⚘︎13⚘︎

111 8 9
                                    

Dicembre era ormai quasi giunto a termine e io tardai a raggiungere la mia famiglia, perché avevo preferito dedicarmi di più allo studio in vista degli esami. Marlee aveva fatto lo stesso, si offrì di rimanere accanto a me e partire per Bristol in seguito.
I festeggiamenti, quell'anno, si sarebbero posticipati fino a che non avessi degnato i miei genitori della mia presenza. Anche se abitavo con loro, per via delle giornate impegnative che avevo, sembravo trovarmi dall'altra parte del globo. Ancora non mi spiegavo come riuscissero ad avere una tale pazienza nei miei confronti e mi sentivo profondamente in colpa per essere la causa per cui la mia amica non poteva raggiungere la sua famiglia il prima possibile.

Era pomeriggio, un pomeriggio dove il Sole trasmetteva abbastanza calore pur essendo dominante la rigida stagione dell'inverno. La neve era ormai quasi sciolta, rimaneva ostile solo sui cigli della strada o sui bordi dei marciapiedi. Io mi trovavo seduta in una panchina del campus, circondata da alberi completamente spogli e il terreno inumidito, che sprigionava un odore che mi ricordava tanto il petricore.
Ero affiancata dalla mia borsa, sulle mie cosce vi era appoggiato uno dei miei quaderni, pieno zeppo di appunti presi durante le lezioni. Vicino a me si trovano ancora il portapenne, dal quale attingevo una matita per apportare delle correzioni o un evidenziatore per sottolineare i concetti più significativi, e infine il mio – tanto amato quanto consumato – album da disegno.
Dovevo ringraziare che il vento fosse quasi assente, altrimenti mi sarei dovuta rimboccare le maniche e mettermi a rincorrere i fogli volanti.

Ero meticolosamente concentrata sull'ultimo argomento, che aveva ormai solo più bisogno di essere ripassato; mi ero portata avanti con il lavoro, così da non arrivare con l'acqua alla gola all'ultimo momento.
Era così attenta su ciò che stavo facendo, che quasi mi dimenticai dell'esistenza di una realtà circostante. Non badai alle mie mani infreddolite e screpolate, me ne sarei accorta solo dopo, quando due fuochi si sarebbero sostituiti al loro posto, insegnandomi l'importanza dei guanti.

Fui totalmente assorta dallo studio che non mi resi conto di Yeonjun, poco in là da dove mi trovavo io. E se mi fossi accorta del modo in cui mi guardava, perché convinto di avermi già visto, probabilmente non sarei sopravvissuta. Mi capitava spesso di raggiungere luoghi sapendo benissimo che ci fosse lui nei dintorni; volevo osservarlo, guardarlo era l'unica maniera che me lo faceva sentire un po' più vicino. Quella volta, però, il pensiero fisso di Yeonjun era scivolato temporaneamente in secondo piano, tanto che venni seriamente sorpresa quando si mise davanti a me, facendomi ombra e impedendo ai raggi solari di farmi luce.

Credendo che Marlee mi avesse raggiunta, siccome ci eravamo organizzate per incontrarci, sollevai il capo e sorrisi già spontaneamente – sorriso che sparì, realizzando chi avevo realmente di fronte.

Yeonjun non aprì bocca e io feci lo stesso, non essendo completamente a mio agio. Sentivo un senso di ineguatezza sotto il sguardo, me ne vergognavo.
Le sue sopracciglia avevano un'aria confusa, cercava di analizzarmi e io, ad essere scannerizzata così intensamente, provai una certa inquietudine.

Aveva la mano destra riparata all'interno della tasca del giubbotto, l'altra si avvicinò a me e mi consegnò qualcosa, lasciandomi confusa. Un fiore, per la precisione un bucaneva.

Ad un certo punto si decise a porre fine a quel silenzio, che iniziava a soffocare per quanto fosse imbarazzante.

«Ti piacciono i fiori, non è vero?» chiese retoricamente, mentre mi voltò le spalle, facendo sì che anche la sinistra si inserì nella tasca vuota della sua giacca.
«Ho provato a dedurro dal tuo disegno» si spiegò meglio, alludendo al nostro pseudo-incontro in biblioteca, durante la summer school. Sembrava volersi accertare che mi ricordassi di lui, quando io, in verità, non avrei mai potuto dimenticare di Choi Yeonjun.

Non ricevendo nessun accenno da parte mia, mosse un piede per andarsene e io, consapevole che difficilmente avrei avuto di nuovo un'occasione simile, mi sbrigai a rispondergli: «Non è che mi piacciano i fiori, hanno solo a che vedere con il mio nome» gli feci notare, e lui incuriosito ritornò indietro, verso di me.

Mi tirò un'altra occhiata, ma diversamente da prima lo fece anche sugli oggetti che avevo di fianco.

«Mhm, lo vedo...» commentò con la sua classica e distintiva indifferenza.
«Una ragione in più per regalartelo, Hei-Ran. Stammi bene» concluse, lasciandomi letteralmente spiazzata.

Non era un tipo di tante parole e da quella breve conversazione ne ebbi a pieno la conferma. Ma il suo gesto non fece che intensificare i sentimenti che nutrivo per lui.
Era la seconda volta che ebbi l'opportunità di sentire la sua voce, qualcosa di così raro eppure piacevole.

Rimasi rapita dalla testa ai piedi, distogliendomi addirittura dal mio studio in vista degli esami.
Dalle mie labbra uscivano dei respiri irregolari che diventavano vapore acqueo a contatto con il freddo.
Poi una frase, mi risveglio:

«Do you love him, right? »

Ꭺᏼꭰꮖꭲꮻꭱꭹ

Lo ami, vero?

Collywobbles 𐦍 Choi YeonjunDove le storie prendono vita. Scoprilo ora