2 - LE MIE CUGINE MI FANNO PARTECIPARE A UNA LETTURA DI GRUPPO

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Antica Grecia

Non so cosa odi di più: essere un semidio o il caldo. Essere un semidio mi ha portato molto vicino a morire più di una volta, e il caldo in questo momento sta facendo più o meno la stessa cosa.

Questo pensiero si rafforza soprattutto in questi giorni, quando sono costretto ad andare al fiume non solo per rinfrescarmi e cercare di rendere più facile sopportare questo caldo atroce, ma anche per levarmi di dosso tutta la polvere dorata che mi hanno lasciato i mostri.

Nonostante ci avessi sperato, una parte di me sapeva benissimo che non sarei riuscito totalmente a lasciarmi alle spalle la vita da semidio. Magari non avrei più fatto imprese suicide, ma i mostri sarebbero sempre riusciti a trovarmi fino a che non sarei morto, lasciando così il resto della mia esistenza nelle mani di mio padre.

Il mio nome è Nicolò, e sono il figlio di Ade, dio dell'oltretomba e dei morti. Il suo primo e probabilmente ultimo figlio.

Mi specchiavo nell'acqua: i miei capelli castani scuri, tendenti al nero, già disordinati normalmente, erano un disastro e le borse sotto gli occhi erano ancora ben evidenti. Anche dopo due anni, i miei incubi erano ancora molto vividi. Sia chiaro, i sogni di noi semidei non erano mai stati dei migliori, ma dopo quello che io e le mie due cugine abbiamo affrontato, le cose erano solo peggiorate.

Le ferite erano ancora visibili, e probabilmente non sarebbero mai scomparse, e alcune volte riuscivo a sentire il dolore provenire dalle cicatrici, come se non fossero state ancora rimarginate, in particolar modo durante i miei incubi o visioni. In quel caso, le ferite tornavano a bruciare in maniera insopportabile, come se venissero riaperte tutte in una volta.

Posai un veloce sguardo alla spada vicino a me: uno xiphos, con l'elsa grigia su cui c'era un pomolo a forma di teschio umano; la lama era nera come un incubo, fatta in ferro dello Stige. Questa, è la prima arma fatta con questo materiale, ed è stato il primo ed ultimo dono da parte di mio padre, ma non in segno d'affetto: anni fa gli ho fatto un favore, e questa spada era la mia ricompensa; in seguito è tornato a non rivolgermi più la parola. Non mi aveva voluto dire come aveva fatto a fabbricarla. Quello è un segreto che conservano solo lui ed Efesto.

Non appena le mie mani toccarono la spada per la prima volta, riuscii a percepire che quella non era un'arma normale. Non passò molto, infatti, prima che scoprissi che grazie a quella spada ero in grado di assorbire l'energia vitale di ogni cosa che colpiva, eccezion fatta per me. Inizialmente la spada faceva questa cosa senza distinzioni, rendendomi molto difficili le sessioni di allenamento o il semplice andare in giro tra la gente. Con il tempo, però, sono riuscito a controllare meglio questo potere, fino a che non sono riuscito a comprendere come usare questa abilità a comando, riuscendo ad usarla come se fosse una normale spada durante gli allenamenti che includevano altre persone.

Dandomi un'ultima sciacquata al viso e togliendomi gli ultimi residui di polvere dorata, mi alzai e iniziai ad avviarmi verso casa, dando un'occhiata ai campi coltivati davanti a me. Sì, esatto: io, un semidio che avrebbe potuto avere tutto dalla vita, ha deciso di vivere come un contadino.

Molti mi considererebbero un pazzo, e probabilmente è vero, però non mi è mai piaciuta la vita di semidio, e questa è la migliore alternativa che potessi chiedere: la vita era abbastanza pacifica, a parte gli attacchi dei mostri ogni tanto, e il coltivare la terra mi permetteva anche di tenermi comunque in forma dal punto di vista fisico, oltre che darmi una cosa da fare durante le giornate più noiose, quando l'unica cosa che potevo fare era allenarmi con la spada. Insomma, non avevo di che lamentarmi.

Mentre arrivavo a casa, due figure comparvero in cielo. Alzai lo sguardo e vidi una cosa che mi fece sorridere: due pegasi.

Sapevo benissimo che le uniche che potevano venire a trovarmi a cavallo di pegasi, erano due delle sole sette persone a non considerarmi un'aberrazione. Questo è il problema nell'essere un figlio di Ade: non importa che tipo di persona tu sia, non importa cosa tu abbia fatto nella vita e non importa cosa tu abbia passato, se sei il figlio del dio dell'oltretomba le persone ti guarderanno sempre con paura e odio; anche se ti hanno appena conosciuto, anche se quelle persone dovrebbero essere la tua famiglia o i tuoi amici, loro ti tratteranno sempre come un mostro.

LETTURA ATTRAVERSO IL TEMPODove le storie prendono vita. Scoprilo ora