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«Non ci credo che stava giocando anche lei con voi» Diego scuote la testa mentre si siede sul mio letto nella mia camera al centro sportivo. 
«Vero, te lo giuro. E' una che sa stare al gioco, è simpatica» spiego e anche Fabián ascolta curioso.
«E Giuntoli non vi ha detto niente?»
«E che doveva dire? Eravamo in pausa e stavamo solo giocando a carte. Alla fine lei è una ragazza della nostra età, ci sta che si diverta con noi» spiego alzando le spalle. Io davvero non ci vedo nulla di male, non capisco tutto questo clamore.
«Ma tu la conosci bene? Vedo una certa confidenza tra di voi» anche Dries parla e io scuoto la testa.
«Nono, ci ho parlato velocemente qualche volta, come tutti voi» mento perché non voglio dire cose fuori luogo, poi continuo «però so che può essere brutto essere catapultati in una città nuova dove non conosci nessuno. Cerco solo di aiutarla» dico sincero ma loro mi guardano subito maliziosi.
«So io come potresti aiutarla» Dries con un movimento fulmineo si avventa su di me e mi tasta il pacco in mezzo alle gambe, facendo ridere tutti.
«Ma che dici stupido» scuoto la testa e rido anche io.
«Ah già, tu hai Clarissa...» mormora alzando un sopracciglio. «Con lei come vanno le cose?»
«Boh. Ieri abbiamo parlato un po' ma niente di che, i soliti 'Come stai? Bene - Tu? - Bene - Che fai? -  Vado agli allenamenti, tu? -  Studio - Ok, a dopo - A dopo.' Ormai non andiamo oltre questo» spiego e Fabián mi guarda male. So benissimo quale è il suo pensiero e non me lo ripete per l'ennesima volta.
«Per me sei single» risponde Diego e gli altri annuiscono «devi solo trovare il modo di parlarne con lei» conclude e io sbuffo.
«Solo? Non è facile, soprattutto quando stai con una persona da più di cinque anni» ormai parlare di questa cosa non mi fa nemmeno più male, per me è normalità.
«Me ne rendo conto ma devi farlo prima o poi» risponde e io annuisco. 
Proprio in quel momento vedo di sfuggita passare Aurora fuori la mia camera che era rimasta con la porta leggermente aperta ed esco fuori lasciando i ragazzi a chiacchierare tra di loro.
«Ehi, Auro aspetta» la inseguo nel corridoio e la fermo per un braccio, voglio parlarle del nostro appuntamento sospeso. Ho già in mente dove portarla e so che non se lo aspetterebbe mai.
Si ferma e guarda prima la mia mano e poi me. Ha il cellulare all'orecchio e non me ne ero proprio accorto. Mi fa segno di non poter parlare e io la libero dalla mia presa. Se ne va continuando a parlare al telefono e io resto immobile ed imbambolato per una decina di secondi nel corridoio, poi me ne entro in camera. Dopo una mezz'ora scendiamo per gli allenamenti e lei è fuori dalla recinzione del campo a guardarci. E' sola e ne approfitto per avvicinarla.
«Ciao Auro» la saluto e lei ricambia con un sorriso «dopo li hai due minuti per me? Volevo parlarti di quella cosa in sospeso che abbiamo...» mi attacco alla grata di alluminio e le parlo. Siamo molto vicini ma la barriera ci divide. Sento chiarissimamente il suo profumo ed è buonissimo.
«Possiamo non parlarne ora? Il mister ti sta chiamando» dice seria e io guardo verso il campo dove tutti mi stanno fissando.
Annuisco senza dire nulla e raggiungo gli altri. Ci alleniamo per un'ora e mezza e poi tutti sotto la doccia. Quando esco dagli spogliatoi la cerco con lo sguardo ma non c'è più, se ne sarà andata a casa. Pazienza, le parlerò domani.
Il giorno dopo, però, la storia è la stessa. Mi sfugge e non capisco il perché. Cerco in diversi momenti di parlarle ma ha sempre una scusa pronta. Poi finalmente ci riesco, la becco mentre sta uscendo dal bagno accanto al suo ufficio e non può scappare o trovare scuse.
«Giovanni, ciao» sembra stranita nel vedermi lì, come se non la stessi rincorrendo da giorni. Possibile che non se ne sia accorta?
«Ciao, sto cercando di parlarti da ieri ma mi scappi sempre» mi gratto la testa e sorrido imbarazzato mentre lei sembra non star capendo.
«Non so di che parli...» dice alzando le spalle «dimmi, che succede?»
«Nulla, volevo solo organizzarmi per quell'uscita di cui parlammo in hotel a Modena» dico e lei resta impassibile.
«Giovanni mi dispiace ma credo che non sia il caso. Abbiamo dei ruoli e credo che vadano rispettati» dice, mantenendo le distanze.
«Abbiamo dei ruoli qua dentro ma non fuori. Fuori siamo solo Giovanni ed Aurora che vogliono farsi un giro in città insieme. Non si può?» le chiedo inclinando la testa e scrutandola. Ora la vedo in difficoltà, infatti abbassa gli occhi e scuote la testa.
«Non credo sia il caso, se ci vedessero potrebbero pensare cose non vere» precisa e io faccio una mezza risata.
«Cose non vere, l'hai appena detto. Non voglio sentire ragioni, tu hai bisogno di svagarti un po' e io sarò il tuo aiutante, stop» dico perentorio e lei mi guarda indecisa.
«E se ci vedono?»
«Non ci vedranno, saremo discreti. Ci vediamo di sera, dopo cena. Ognuno arriva con la sua auto e nessuno saprà nulla, te lo prometto» le sfioro il braccio e lei si prende il labbro tra i denti, sempre più indecisa.
«Mhmh» annuisce restando con gli occhi bassi e non è quello che voglio. Le metto due dita sotto il mento e le faccio alzare la testa facendo in modo di avere i suoi occhi nei miei.
«Non devi fare un favore a me però, ci vediamo solo se lo vuoi davvero. Lo vuoi?» le chiedo e lei annuisce.
«Certo che sì, se sono titubante è per la situazione intorno a noi Gio, non per te» mi dice.
«Su quello non avremo problemi, te l'ho promesso» dico e lei non si muove ma continua a guardarmi e a torturarsi la bocca con i denti «Allora domani sera?» chiedo e lei annuisce. 
Ci guardiamo ancora poi insisto.
«Voglio sentirtelo dire a voce alta. Ti va di uscire con me domani sera?»
«Sì» risponde forte e chiaro e finalmente posso essere soddisfatto.
«Perfetto, se mi dai il tuo numero ti mando la posizione di dove ci dobbiamo vedere» prendo il cellulare dalla tasca e lei si guarda in giro agitata.
«Ti scrivo io, prendo il tuo numero dall'amministrazione. Qui è meglio evitare queste cose, anche quello che hai fatto ieri sul campo d'allenamento» mi ammonisce e io la guardo confuso riponendo il cellulare in tasca.
«Ti ho solo parlato» dico cercando di capire dove ho potuto sbagliare.
«Eri da solo e troppo vicino a me, non va bene» dice e io rido.
«Va bene, non ricapiterà. Comunque ti fai davvero troppi problemi tu eh» le sfioro di nuovo un braccio e lei annuisce consapevole che io abbia ragione.
«Lo so. Ora vado, ti scrivo dopo» mi saluta e va via lasciandomi di nuovo da solo nel corridoio.

Almeno ho ottenuto ciò che volevo, posso dire di essere soddisfatto di me stesso.

Impossibile || Giovanni Di LorenzoTempat cerita menjadi hidup. Temukan sekarang