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La partita è appena finita e abbiamo vinto con un netto 3-0. Ai tre fischi finali dell'arbitro mi sono alzata in piedi come tutto il resto della tribuna e ho alzato i pugni al cielo in segno di esultanza. Io e Cristiano ci siamo stretti la mano e ci siamo sorrisi soddisfatti. Più i giorni passano più questa squadra mi coinvolge. Non che sia diventata improvvisamente appassionata di calcio, ma seguire da vicino una squadra ti rende partecipe e anche se non vuoi e se non te lo aspetti ti lasci trascinare. Ora so molte cose in più sul calcio, Cristiano mi ha spiegato che alla fine del primo tempo le squadra si invertono sul campo, che esiste il Var che può rivedere le azioni sospette, che da qualche anno ci sono cinque cambi e non più tre. Per ora mi va bene così, mi basta capire le regole fondamentali non vado nei dettagli. Quelli vorrei che a spiegarmeli non fosse Cristiano ma Giovanni, magari davanti ad un piatto di spaghetti coi frutti di mare e un bel bicchiere di vino bianco ma sto sognando e lo so. Sono giorni che mi ignora anzi più che ignorarmi mi tratta con sufficienza, come se fosse uno tra gli altri. 
E a me questa cosa dà sui nervi. 
«Quindi stasera esci coi ragazzi?» mi chiede il ds alla mia destra e io annuisco a quella sua domanda. Oddio, e se adesso mi dice che non devo farlo?
«Sbaglio secondo te?» domando preoccupata e lui scuote la testa deciso.
«Ma no, assolutamente. Siete ragazzi ed è giusto che tu ti faccia degli amici qui. Stai solo attenta a non mischiare il lavoro con la vita privata» mi avverte e io annuisco d'accordo.
«Certo questo sicuramente. Grazie sempre di tutto, ci vediamo dopodomani, buona serata» gli stringo la mano e mi allontano scendendo negli spogliatoi.
Busso e chiedo se posso entrare, ho fatto passare di proposito del tempo per dar loro modo di lavarsi e vestirsi. Mi danno il permesso di entrare e lo faccio.
«Ragazzi buonasera»
«Buonasera pres!» Lorenzo mi sorride e io ricambio il sorriso.
«Innanzitutto complimenti per la vittoria, siete stati fantastici. E Fabián...» mi fermo guardando lo spagnolo autore di un gol bellissimo da fuori aria «che gol, complimenti» gli allungo la mano e lui me la stringe. «Complimenti davvero a tutti» ripeto e loro ringraziano. Poi vado verso Kalidou e gli parlo da vicino. «A che ora stasera, Kalidou?»
«Ho prenotato per le nove e mezza, ci vediamo lì, ok?» mi dice con quella sua voce profonda e dolce.
«Va benissimo, a dopo allora» mentre lo saluto Giovanni ci passa accanto e guardando il suo compagno di squadra e mai me, ci saluta.
«Io vado, a dopo» dice e noi lo salutiamo velocemente, poi sparisce uscendo dallo stadio insieme a Fabián. 
Me ne vado anche io tornando alla mia stanza numero 122 dell'Hotel Excelsior e ceno da sola dopo qualche ora. Non riesco davvero a capire il comportamento di Giovanni e nemmeno il mio in realtà. Lui prima mi vuole baciare poi mi ignora, io non volevo altro da lui se non un'amicizia e ora mi irrita la sua indifferenza. Mi infastidisce in un modo così sottile e subdolo, in un modo che non riesco a togliermi dalla testa. E se avessi sbagliato tutto con lui? Dovevo lasciare che accadesse? Non lo so, ma so che ora che ci ho rinunciato ci sto comunque male quindi sarebbe stato meglio approfittarne e godermi i momenti con lui.
Sbuffo a quei pensieri e me ne torno in camera a prepararmi. Stasera voglio osare, voglio che Giovanni non riesca a togliermi gli occhi di dosso. Metto un vestito di media lunghezza con uno scollo profondo e lego i capelli. Stivali al ginocchio con tacco a spillo e profumo. Metto un cappotto e chiamo un taxi. Ho intenzione di bere quindi non andrò con la mia auto. Salgo sul taxi e in meno di dieci minuti arrivo al bar che Kalidou mi ha indicato. E' affollato e molto moderno, affaccia proprio sul mare. Entro dicendo di essere sulla lista di Kalidou, loro controllano e mi fanno entrare. C'è una sala tutta per noi in cui spadroneggia un tavolo lungo e rettangolare. Ci saranno una quarantina di sedie e alle spalle il mare si perde all'orizzonte. Stasera non c'è la luna piena ma guardare quella immensa distesa d'acqua mi fa comunque pensare alla mia serata con Giovanni di nemmeno una settimana fa. Sospiro e raggiungo i ragazzi. Al momento ci sono Lorenzo con la moglie, Dries con la moglie, Diego, Mario con le mogli e Amir da solo. Mi siedo accanto a Dries e iniziamo a chiacchierare. Dopo poco arriva Giovanni che ci saluta tutti con due baci sulle guance e io rabbrividisco al suo tocco. Cerco il suo sguardo ma lui no,  lui non mi cerca minimamente.
Perché ti stai comportando così, Giovanni? Perché? 
Arrivano anche gli altri con le loro compagne e ci risistemiamo coi posti a sedere.
«Posso?» indico il posto vuoto accanto a lui che annuisce subito. Mi siedo e cerco di calmare il cuore che mi impazzisce in petto. Ho bisogno di averlo vicino, di sentire la sua voce, di sentirlo muoversi accanto a me.
«Giuntoli ha detto qualcosa che sei qui con noi?» mi domanda Lorenzo e io scuoto la testa.
«No, anzi, ha detto che faccio bene visto che siete ragazzi come me ed è normale che io faccia amicizia con voi. Mi ha detto solo di non mischiare il lavoro con la vita privata» dico schiarendomi la voce e guardando Giovanni per un attimo.
«Vabbè questo è ovvio, mica io ti direi mai mentre siamo al bar ca pat't è na lot e pur n'omm e merd?» cala il silenzio nella sala e poi scoppio a ridere io per prima tirandomi tutti dietro.
«Lorè ma la finisci?» Dries gli tira uno schiaffo e lui alza le mani in segno di innocenza.
«No, era per chiarire la situazione oh! Il lavoro resta fuori da qui» dice ridendo e io annuisco.
«Assolutamente, hai ragione» rispondo e Giovanni al mio fianco non smette di ridere. 
I ragazzi iniziano a parlare d'altro e appena l'attenzione non è più su di me sento la mano aperta del ragazzo che mi sta facendo perdere il sonno appoggiata sulla mia schiena. Mi irrigidisco e quando lo sento avvicinarsi e sussurrarmi qualcosa all'orecchio tutti i miei nervi si attivano e cerco di assorbire più vibrazioni positive possibili.
«Mica te la sei presa per Lorenzo? Lui scherza...» dice e io mi perdo nella sua voce bassa e rauca. Che ha detto? Mi devo concentrare per recuperare in chissà quale reparto remoto del mio cervello la sua domanda ed elaborare una risposta coerente. Mi ha chiesto della battuta di Lorenzo, certo.
«No ma che dici, assolutamente. E comunque so che mio padre non può piacere a tutti, a volte non piace nemmeno a me quindi non me la prendo a prescindere» rispondo e lo vedo annuire ad un palmo dal mio viso. Mi giro un attimo verso di lui e i nostri occhi finalmente si scontrano provocandomi uno tzunami nello stomaco.
«Perfetto allora» dice per poi allontanarsi facendomi un mezzo sorriso. 
Quando è l'ora di ordinare prendo un cocktail alcolico e poi faccio anche il bis.
«Quando stiamo per andarcene avvisatemi che inizio a chiamare il taxi» dico a Kalidou ma mi accorgo che mi hanno sentita quasi tutti.
«Sei venuta col taxi?» mi domanda Fabián e io annuisco.
«Sì volevo bere e quando bevo non guido» spiego.
«E dove hai casa?» chiede ancora lo spagnolo.
«Sono all'Excelsior per il momento, sul lungomare» dico e Diego si intromette.
«Gio non passi da lì tu? Perché non le dai un passaggio?» domanda al suo compagno di squadra e io resto immobile. Mi giro verso di lui solo quando lui accetta la proposta.
«Certo, ti accompagno io non lo chiamare il taxi» mi dice, riappoggiando la sua mano sulla parte bassa della mia schiena. 

