5.2

42 10 20
                                    

Martedi 10 aprile 2018

Il giorno dopo eravamo di nuovo davanti a quello stesso marciapiede, a incrociare lo sguardo di rado, mentre pistolavo con Instagram navigando tra cuoricini e citazioni di Sfera Ebbasta. Tutte le volte che sorridevo la vedevo da sotto che mi guardava come certi centrali difensivi, le mancava il digrignare i denti.

«Non arriva» avevo detto, esasperato.

«Arriva, stavolta arriva».

Aveva avuto ragione lei, Caterina era scesa, con una gran aria stanca. Con l'Ale si era abbracciata calorosamente, con me uno sguardo non troppo convinto. Ero lì per cortesia, ci stava che non fossi l'attrazione della mattinata.

Quando eravamo arrivati oltre al passaggio a livello lei si era chiaramente irrigidita. Era di nuovo davanti alla scuola da cui era iniziato tutto. Mi era venuto in mente il primo calcio di rigore che avevo tirato dopo aver sbagliato quello decisivo della semifinale del torneo di Pasqua di qualche anno prima: un peso al cuore ed ai piedi che farei fatica a spiegare.

«Ho sbagliato un rigore che valeva una finale una volta».

Mi avevano guardato prima di tutto perché non mi avevano ancora sentito aprire bocca.

«Ero un ragazzetto, avevo dodici anni. Giocavo coi lego ancora. Era venuto persino mio padre a vedermi, e mi sono sentito una cacca, avevo fatto perdere tutti. Mi dicevano "dai che non è niente" ma ero sicuro che mi odiavano in quel momento. Ho avuto cento incubi. Poi ho tirato di nuovo un rigore, le gambe pesavano, ma la testa diceva "smettila coglione, sei capacissimo di tirarlo e fare gol". E feci gol».

Alesia mi guardava come se di anni ne avessi avuti veramente dodici, e le stessi disturbando con parole non richieste.

«E quindi?».

«Gli sbagli fanno parte del passato. Gli stronzi sono nel passato, nel presente e nel futuro e quindi non ci puoi fare nulla. Ma sai quanto vali e ti devi stimare di questo... Ah, e poi anche sorridete!».

Selfie della mattina, da mettere nella storia.

«Cancellala, Daniel».

«Ma siamo venuti benissimo dai Cate guarda, fa ridere».

«Cancellala».

La sua richiesta era stata così perentoria che a malincuore avevo cancellato la foto ed in un attimo eravamo entrati nel cortile, avevo raggiunto gli altri e il mio umore non era dei migliori, avevo pensato che dare una immagine di serenità sarebbe stato utile, ma mi ero sbagliato.

All'intervallo si era presentata l'Ale fuori dalla mia classe, quasi titubante se entrare o meno, poi mi aveva trovato.

«Meglio che lasci stare le immagini in generale in questo periodo».

Nella sua voce c'era dispiacere ma nessun tono polemico. Avevo avuto l'impulso di guardare fuori dalla finestra per vedere se nevicava.

«Ok, non avevo pensato a 'sta cosa».

«Nemmeno io ma non si può mai sapere cosa la può far stare male. Però sei stato carino» ed aveva aggiunto, quasi controvoglia «Sei meglio di come pensavo».

«Fortuna che non avevi ancora scritto il mio nome sul deathnote».

E appena uscita era arrivato Pyrex.

«Sei alla fase pompini almeno?».

«Certo, ma a fare le spagnole con le chiappe sei più bravo te».

«Fai troppo scarto Dani, te l'ho sempre detto».

«Te l'ho detto io Simo, quella ha i tuoi stessi gusti, e se ci parli lo capisci subito».

«E chi se ne frega. Se mi condividi le sue tette mica c'è scritto sopra che è lesbica, bisex o tutte quelle cazzate che si inventano le tipe per autogiustificarsi».

Mi ero reso conto che non avevo pensato a quello, e che in effetti a una così due immagini gliele avrei potute chiedere se fossimo stati in un altro momento storico. In quel momento non avrei chiesto foto nemmeno a mia nonna.

