Regola 1 - Manda solo immagini nuove

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I progetti a scuola ci facevano respirare, era tempo di cazzeggio che ci toglieva tempo di lezione. Io spesso li usavo per ripassare quello che non avevo ripassato a casa per poco tempo o poca voglia. Il tempo dei progetti era prezioso e mi serviva per evitare i quattro che tuonavano nel cielo sempre un po' nuvoloso della mia pagella, e di conseguenza mia madre si metteva alle mie calcagna rompendo le palle per il calcio o le serie guardate a mezzanotte.

Mattia no, poteva stare anche tutta la mattina col cellulare in mano che sotto al sette non scendeva, mai. Mattia faceva schifo, Mattia studiava niente, Mattia era perennemente a fare altro che non fosse legato alla scuola. Mattia inoltre era probabilmente il mio migliore amico, oltre che il mio compagno di banco, l'ancora di salvezza quando nelle verifiche non ci capivo un cazzo, l'assistman che mi dava le palle migliori sottoporta, il perfetto doppista per il racchettone e, nel limite delle nostre capacità, il miglior compagno per il footvolley, o per lo meno quello con cui era più piacevole prendere le mazzate da quelli bravi.

Era un tipo che si ispirava molto agli idoli della rete, quindi sarebbe difficile raccontarvi come andava in giro a quell'epoca, perchè si trasformava facilmente: prediligeva il ciuffo lungo che si abbinava ad un viso regolare, ben abbronzato, che incorniciava due occhi chiari, la sua arma principale per il gentil sesso.

Per un certo periodo nei giovanissimi il mister lo aveva soprannominato Mispe e successivamente Mispy, versione contratta di "Mi spettino" e ancora in terza superiore se volevamo farlo arrabbiare bastava chiamarlo Mispy.

Eravamo all'inizio della terza all'alberghiero, non avevo ben capito cosa facesse esattamente lui in quella scuola se non che voleva diventare quanto prima uno chef stellato e trasformare la pizzeria dei suoi in un locale da Guida Michelin con cucina a vista e profilo Instagram pieno di foto di piatti in primo piano che Cracco spostati che dobbiamo lavorare.

Sui social era un drago, o meglio, più drago della media dei draghi, ma cosa lo dico a fare a voi stegosauri che usate Facebook per condividere i video dei gattini. Mattia era stato il primo che conoscevo ad utilizzare il profilo aziendale per vedere le statistiche, era diventato l'appuntamento fisso con le reaction delle merendine delle macchinette, dove si spacciava per critico gastronomico, arrivava alle spalle di chi stava scegliendo e stroncava le crostatine con voce saccente e parole inventate. Puntava a comprarsi una strumentazione adeguata per fare video dalla sua poltrona, per darsi un tono, per sembrare serio.

«Ma te lo sai quanto costa un mic professionale?»

«Certo, quando vado all'Iper guardo sempre le quotazioni dei mic, prima ancora dei cellulari»

Per i cellulari, inutile nasconderlo, avevamo una sorta di ossessione, che andava oltre quello che avevamo in mano: sapevamo praticamente tutto di ogni modello, di ogni marca, e se lui mi faceva il pippotto sul suo magico mondo Android, io gli mettevo sotto il naso l'iPhone 8 dicendo "Siri, è meglio Apple o Samsung?" e poi gli ridevo in faccia.

Giravamo io, lui e Simone, e se anche qualcuno per brevi periodi aveva avuto qualcosa di simile a una tipa, alla fine quell'amicizia era rimasta ben solida, cementata tanto da avere la meglio rispetto a tutto quello che rischiava di sgretolarla o annacquarla.

Simone dei tre era il meno caciarone, a differenza di suo padre che era fin troppo gioviale. In squadra giocava come centrocampista di interdizione, e quel ruolo si rifletteva sulla sua vita: badava alla sostanza, non parlava molto, era determinato, senza molti fronzoli. Non amava il footvolley perchè lo riteneva una carnevalata e se non poteva dare spinte e strattoni non c'era divertimento per lui. Era il più alto di noi tre, con uno sguardo stronzo accoppiato ad una bocca che sorrideva raramente, eppure non era un musone, anzi faceva le battute più fulminanti.

Questi eravamo, immersi in una classe che negli anni aveva perso le scorie peggiori fatte di zoccole che avevano preferito fare le stagiste nei centri estetici, magrebini ridimensionati nei loro sogni da pusher, minus che nemmeno alla scuola alberghiera erano riusciti a ritagliarsi una condizione almeno simile a quella del medio essere umano.

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