Cristo.

«Sicuro? Non voglio disturbarti»
«Passo da lì, tranquilla» mi sorride e torna alle chiacchiere con gli altri.
Da quel momento in poi non aspetto altro che la serata termini e verso l'una e mezza accade. Ci salutiamo e io seguo Giovanni nella sua Mercedes. Mi siedo dal lato del passeggero e metto la cintura di sicurezza.
«Come mai vivi in hotel?» è lui a spezzare il silenzio e io mi giro nella sua direzione.
«Dovrei stare qui solo pochi mesi, non mi conveniva cercare in affitto»
«Dovresti?» distoglie lo sguardo dalla strada e mi fissa stupito. Forse un po' di effetto glielo faccio ancora allora...
«Edo dovrebbe tornare a fine gennaio, poi non so come andranno le cose» spiego e lui annuisce. Guida piano ed è attentissimo ad ogni segnale e mezzo che è in strada con noi.
«Gio...» non so perché inizio questo discorso ma ne ho troppa voglia e non voglio trattenermi.
«Dimmi» mi guarda di nuovo e io prendo il coraggio di parlargli.
«Mi dispiace per come sono andate le cose tra di noi e vorrei rimediare» dico e nel frattempo lui si ferma fuori all'hotel dove alloggio «se vuoi» concludo.
«Come vorresti rimediare?» mi domanda stringendo il volante con entrambe le mani e guardandomi serio.
«Hai detto che avevi tanti posti da farmi vedere, no? Voglio andarci» dico e lui non ha alcuna reazione. Poi gira la faccia guardando dritto sulla strada.
«Vuoi andarci o vuoi andarci con me? Perché io posso anche farti l'elenco dei posti su whatsapp e ti fai accompagnare da qualcun altro» mi sta mettendo alla prova e ne sono consapevole. Non è stato bello il mio rifiuto e prima di ricascarci vuole capire bene cosa voglio.
«Con te. Portami con te» mormoro guardandolo dritto negli occhi.
Annuisce e sorride, è contento, o almeno così sembra.
«Dopo domani sera allora, preparati» mi fa l'occhiolino e io rido.
«Stavolta sarò prontissima» rispondo e lo saluto scendendo dall'auto.

Forse gli ho fatto capire troppo ma ho deciso di vivermi ogni secondo e di non sprecare più nessuna occasione che la mia vita mi proporrà. Vada come vada.

Impossibile || Giovanni Di LorenzoWhere stories live. Discover now