Capitolo 6

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Mi godo la bella sensazione  mentre Caleb corre tra le strade di Los Angeles. Ho già detto quanto adoro le moto? 

"Faremo una piccola tappa." Si gira Caleb leggermente per guardarmi non appena si ferma ad un semaforo rosso. 

"Dove?" Chiedo stranita.

"Lo vedrai." Si rigira guardando la strada. Decido di non ribattere...discutere di nuovo con lui rovinerebbe il bel momento che mi sto godendo. E, sia chiaro, non è grazie a lui ma solo alla sua moto. 

Qualche isolato dopo inizia a rallentare per parcheggiare. Una volta fermi, scendo e lui fa lo stesso. 

"Dove siamo?" Chiedo mentre ci incamminiamo. 

"Dio Ashley...fai più domande di una bambina." Questa volta è lui che alza gli occhi al cielo. 

"Quante volte ancora dovrò dirti di non chiamarmi così?" Sbuffo. 

"è il tuo nome...come dovrei chiamarti altrimenti?" Dice tranquillo cacciando le mani nelle tasche dei suoi jeans neri.

"Come mi chiamano tutti...il nome abbreviato va bene." 

"Ash...è così che ti chiamano? Che problemi ha il tuo nome completo?"

"Non lo so...solo che non mi piace per niente. Non c'è una ragione particolare. Sin da piccola ho sempre voluto utilizzare l'abbreviazione." Spiego. 

"Bhe, a te non piace ma a me si perciò continuerò a chiamarti Ashley. Però la cosa che veramente mi piace è vederti infastidita e siccome questo ti da noia per me sarai sempre Ashley." Sorride nel vedermi, per l'appunto, infastidita.

"Per infastidirmi basta solo la tua presenza."  Gli faccio un sorriso falso per un mini secondo e poi ritorno alla mia espressione seria mentre lui sorride divertito.

 Nel frattempo siamo all'entrata di un fast food.  Non ci posso davvero credere mi abbia portata ad un fast food. Ma dico...non poteva aspettare altri dieci minuti e mangiare a casa sua? Lo guardo come per dirgli "fai sul serio? Un fast food?"

"Non guardarmi così...avevo fame." Fa spallucce. Sembra aver letto molto bene il mio sguardo. Mi fa cenno di entrare ed io lo seguo. Andiamo verso il banco e in alto troviamo dei cartelloni che ospitano i menù. Lui li guarda con attenzione e quando penso abbia deciso si rivolge a me:

"Tu cosa prendi?" 

"Niente. Non ho fame." 

"Ashley ti conviene prendere immediatamente qualcosa altrimenti ci impiegherò così tanto tempo a masticare che tornerai a casa giusto in tempo per il pranzo." Mi ricatta. Gli rivolgo uno sguardo omicida e lui in tutta risposta mi sorride soddisfatto. 

Ci avviciniamo alla cassa e lui ordina un cheeseburger con patatine ed io invece solo una porzione di patatine.  La cassiera dice il totale da pagare e lui si affretta a porgerle i soldi includendo anche la mia parte. Insisto più volte per poter ridarglieli ma lui non me lo permette.

Quando ci viene consegnato il nostro ordine,  lui prende i vassoi e li porta ad un tavolo poco più distante. Ci sediamo uno di fronte all'altro e mangiamo senza dire una parola fino a quando lui non esordisce dicendo: 

"Non è vero." Lo dice così sicuro di se, con così tanta spavalderia come se fosse una cosa approvata dalla NASA.

"Cosa non è vero?" Alzo la testa dalla mia porzione di patatine e chiedo mentre mastico ancora. 

"Il fatto che la mia presenza ti infastidisca." 

"E come fai ad esserne così sicuro?" Incrocio le braccia al petto ed alzo un sopracciglio aspettando che lui esponga la sua teoria.

"Si vede che un po' ti piaccio." Sorride sghembo. Per giunta solo quando ha  aperto bocca per addentare il panino mi sono resa conto avesse un piercing alla lingua e questa cosa mi fa tanto invidia: è da una vita che voglio farlo ma i miei genitori me l'hanno sempre proibito.

Scoppio in una risata fragorosa e quando mi ricompongo gli dico :" Mi dispiace Mister ridammi la mia sedia ma ci hai visto proprio male. Non mi potrebbe mai piacere una persona come te." Lui alza gli occhi al cielo e da un morso al suo panino. 

"Io piaccio sempre a tutti, specialmente a tutte." Mi fa un occhiolino sorridendo sghembo. 

"Bhe allora diciamo che  sono l'eccezione che conferma la regola." Prendo un'altra patatina dal mio vassoio e la porto alla bocca. 

"Potrai dire quello che vuoi ma io sono convinto di piacerti almeno un po'." So perfettamente che non ha tutti i torti: qualcosa in lui mi intriga  ma non so precisamente cosa... Solo che non lo ammetterò mai ad alta voce...il suo ego è già fin troppo pompato, e dirglielo significherebbe farlo gasare ancora di più.

Quando finiamo di mangiare, appoggiamo i vassoi sui carrelli appositi e poi usciamo. Nel frattempo che camminiamo una domanda continua ad assillarmi la mente, una domanda che avrei posto  ad Aaron se mi avrebbe accompagnato a casa ma, siccome lui non c'è, la farò a Caleb.

"Caleb." Richiamo la sua attenzione. Lui si gira verso di me facendo incrociare i nostri sguardi e mi incita a continuare a parlare. 

"Perché tu e Aaron vi odiate così tanto?" Azzardo. 

La reazione che mi aspetto sicuramente è una sfuriata...ha fatto baldoria  per una sedia, non oso immaginare cosa mi possa dire semplicemente perché gli ho fatto una domanda sulla sua vita. E avrei capito...mi conosce da meno di qualche ora ed è giusto che io non mi intrometta troppo nei loro trascorsi ma sono fatta così: sono curiosa e senza peli sulla lingua...quando ho bisogno di dire qualcosa lo faccio e basta senza pensarci due volte. 

Proprio per questo gliela pongo lo stesso...e poi, di certo non mi fanno paura le sue urla e i suoi atteggiamenti da prepotente...sarà solo un'altra dimostrazione  del carattere di merda. 

"Non è odio. Semplicemente non ci piacciamo...io non sopporto i suoi modi da morto di figa che si comporta da gentiluomo solo per entrare nelle mutande delle ragazze e lui non sopporta i miei modi di fare da teppista utilizzando le sue precise parole." Mi spiega. Anche questa volta mi stupisce...come ho detto, una reazione del genere era del tutto inaspettata. 

"Capisco..." Anche se vorrei sapere perché Aaron lo definisca teppista, no aggiungo altro per non provocargli la sensazione di fastidio che spesso viene anche a me quando mi fanno domande sulla mia vita.

Saliamo in moto ed in brevissimo tempo siamo a casa dei nonni. Le luci sono tutte spente e le finestre chiuse. Presuppongo, quindi, che stiano dormendo...per giunta è molto tardi e non mi aspetto loro siano ancora svegli.

"Non ti aspetterai di certo un grazie per avermi riaccompagnato a casa." Dico mentre scendo dalla macchina.

"Bhe...certo che me lo aspetto." Mi ghigna divertito e mi rendo conto che una cosa che mi piace di lui è che sa essere ironico e sarcastico esattamente come lo sono io. 

"Mi dispiace ma non arriveranno...mi hai praticamente obbligata a salire su quella moto." 

"A dire il vero non ti ho obbligato io...è stata la monetina a decidere." Scuoto la testa e sorrido appena e lui con me.

"Buonanotte Caleb." Gli auguro prima di girarmi e ritornare in casa. 

"Notte Ashley."  Marca la parola Ashley per farmela sentire meglio. 

"Non chiamarmi Ashley." Mi rigiro verso di lui e gli punto da lontano il dito contro. Lui ride di gusto e poi rimette in moto. 


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