Capitolo 12

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"Lascia che ti porti a casa e poi ti garantisco che le nostre strade non si incroceranno neanche per sbaglio."  Lo dice arrabbiato, con gli occhi di fuoco. Capisco di averlo ferito ma non mi sembra tanto grave...

Iniziavo a tollerarlo non troppo...leggermente. Un po' mi piace passare del tempo con lui, però mi rendo conto che lui mi rende vulnerabile. Non so per quale ragione e non so come sia possibile dato che lo conosco da pochissimo tempo. 

Quando sono arrivata qui ho fatto una promessa che intendo mantenere: voglio essere forte, non farmi scalfire da niente e da nessuno. Questa vulnerabilità, che mi capita di avere solo con lui, svanirebbe nell'esatto momento in cui lui si allontanasse da me. 

Se le nostre strade devono dividersi non è altro che un bene dato che resterò fedele alla mia promessa. Per questo motivo decido di restare sulla moto, farmi portare a casa e poi ritornare ad essere sconosciuti...esattamente come quale giorno fa.

Quando Caleb capisce che non mi muovo, mette in moto e accelera. 

Arriviamo a casa in pochi minuti, scendo dalla moto e vado spedita verso il giardino senza rivolgergli parola.

In casa non c'è nessuno. Mi dirigo in bagno per farmi la doccia e cerco il mio cellulare per far partire la mia playlist. Merda!!! Il mio cellulare è nella tasca dei pantaloni di Caleb. 

Uffa uffa uffa. 

Domani me lo farò ridare...

Un'ora dopo i nonni sono a casa, li raggiungo in cucina per fare due chiacchiere con loro e nel frattempo prepariamo la cena. 

Ci sediamo tutti a tavola e, tra un boccone e l'altro, parliamo del più e del meno. 

Dopo aver lavato i piatti e sistemato la cucina, mi augurano buonanotte e vanno in camera loro. 

Anch'io faccio la stesso. Mi assicuro che i nonni siano chiusi nella loro stanza e poi apri la porta finestra per concedermi qualche minuto in compagnia della mia sigaretta. 

L'accendo e, con la schiena appoggia al muro, fisso il cielo. Stanotte non ci sono tante nuvole...riesco a vedere perfettamente le stelle. 

Quando ispiro l'ennesimo tiro, un rumore attira la mia attenzione: l'albero di fronte alla mia finestra si muove leggermente. Mi tranquillizzo quando penso che può essere solo una folata di vento.

Una figura, però, fa capolino da dietro esso: è sicuramente un uomo...lo capisco dalla sua fisionomia: spalle larghi, alto, capelli corti.  Non riesco a capire chi sia: il buio non mi permette di vederlo in viso. 

Butto via la sigaretta e mi alzo per tornamene dentro ma una voce famigliare mi ferma. 

"Aspetta." Mi arresto sul colpo. La voce cupa di Caleb arriva quasi in un sussurro...sicuramente cerca di non parlare ad alta voce per non svegliare nessuno. 

"Che ci fai qui?" Appoggio i gomiti alla ringhiera del balcone mi sporgo leggermente per poterlo vedere meglio. Lui tira dalla tasca posteriore il mio cellulare e me lo mostra.

"Potevi ridarmelo domani..." Aggiungo solo. Sono contenta di riavere il mio cellulare di nuovo e sono contenta che lui sia qua anche se cerco di non mostrarlo. è stupido...lo so, non capisco perchè io abbia questa reazione quando sono con lui. Sinceramente adesso non voglio pensarci. 

"Ero di passaggio...pensavo ti servisse." Il suo tono di voce è quello di sempre: freddo, distaccato. Se ne sta lì con la schiena appoggiata al tronco dell'albero, le mani in tasca e non posso non ammettere che la luce della luna che riflette sul suo viso gli dona molto. 

"Allora che fai? Scendi a prenderlo oppure me ne vado?" Continua quando vede con non gli arriva nessuna risposta da parte mia. Non sapevo che cosa dire. Sbuffo per i suoi modi sempre così rudi, che spesso mi ricordano i miei, e poi mi giro per andare in camera. 