Mercoledi 18 aprile 2018

Non avevo smesso di masturbarmi su Caterina, il fatto di vederla a un passo da me la mattina all'uscita, con la primavera un po' anticipata che scaldava l'aria e gli abbigliamenti sempre più corti, faceva anzi peggiorare le mie fantasie ora che avevo aperto l'intrigante cassettino del lesbismo.

E poi, arrivare e andarsene da scuola con due tipe non è che aiutasse tutte le altre tipe a interessarsi a me. Con le due che mi portavo appresso però mi comportavo bene: ero gentile, educato, collaborativo, ma lei rimaneva indifferente a me, come se fosse in un suo mondo, e non doveva essere particolarmente allegro, come mondo.

Una mattina stavamo aspettando che scendesse, forse avevo sbuffato un paio di volte di troppo, e senza che glielo chiedessi, Ale aveva detto:

«Sai, non è facile per lei, lo so che è ancora molto giù, lo so che non è di compagnia, bisogna avere pazienza, tutto qui».

«Tranquilla, non è un problema».

«A volte invece mi sembra che per te un po' sia un problema» ed avevo aperto la bocca per replicare quando mi aveva fermato con la mano, peggio di un vigile «Aspetta, non sto dicendo che ti stai comportando male, però delle volte si vede che ti pesa un po' che lei sia così assente».

Io non potevo che confermarlo: quando dico che andavamo a scuola in tre, in realtà intendo due più una. Ma ero rimasto sul vago.

«Si, si, capisco il problema e non ti preoccupare, so sopportare, e poi sopporto te, figurati se non posso sopportare anche lei».

Lei aveva fatto una smorfia tipo gnegnegne e poi si era fatta seria.

«E' ancora molto a disagio a scuola, ma veramente molto. A volte anche io finisco per essere a disagio perchè... beh, in classe quando siamo solo io e lei non è semplice. Ma le voglio bene che non sai quanto e dopo questa vicenda gliene voglio ancora di più. E non sai quante volte mi chiedo se sto facendo bene, se mi comporto come dovrei».

Un lungo sospiro accompagnato dal sibilo delle fibbie dello zaino che tagliavano l'aria, mosse dalle sue mani. Poi aveva buttato fuori una sorta di sentenza:

«Delle volte penso che dovrebbe dirlo anche ai suoi, dovrebbe magari vedere un esperto, noi forse non bastiamo».

Al pensiero che tutta quella storia finisse nelle mani di adulti che magari avrebbero scavato un po' risalendo il filo, non mi ero sentito molto tranquillo. Senza che nessuno me lo chiedesse avevo provato a dare qualche consiglio per niente disinteressato.

«Ale guarda, per me ti stai impegnando e la tua vicinanza sarà fondamentale, la Cate non è lasciata sola mai e in gran parte è merito tuo. Io farò la mia parte tutte le volte che potrò e sono sicuro che passo passo riusciremo a tirarla su e farle mettere questa storia alle spalle».

«Lo spero, non sai quanto lo spero!» poi dopo una pausa aveva sibilato «se potessi avere sotto mano il tuo viscido amichetto, lo torturerei talmente tanto che...».

Un sospiro, non aveva nemmeno finito la frase. Io invece avevo goffamente provato a interloquire con lei.

«Ale, non voglio giustificare nessuno, però Mattia lo conosco, ha fatto vedere in giro certi screen semplicemente perchè era orgoglioso della bellezza della sua ragaz...».

«Daniel, piantala. Non mi nominare nemmeno quel tizio e non cercare di arrampicarti sugli specchi per giustificarlo!».

«Non lo sto giustificando, ti sto dicendo cosa gli è passato per la testa».

«Qualsiasi cosa gli sia passata per la testa era sbagliata! Mostrare cose di quel genere tradendo la fiducia della tua ragazza è abominevole! Se vuoi evitare che ricominci ad azzannarti non tirare fuori più questi goffissimi tentativi di sminuire quello che ha combinato. Chiaro?».

«Ok, ok, non ti incazzare, vivi serena, starò zitto».

Tuttavia il peggio doveva ancora capitare.

Guarda cosa giraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora