Tomas.

Con il piede si frappose in mezzo alle sue gambe, le cinse il fianco, appena sotto le costole, stringendola a sé, per riportarla in una posizione eretta e guidò con il braccio libero le sue mani, mentre tra le dita teneva ancora la sigaretta improvvisata che stava fumando, rischiando continuamente di infiammarle i capelli.

La ragazzina sbuffò per quel contatto indiscreto.

Lui l'ignorò.

«Ecco, più a sinistra. Non stare così rigida!» Le afferrò la vita con entrambe le mani e l'attirò contro il suo torace, per mostrarle la posizione da mantenere.

Lei sussultò per il contatto involontario con la cicatrice.

«Tomas...» mormorò con un gemito, cercando di divincolarsi dalla sua presa senza perdere la mira.

La risata di lui le fece il solletico proprio dietro il collo.

«Che diavolo succede?!»

A Eva sfuggì il colpo. Ovviamente il proiettile di gomma andò a incastonarsi ben lontano dal bersaglio prefissato.

Ulrik allontanò bruscamente Tomas dal corpo della ragazza, afferrandolo per il colletto della maglia.

«Ehi, era solo una pistola d'addestramento! Nessuno ha più provato a insegnarle a sparare!» Si difese lui, pensando ingenuamente che tutta quell'esplosione di collera fosse dovuta a un malinteso, che Ulrik credesse che stessero facendo un uso improprio delle armi che erano state loro concesse in prestito dai capi del villaggio.

Ma non era quello il problema.

La ragazzina, senza nemmeno commentare quell'interruzione priva di senso, gli restituì il giocattolo usato per gli allenamenti e si allontanò velocemente.

Tutti li stavano osservando.

Shani aveva gli occhi leggermente umidi. Eva le rivolse un'occhiataccia, mentre la superava, redarguendola: doveva imparare a fidarsi di lei. L'altra scrollò le spalle: non ci poteva fare nulla, alcune emozioni erano così viscerali che non riusciva a controllarle, anche se incongrue e irrazionali, l'assalivano con prepotenza.

Le due amiche ormai avevano imparato a comunicare anche così, con un gioco di sguardi.

«E tu vorresti insegnarle?» insistette sarcasticamente il capitano.

Quando si era trovato di fronte a quella scena, di prima mattina, era andato su tutte le furie. Non ci aveva davvero più visto. Lentamente si rendeva conto di apparire davvero ridicolo agli occhi dei compagni.

Eppure la sua rabbia non si era ancora sedata.

Tomas ed Eva?

Impossibile!

Forse non poi così tanto. I tentativi di fuga di lui e di lei avrebbero potuto unirli. Avevano dormito insieme parecchie notti, si erano avvicinati molto in quel periodo. E adesso quel siparietto sdolcinato...

«Sì, io!» Tomas, ferito nell'orgoglio, puntò la canna della sua arma e mirò alla pigna. La centrò in pieno e quella ricadde a terra, rotolando flebilmente tutta mezza ammaccata.

Ulrik scoppiò a ridere.

«Sei serio? Prova a colpire quella là, piuttosto. Prova almeno ad impressionarmi, se ci riesci.»

UMANA ∽ L' Antico PotereDove le storie prendono vita. Scoprilo ora