Infilo al volo le Vans. Prendo le chiavi di casa per non rimanere chiusa fuori casa e, cercando di fare il più silenzio possibile, raggiungo il piano inferiore. 

Esco dalla porta principale e lo trovo qualche metro più in là. Noto che nel frattempo si è acceso una sigaretta  e butta fuori il fumo verso l'alto.

Quando si accorge della mia figura, mi squadra da testa a piedi...è solo quando il suo sguardo scorre su di me che mi pento di non essermi messa qualcosa di più decente: indosso solo un pantaloncino che uso come pigiama e una felpa grigia molto larga e vecchia...d'altronde non aspettavo visite, ero pronta per andare a letto. 

Ad ogni modo, mi impongo che non mi interessa di come sono vestita: sono comoda e per giunta non devo fare colpo su nessuno tantomeno su di lui.

Quando lo raggiungo porgo la mano verso di lui per farmi dare il telefono e tornare dentro. Non spiaccico parola...allungo solo il braccio per ricevere quello che mi ha portato. 

Lui sbuffa un sorriso, forse per il mio modo infantile di comportarmi...non lo so perchè ride e non mi interessa. 

Lui fruga nella tasca del jeans nero e mi porge il mio cellulare.  Incrocio il suo sguardo per qualche secondo e, prima che quell'intenso contatto visivo duri troppo, mi giro per rientrare in casa. 

"Potresti anche ringraziarmi...non ti hanno insegnato le buone maniere?"  Sento la sua voce provenire dalle mie spalle. Alzo gli occhi ala cielo anche se so che lui non può vedermi. Mi costringo a fermarmi e girarmi di nuovo verso di lui per rispondergli...mi piace avere l'ultima parola. 

"Non ti ho chiesto io di venire..." Gli rispondo incrociando i suoi occhi. Nella penombra brillano in una maniera indescrivibile.

"Ma l'ho fatto lo stesso."  Alza le spalle con la sua solita nonchalance che spesso utilizza. 

"Hai detto che eri di passaggio...non dev'esserti pesato così tanto." Incrocio le braccia al petto.

"Dio...come sei infantile." Alza gli occhi al cielo. 

"Io? Infantile? Cosa avrei fatto per farti dire che sono infantile...sentiamo." Non ho fatto nulla per essere definita  infantile...non mi piace quando la gente mi descrive come qualcuno che non sono e di certo non permetterò a lui di definirmi così. 

"Lascia perdere...vai a dormire. Le bambine non dovrebbero stare sveglie fino a quest'ora." Accenna un sorriso provocatorio...come quelli che spesso mi rivolge. Sbuffo. Giuro...a volte non lo sopporto proprio. è irritante, è noioso, è...non lo so neanche io cos'altro è. 

"Non avevi detto che mi avresti lasciata in pace?" Lo guardo fisso negli occhi. Il suo sorrisino snervante scompare dal suo volte. Mi guarda intensamente ed io faccio lo stesso.

"Lo sto facendo infatti...ti ho solo riportato il cellulare. Sei tu quella che sei ancora qui."

"Sono qui perchè tu continui a importunarmi e provocar-" Mi interrompe con la sua solita arroganza.

"No. Tu sei qui perchè ti piace che in qualche modo ti ronzi intorno...conosco quelle come te: fanno tanto le difficili ma vogliono tutte la stessa cosa." Lui non conosce proprio un bel niente di me e della mia storia. So cosa intende quando dice che vogliamo tutte la stessa cosa..mi spiace per lui ma io di certo non voglio che mi entri nelle mutande. è meglio mettere subito le cose in chiaro.

"Tu non conosci me, non conosci un bel cazzo della mia storia. Ti conviene starmi molto lontano Caleb...lo dico anche per te perchè non avrai mai nulla di quello che tu immagini." Mi avvicino a lui cercando di essere il più minacciosa possibile. Voglio che lui capisca che sono veramente arrabbiata.

Lui rimane serio...non penso sia molto intimorito da me ma almeno ci ho provato. 

Lo fisso per un'altra manciata di secondi e poi rientro in casa lasciandolo lì.


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