4.2

46 10 43
                                    

giovedi 5 aprile 2018

Me l'ero beccata un giorno che stavo uscendo in bici per andare a prendermi un paio di cuffie nuove dato che avevo scassato le vecchie dormendoci sopra. Per poco non l'avevo tirata sotto perchè stavo guardando se qualche coglione era in giro da quelle parti.

«Te sei l'amico di Mattia».

«S-i, perchè?».

«Begli amici dimmerda che hai».

«Oh bonjour finesse».

«Se fossi uno serio dovresti mollarli degli amici così, dovresti litigarci, dovresti costringerli a...».

«Ehi, ehi, calma. A te chi ti dice che non abbia già detto qualcosa a lui?».

«E ci staresti ancora come amico con uno così?».

«Perchè uno non può sbagliare?».

«Ma smettila lo sanno tutti che vi passate le foto».

Un enorme brivido mi aveva passato la schiena, al pensiero che il gruppo fosse stato scoperchiato. Ma avevo tenuto il colpo convinto che fosse un caso:

«Io non passo proprio niente a nessuno».

«Tutti i maschi si passano quelle cose, smettila di dire cazzate».

«Oh ma cazzo ti scaldi, vivi serena, sei venuta a farmi la pugnetta sotto casa che non sai nemmeno chi sono».

«Ci scommetto che se apri il tuo cellulare di foto come... quelle... ne trovo duemila. Se è vero che te non lo fai, hai coraggio me lo dai che controlliamo, adesso».

«Ma col cazzo, nel mio telefono non ci metti le mani».

Che poi, alla fine della fiera, effettivamente non avrebbe trovato praticamente nulla se non avesse spippettato nelle cartelle di google drive. Ma era una questione di principio: te tipa le mani nel cellulare non ce le metti a prescindere.

«Vedi che non ce l'hai il coraggio? Perchè sei come tutti, sei pieno di quelle robe li. Sei come Mattia, sei come tutti, a te che le ragazze soffrano per una cosa del genere non te ne frega nulla. Lei abita qui di fianco, sei mai andato a dirle ciao come stai?».

«Oh ma stai serena, è la mia vicina di casa mica mia sorella».

«Ma smettila che la conosci perfettamente, è che devi fare quello che difende la vostra categoria dimmerda».

Era sempre più vicina, con quella seconda piena che sembrava dovesse esploderle da quanto si era gonfiata e sporta in avanti, e che sbatacchiava in qua e in là mentre parlava tutta accaldata. Mi guardava proprio con uno sprezzo che vi giuro poche volte avevo visto in una tipa. Mi ricordava quelle della rappresentativa femminile regionale contro cui avevamo giocato a ottobre, che le più incazzate a giocare erano anche le più lesbiche, le avrebbe viste anche Andrea Bocelli.

Poi la Cate era spuntata dl portone ed era arrivata sul cancello, senza farsi notare.

«Ciao. Ale».

Pausa.

«Ciao Mattia. Non discutete vi prego».

Il cancello quasi la sosteneva. E io quasi mi ero vergognato: con tutte le volte che avevo potuto rivolgerle la parola, mi ero trovato a farlo nel momento peggiore, sotto attacco della panzer con la seconda in esplosione.

«Cate cazzo ma questo dovresti menarlo che tanto si capisce che tipo è».

«Oh basta con sto si capisce, cosa capisci? Cosa sai? Cosa cazzo sai di me?! Non sai una sega e parli. Mi hai mai visto commentare? Mi hai mai visto prendere per il culo? Eh? Io per questa cosa non ho scritto una parola. Trova anche solo una mia su questo fottuto argomento e ti metto tutti i cellulari che vuoi in mano».

Guarda cosa giraWhere stories live. Discover now