1. Il coraggio di andare avanti

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La verità era che dovevo trovare la forza di aggrapparmi a qualcosa, perché non potevo permettermi di andare giù per qualcuno che non se lo meritava.
Seppure avevo sentito qualcosa rompersi dentro di me, dovevo avere il coraggio di provarci, ancora.
Non pensarci, o meglio ancora pensarci ma con la consapevolezza che un giorno avrei semplicemente dovuto cambiare pagina.
C'è chi la pagina l'aveva già voltata, mentre io non ero fatta per le cose semplici, amavo il rischio e innamorandomi di lui ho giocato ogni mia carta. Avevo perso la mia partita, ma almeno un giorno non avrei avuto il rimpianto di non avergli detto che lo amavo.
Era stato bello finché era durata, ma come ogni volta, anche quella volta, l'amore mi aveva sorpresa. Mi aveva fatto credere che era possibile toccare il cielo con un dito, per poi buttarmi giù senza la possibilità di aprire il paracadute.
Cadendo mi sono fatta male.
Un male che non è paragonabile a nessun altro dolore perché l'amore lascia dei segni indelebili sul cuore che nessuno sarà mai in grado di curare.
Potevo pensarci di meno, forse, potevo fingere di aver dimenticato, ma il dolore sarebbe stato sempre lì, in un angolo pronto a riemergere quando ne avevo meno bisogno.
L'amore poteva essere curato solo con altro amore, ma il problema era che non era per niente facile fidarsi dopo essere stati delusi.

Trovarsi in una città che non conoscevo e senza la persona che amavo, fu tremendamente difficile.
Mi dovetti rimboccare le maniche.
Erano passati dei mesi da quando eravamo a Chicago e sia io che mio padre cercavamo lavoro. Non fu semplice ma ci riuscimmo. Mio padre aveva quarantanove anni e la forza di un ragazzo di diciotto, e quando vide un annuncio sul giornale, non esitò nemmeno un attimo a candidarsi.
Lavorare come guardiano di un museo lo rese incredibilmente felice. Amava l'arte, era ciò che all'università gli aveva fatto conoscere mia madre. E così, anche se Anthony Foster fosse scappato da Jacksonville per dimenticarla, anche Chicago si ostinava a ricordagli l'amore che provava per mia madre.
Per quanto riguarda me, io avevo il mio discreto lavoro in un bar di periferia; il Black and White Muffin un discreto posto dove gustare degli ottimo dolci.
Mio padre amava il suo lavoro come guardiano notturno al museo e anche io non mi lamentavo, non era ciò che avevo sempre desiderato ma almeno grazie anche al mio stipendio, potevamo permetterci l'affitto e la scuola di mio fratello.
Dopo un anno intenso di lavoro, papà e io riuscimmo anche a comprarci una piccola auto. Nulla di che, una piccola e graziosa scatola rossa con le ruote che ci aiutasse a raggiungere i nostri lavori con più facilità.
Quello che amavo di mio padre era che rendeva tutto semplice, anche l'impossibile, e invece, per quanto riguarda mia madre, quello che odiavo di mia madre era che si era portata via tutto. Non aveva pensato a noi, ma solo a se stessa. I pochi risparmi della nostra famiglia se li era portati per vivere i suoi sogni.
Per quanto riguarda i miei, beh i miei sogni li avevo lasciati nel cassetto della vecchia casa a Jacksonville.

Avrei tanto voluto continuare gli studi ma nel tempo libero dovevo occuparmi di Matthew e della casa.
Avevo dovuto scegliere, a differenza di mia madre però, sapevo chi mettere al primo posto.
Come Alexander, anche io amavo il mondo della letteratura, magari un giorno sarei voluta diventare una giornalista o meglio ancora una scrittrice.
Quando ero piccola scrivevo praticamente su tutto ciò che mi ritrovassi davanti. Camminavo sempre con un diario e tre penne, chissà qualcuna non avesse più l'inchiostro!
Scrivevo di tutto ciò che mi passava per la testa.
Scrivevo di quanto mi aveva fatto male mia madre Olivia e di quanto avessi amato Alexander.
Ma con il lavoro e i vari impegni, anche la scrittura diventò presto un vecchio sogno nel cassetto.
Nei primi tempi a Chicago la mia vita fu abbastanza monotona, poi conobbi Beatrix Ellis e capii che la sua amicizia era tutto ciò che mi era sempre mancato. Avere un'amica come lei, portò una ventata d'aria fresca nella mia vita.
Bea era riuscita a farmi pensare al passato il meno possibile e questo mi aveva aiutata ad andare avanti.
Ma era la notte quella che non mi dava scampo.
La notte il ricordo di Alex mi travolgeva come una doccia d'acqua fredda.
Mi chiedevo come stesse, cosa facesse e se la sua vita fosse bella. Continuavo a preoccuparmi per lui anche se lui non era più al mio fianco.
Ero abituata a farlo e sì sa, le abitudini erano dure a morire.
Ma Bea era in qualche modo riuscita a farmi sentire a casa in una città che non era la mia e per questo le ero immensamente grata.

Ci eravamo conosciute al Black and White Muffin, lei ci lavorava già da due anni quando arrivai io.
Ricordo che lasciai proprio a lei il curriculum.
Diventammo amiche subito.
Eravamo come il giorno e la notte e non soltanto per il suo carattere esuberante, impulsivo, forte e imprevedibile e il mio abitudinario, ansioso e diffidente. Eravamo diversissime anche nell'aspetto fisico.
Beatrix aveva corti capelli neri e ricci, pelle olivastra, occhi neri e tanti tatuaggi sul corpo, alcuni di questi incisi sulla pelle durante notti folli sotto l'effetto di alcol.
Ma seppure tutte queste differenze, la nostra era un'amicizia invidiabile.

«Lo hai visto?» Chiese sbucandomi da dietro facendomi sussultare.
«No, cosa?» Domandai alzando lo sguardo dalla macchina del caffè.
«Ragazzo bellissimo a ore tre, che dici ci provo?».

Guardai nella sua stessa direzione e lo vidi. Il prototipo di ragazzo ideale di Bea era a due passi da noi.

«Sembra avere il tuo stesso taglio di capelli, leggermente più corti e più chiari» la presi in giro. «Guarda, i tatuaggi si vedono anche attraverso la camicia» le feci notare.
«Hai perfettamente ragione. Allora vado?» Domandò come se le servisse la mia approvazione.
«Cogli l'attimo» le dissi divertita.
«Hai ragione, coprimi con il capo. Vado a prendere il suo ordine!». Annuii e sotto il mio sguardo, la mia cara amica Beatrix andò dal ragazzo.

Occhi verdi e capelli castani, alzò lo sguardo su di lei rimanendo per un momento interdetto.

Sorrisi soddisfatta, Bea era davvero una bellissima ragazza e ogni volta faceva sempre lo stesso effetto.
Bea, mostrando il suo miglior sorriso, prese la penna e il taccuino dal taschino della sua camicia bordeaux e con calma gli chiese cosa volesse ordinare. Non appena fatto, Beatrix prese un altro foglietto scrivendo qualcosa che poi diede al ragazzo.
Scossi la testa divertita, già conscia della sfacciataggine della mia amica.

«Gli hai lasciato il numero, vero?» le chiesi una volta ritornata. «Certo, avevi qualche dubbio?».
«No» risi.

Beatrix non sapeva nemmeno cosa significasse avere paura di un rifiuto, lei che non aveva mai ricevuto un "no" come risposta, sapeva come attirare l'attenzione. Con i ragazzi era sempre lei a fare il primo passo.

Invece io, ero la persona più timida di questo mondo e se uscivo qualche volta dalla mia vita monotona era solo grazie a lei.

«Mi chiedo come ci riesci» mi lasciai sfuggire ammaliata dal suo modo di essere.
«Odio perdere tempo e poi, uno bello come lui non potevo mica farmelo scappare, non credi?».
Aveva ragione. Lei aveva sempre ragione.

«Ci vediamo domani» le dissi non appena vidi arrivare i colleghi del secondo turno.
«Questa sera non ti unisci a noi?» Domandò temporeggiando, non avrebbe mai permesso che il nuovo cliente venisse servito dalle colleghe.

«Purtroppo no, papà ha il turno di notte e io devo stare con Matt».
«Ah cavoli è vero! Beh sarà per la prossima volta».
«Certo, salutami i ragazzi. Okay?».

«Okay» rispose un po' triste.
Le sorrisi andandole incontro per abbracciarla.
Le diedi un bacio e senza voltarmi indietro uscii dal locale.

SPAZIO AUTRICE

Buon pomeriggio lettori!
Come promesso ecco a voi il primo capitolo della storia. A seguito di questo aggiornamento, la domanda mi sorge spontanea... voi siete più come Charlotte o più come Beatrix? Fatemelo sapere nei commenti e se il capitolo vi è piaciuto, vi ricordo di lasciare una stellina. Essendo all'inizio per me, è davvero molto importante.
Vi abbraccio e vi do appuntamento al prossimo capitolo!

Luana

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