36. Pace

1.2K 124 312
                                    


Non trovarono nessuna grotta, ma un luogo appartato, vicino al ripido pendio della montagna sconosciuta, completamente sommerso dalla vegetazione. Liberarono il terreno dagli arbusti e dai tronchi per creare uno spazio sufficiente per accamparsi. Ulrik depositò sul terreno vicino a una rugosa quercia l'Umana, e costruì attorno a lei una piccola tenda con un telo impermeabile, affinché fosse protetta dal freddo della notte.

Hans cominciò a frugare nel suo zaino alla ricerca di riserve di analgesici oppioidi in grado di farle calare la temperatura corporea, che continuava a innalzarsi. Purtroppo sembrava che la ragazza avesse riservato a Tomas le sue uniche scorte. Nel suo zaino c'erano altri piccoli flaconcini di vetro, ma il professore non riusciva a identificarne il contenuto.

«Bisogna andare a cercare una sorgente. Bea e Tomas, ve ne occuperete voi. Shani e Kuran potrebbero andare a caccia. Siamo senza provviste» declamò il comandante, volgendo le spalle ai compagni.

«E tu? Resterai qua? Perché?» Bea incrociò le braccia sotto il petto. I suoi occhi nero antracite erano più infervorati che mai.

«Perché Eva ha bisogno...»

«Non di te» concluse la ragazza, furente di rabbia.

«Ti prego, Bea, non è il momento...»

«Dammi una valida ragione, una sola, perché tu dovresti rimanere lì con lei mentre io vado a caccia per voi, rischiando la mia vita, con questo tossico di merda!» gridò.

La parete rocciosa riecheggiò la sua voce, amplificando la sua ira e trasmettendola a tutta la foresta.

«Nemmeno io sono così entusiasta, dolcezza» bofonchiò Tomas, fingendosi offeso.

In realtà sul suo volto si palesava un sorriso sardonico. I nodi stavano venendo al pettine e non era stato nemmeno merito dei suoi giochetti infantili.

Ulrik chinò il capo sui suoi piedi. Si rialzò a fatica, imbracciò il fucile e si sgranchì il collo. Era così calmo e silenzioso che i compagni temettero seriamente che avrebbe mirato contro la sua ragazza. Sebbene la questione di Maisie fosse stata chiarita, l'ombra del suo passato era difficile da debellare. A volte faceva più paura la sua assenza di reazione che la sua collera cieca e impetuosa.

«Fate quel cazzo che volete.»

Tutti sobbalzarono, compresa la moretta.

Hans si alzò in piedi, gli occhi dorati spalancati dietro le spesse lenti appannate. «Rik...»

«Andrò io a caccia, da solo. Voi siete abbastanza grandi per suddividervi gli altri compiti.»

Bea provò ad avvicinarsi, allungando il braccio per prenderlo per mano. «Vengo con te!»

Lui le sfuggì bruscamente. «No, ho detto che vado da solo.» E poi scomparve rapido nella scura foresta.

Rimasero tutti lì a fissarsi perplessi. In assenza di ordini si sentivano orfani. Mai era capitato che Ulrik cedesse loro il comando e difficilmente il suo linguaggio era stato così scurrile. La combinazione delle due cose rendeva il tutto molto inquietante.

«Va bè, il tossico di merda andrà a riempire le borracce» declamò Tomas, dopo qualche minuto di riflessione.

Si avventurò con lo zaino in spalla, diretto a un rivolo d'acqua che aveva scorto poco distante.


Tutto si aspettava fuorché vedersi rincorso dalla guerriera, che lottava contro gli arbusti che le si intricavano nei capelli, cercando di raggiungerlo.

UMANA ∽ L' Antico PotereDove le storie prendono vita. Scoprilo ora