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Domenica 25 febbraio 2018

Avevo visto il suo primo selfie. Era goffo, era storto, era fatto con una luce penosa e una fotocamera che nemmeno le foto di mia zia ai gatti, il sorriso era evidentemente forzato anche se carino. La prima cosa che avevo pensato era che le mancava lo zucchero filato in mano, il tutto restituiva l'idea di un esperimento venuto, come dire, bene ma non benissimo.

"Bene ma non benissimo" non glielo aveva scritto nessuno, erano piovuti cuori, una pioggerellina leggera e breve, fatta per lo più di compagne di classe e di nuoto. Pochi ragazzi perchè era come dicevo io: la cagavano poco con tutte le foto di acqua e piscine che metteva.

Poi ne era comparso un altro: lei era sempre un po' forzata ma si vedeva lo sforzo per cercare di uniformarsi ad una qualità di foto più accettabile.

Che poi, "accettabile" non so quanto era la parola giusta. Instagram è un mondo di fantasia dove puoi sembrare più o meno chi ti pare, le foto sono tutte clamorosamente fuorvianti. La Tamy ad esempio, che nella nostra classe era più o meno come Sadako Yamamura, aveva la furbizia di farsi scattare le foto dalla sua amica Pizzaltaglio, e solo con questa operazione elementare si trasformava magicamente in una tipa socialmente accettabile. I social possono facilmente mangiarti l'immagine: o ci entri a gamba tesa, o esci con i piedi davanti. Sai quanti, nella vita, ho visto disperarsi per un "sei grassa", "sei frocio": devi avere lo stomaco e l'amor proprio, tanto amor proprio, altrimenti posti i tramonti in salina e le albe sul portocanale e non cerchi consensi riguardo il tuo corpo. L'unico problema sarà alzarsi così presto per andarle a fare, 'ste cazzo di foto all'alba.

Meglio il tramonto a quel punto.

Lunedi 5 marzo 2018

Stavo a sedere a scuola di fianco a uno che mi faceva rabbia, mascheravo tutto e lo guardavo mentre rimaneva a sua volta impermeabile a quella sua "storia". Una sera stavo facendo il mezzo scemo con una che faceva finta di essere già alle superiori quando era arrivato un vocale di Mattia.

"Siete pregati di guardare tra le cartelle" e come un cane di Pavlov avevo istintivamente aperto l'elenco e messo in ordine cronologico. Mi aveva assalito una ondata di sensazioni molto discordanti, molto strane, aggrovigliate, che mi avevano fatto sentire vigliacco ma eccitato, grato ma ingrato, ignobile ma felice. La cartella con alcune screen della Cate faceva bella mostra in cima alla lista, e prima di aprirla avevo buttato uno sguardo fuori dalla finestra come per paura di trovarmela a spiarmi mentre la spiavo.

Quelle forme nette, quella pelle tiratissima e chiara, non venivano messe in discussione da delle luci orribili, da quella solita camera da quattro soldi che aveva in quel cellulare probabilmente ereditato o preso usato. Per i successivi cinque minuti buoni bruciai, e non scherzo: non c'era la soddisfazione di aver ottenuto in prima persona qualcosa che volevo ma ugualmente mi ero sentito vincitore, è difficile da spiegare e sinceramente ho anche poca voglia di provarci.

Mi ero masturbato per non so nemmeno quanto tempo ignorando i trilli dello smartphone che comparivano in alto, toccando lo schermo solo per non farlo spegnere ma per far rimanere vivide quelle immagini, alla fine avevo in torso imperlato di sudore e le ascelle che avevano un odore acre, ormonale come poche volte mi capitava. Lì sotto mi faceva male tutto, una specie di crampi da sforzo. Per quanto ero rimasto concentrato su quelle foto, non avevo mandato nemmeno un misero commento a colui che me le aveva procurate, ma la mia non era stata maleducazione, lo giuro.

Martedi 6 marzo 2018

La mattina dopo Mattia sembrava scocciato, mi guardava storto e non riuscivo a capire perchè, avevo iniziato a farmi i viaggi sulla possibilità che lui avesse capito il mio interesse per la Cate, o che io sapessi dei suoi giri strani con Francesco.

«Oh, che hai?».

«Ti ci sei segato almeno?».

«Ehm, si».

«Ti piace Alla Ricerca di Dory eh?».

«Ma falla finita Mispy, sto puntando una che a te ti ha mollato una foto in tutto».

«Ma chi, l'ucraina?».

«Bravo».

«Si, ti piace raccontarti le favole. Da quella al massimo puoi rimediare un cugino che ti spacca le gambe. Oh comunque almeno un grazie per le foto di Dory, amico di merda, non sai la fatica»

«Scusa, hai ragione. Immagino che non sia stato facile averle, se addirittura ti ci sei dovuto mettere» avevo detto, poi mi era uscito automatico «ma ora ci rimani?».

Considerando che l'aveva definita "Stupida" non piu tardi di dieci giorni prima, immaginavo la risposta.

«In realtà credo di rimanerci un po', è bimbetta ma ha un sacco di potenziale».

«Avrei detto che la mollavi, non dà l'idea di una che possa fare di più».

«Nuota, è abituata a stare senza vestiti».

Non ero così convinto di quello che diceva: gli screen l'avevano ritratta dubbiosa, sguardo attento e per nulla malizioso, un racconto della propria pelle molto asciutto, non orgoglioso come si vedeva fare da qualcuna che persino si autocommentava quando ti mandava le foto, parlando di cazzate come il seno florido genetico nella famiglia o il fatto che facesse tanto sport per mantenersi magra.

Tuttavia non avevo detto nulla, insistere troppo sicuramente avrebbe fatto riemergere le mie paura di farmi sgamare da lui, mi rimaneva comunque da capire quale era stata la scommessa che aveva posto in atto, così seria da farlo addirittura "fidanzare" con il suo obiettivo, ma allo stesso tempo da divulgarne le immagini. La scusa del potenziale secondo me lasciava il tempo che trovava.

«Mica male il tonno, anche se ha un po' poche tette».

Pyrex invece era uno pratico, altro che seghe mentali. Mattia era stato pronto a replicare:

«Poco male, il resto è tutto d'acciaio».

«Quello era il tuo mentre ti segavi».

Forse voleva veramente starci. Era una cosa fisica e non un rapporto sentimentale, ma forse aveva piacere a spassarsela con lei, che riguardo alla voce "soda" diceva la sua di brutto. Non sapevo come replicare, così semplicemente avevo buttato fuori un sondaggio.

«Ok, Top Ten delle sode?».

«Definisci sodità».

«La non mollezza, tipo che quando tocchi, non affondi il dito come Homer Simpson. E poi cosa devo spiegarti, se una è soda, è soda. Sei te che devi dirmi le tue dieci sode»

E così via, fatto sta che avevamo iniziato a lavorare alla Top Ten, come dei ragazzini che fanno la top ten dei calciatori più forti. L'avrei piazzata al primo posto per distacco ma mi ero fatto la violenza di metterla al settimo posto, Mattia l'aveva messa quarta.

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