XVI

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jisung era rimasto attonito quando minho, ricevendo d'acchito una chiamata da parte del cosiddetto coinquilino, dovette scappare di fretta dal locale salutandolo con un semplice "ci sentiamo più tardi" e lasciandolo d'un tratto tutto da solo sotto ai ghigni divertiti di fantasmi. dall'espressione allibita del bruno però sembrava davvero che quello fosse stato uno spiacevole imprevisto, ma dentro di sé jisung non riusciva a smettere di rimuginare in modo negativo.

"forse quella era solo una scusa per andarsene prima. chissà, magari aveva un appuntamento con qualcun altro e io sono solo uno dei tanti".

ovviamente aveva accettato di rincontrarlo poiché un'occasione come quella non gli sarebbe mai ricapitata, e nonostante tutto dopo averlo incontrato di persona di minho gli stava sempre di più interessando.

e magari i suoi dubbi era solo stupide e insensate insicurezze salite a galla dal suo profondo mare di inferiorità.
già, come al solito se quello fosse stato l'ennesimo caso.

minho era fin troppo perfetto per come la vedeva lui. bello, divertente e gentile; sembrava essere stato plasmato dagli angeli solo per lui un giorno incontrarlo come anime dannate di una tragedia romantica shakespeariana.

eppure jisung non era tipo da credere ad un invisibile e fragile filo rosso più comunemente chiamato destino, che si dice sia trascritto di ciascuno in una pergamena raccolta nella biblioteca di tutta la conoscenza e di tutta l'ignoranza dell'universo.
jisung preferiva invece credere alle coincidenze e all'accettazione dell'imprevedibilità, che in sé lo definiva un po' più complesso del fato stesso. e similmente a come schopenhauer sosteneva con "la vita è un pendolo che uscilla tra noia e dolore ad intervalli di fugaci attimi di gioia e piacere" lui vedeva il suo incontro con minho piuttosto che come destino come 'un casuale momento di felicità ad avergli reso in grado di apprezzare a pieno il bello della vita tra la costante di perpetua infelicità interiore'. o qualsiasi cosa ciò dovesse significare.

il professore del club di lettere una volta leggendo un suo breve poema tra il tragico rapporto della tristezza e la felicità, associandoli ciascuno alla luna e al sole in una serie di metafore e ossimori dal retrogusto agrodolce, lo aveva rimproverato per la sua negatività alla fiori del male. ma per la verità jisung non aveva affatto l'approccio al pessimismo dei poeti occidentali nei suoi temi, e preferiva più chiamarlo "avvicinamento alla speranza" che "l'abbandono totale a tutti i mali traboccanti dal vaso di pandora".

insomma, in qualsiasi circostanza a jisung piaceva esplorare il suo pensiero, seppur spesso infelice, trascrivendo le sue deduzione astratte sulle note del cellulare. che poi diventassero poesie, temi o testi di canzoni malinconiche che componeva in testa era solo una questione di ispirazione del momento. e chissà, magari un giorno alcuni di quei testi li avrebbe letti a minho in cerca di quell'approvazione reciproca che dai suoi amici si vergognava possibilmente di ricevere. o magari non si sarebbe aperto nemmeno con lui per timore di sentirsi gudicato.

quando arrivò presso la sua destinazione jisung allungò il braccio verso uno dei tanti pulsanti rossi sparsi all'interno dell'autobus reclamando la prossima fermata, approfittando del momento anche per stiracchiare gli arti tesi mentre si alzava a piazzarsi difronte all'uscita.

era agitato. aveva le mani inzuppate dal proprio sudore.
seppure il punto di incontro con minho fosse un barbecue coreano che spesso frequentava con gli amici temeva in qualche modo di perdersi tra i vialetti della vasta capitale; una metafora interiore per descrivere la sua paura di smarrirsi nella ragnatela della paranoia. e prima di proseguire si guardò a destra e a sinistra una volta sceso dall'autobus, prendendo un grosso boccone d'aria come un fumatore incallito che aspirava il sapore della nicotina per calmarsi.

non era di certo la prima volta che aveva un appuntamento con qualcuno. anzi, anche quello della volta scorsa si poteva definire come tale, quindi il numero di esperienze era certamente superiore a uno che è sempre maggiore di zero.
ma essendo di per sé una persona che con l'ansia aveva imparato a conviverci jisung sapeva che l'esperienza non era sempre un laccio a cui potersi aggrappare come sicurezza. e siccome credeva all'imprevedibilità di ogni momento si preparava ad affrontare più scenari possibili, anche quelli più improbabili, per creare un'armatura invisibile che gli dasse la forza di affrontare qualsiasi situazione che non lasciasse possibilmente in bella mostra la sua natura vulnerabile di fronte agli occhi critici degli altri.

ma tra la folla di quelle figure scompigliate le cui ombre sembravano man mano inghiottirlo con loro nelle tenebre jisung riconobbe presto una voce chiamare il suo nome, che collegò subito alla persona che stava aspettando quando il suo sguardo incontrò quell'inconfondibile sorriso felino a rasserenarlo.

e in quell'attimo di pura felicità tutti i dubbi ad appesantirgli il cuore vennero spazzati via insieme ai semi di un soffione solitario sul ciglio della strada.

non io che ritorno dopo mesi di puro silenzio zzz finalmente direi

ma poi cos'è codesto capito relativamente lungo e pieno di no sense tra citazione filosofiche e letterarie e pensieri profondi che non c'entrano nulla con la storia aoooo ma chi lo ha chiesto dov'è il vero soft il prendersi per mano mentre si guarda il tramonto sulla spiaggia da soli scambiandosi un bacio di nascosto sulla guancia e poi arrossire senza dirsi una parola e iniziando attimi dopo a limonare cogliendo l'attimo sfuggente e [censura cesura censura]

che poi di """"soft"""" questa storia ha finora che non ho detto esplicitamente che jisung e vagamente depresso e smarrito in se stesso lolololol proprio io quando cerco di non scrivere sempre e solo angst ahah wow !!

cute. minsungWhere stories live. Discover now