CAPITOLO 6

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CAPITOLO 6

Un enorme casolare in pietra svettava in mezzo a sconfinate vigne e prati, le colline sullo sfondo tracciavano sinuosi archi che incorniciavano il paesaggio e il cielo era talmente limpido da sembrare quasi un dipinto. Intorno alla struttura principale erano presenti altre abitazioni, sempre dello stesso materiale caratteristico delle case del Chianti e come il responsabile aveva spiegato quelli, insieme al casolare, erano i loro alloggi. I ragazzi procedevano a passo svelto sulla tortuosa stradina sterrata che portava all’ingresso, innalzando la polvere leggermente demoralizzati, poiché i professori avevano esplicitato che avrebbero scelto loro come dividere gli alunni nelle stanze.

Dopo varie sbuffate e lamentele giunsero in un esteso spiazzo di fronte al grande edificio e lì si fermarono per aspettare le altre scuole. Kenma era nervoso, aveva paura di finire in stanza con sole persone che non conosceva e questo lo faceva sentire un po' a disagio, così per cercare di rilassarsi afferrò una manica della felpa che indossava Kuroo, accanto a lui, e la strinse tra le dita. Aveva bisogno di sentire che non era solo, quel contatto con la stoffa della familiare felpa del corvino lo tranquillizzò subito.

Sentire e percepire, erano questi i verbi che più bramava Kenma, nonostante non fosse un grande fan del contatto fisico e delle forti emozioni, aveva bisogno di appigli concreti alla realtà. Quando una cosa è concreta puoi toccarla, hai la sicurezza che ci sia; a volte lui si sentiva fuori posto e spaesato, per questo aveva bisogno di percepire che c’era qualcuno lì con lui, di percepire: affetto, divertimento, sicurezza, sentimenti, perché alla fine sono queste le cose che ti rendono vivo, felice e Kenma aveva deciso che avrebbe imparato ad apprezzarle e viverle appieno.

Kuroo gli strinse dolcemente una spalla, quel semplice gesto significava molto per il più basso, era una muta rassicurazione, che irradiava il messaggio “io ci sono per te”.

Il capitano della Nekoma era quel tipo di persona che amava far sentire gli altri bene, nonostante il suo atteggiamento strafottente e provocatorio sapeva essere molto dolce e soprattutto, avrebbe fatto qualsiasi cosa per le persone che più amava e se poi si trattava di Kenma, non avrebbe esitato a provarle tutte per strappargli anche un debole sorriso o una flebile risata.

A ognuno dei presenti venne assegnato il numero della stanza dove avrebbero dormito per i successivi due mesi.

“Kuroo, io sono nella camera 39, tu?”

“Nella 41, a quanto pare saremo vicini Kenma!”

“Chissà con chi finiremo in stanza” si domandò il biondo mentre camminavano verso le camere, prima che un urlo pieno di allegria squarciasse l’aria.

“KENMAAA!!!”

Il diretto interessato non fece in tempo a voltarsi che un ammasso di capelli arancioni lo investì, facendolo ruzzolare a terra, tanto che si ritrovò incastrato tra il prato e il corpo snello di un ragazzo elettrizzato, che gli gettò le braccia al collo stringendolo forte.

“MI SEI MANCATO UN SACCO, ERA TANTISSIMO TEMPO CHE NON CI VEDEVAMO!”

“Anche io sono contento di vederti, Shoyo” mormorò Kenma ricambiando l’abbraccio.

“Oi, idiota di un Hinata! Così rischi di soffocare l’alzatore della Nekoma, una volta che lo avrai ucciso come faremo a sfidarlo in campo eh?! E poi smettila di urlare come un’oca, sei fastidioso” brontolò uno dei compagni di squadra di Hinata Shoyo, che era arrivato in quel momento.

“Devi sempre fare il guasta feste scemo di un Kageyama! Sono solo felice di rivedere Kenma, poi se vogliamo dirla tutta, tu sei molto più rumoroso di me” sbraitò l’altro, alzandosi per andare a spintonare il suo compagno dai capelli neri e gli occhi azzurri, alto due teste più di lui.

chimica del misteroDonde viven las historias. Descúbrelo ahora