[06] blood

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"La violenza non risolve mai nulla."

⸻ 𝐵 ⸻

Non avevo mai amato la violenza.

Ma non ci volle neanche un nanosecondo prima che la mia mano si chiudesse a pungo, andando a colpire il naso di Billy.

Fiotti di sangue lucente scivolarono giù dalle sue narici, imbrattandogli le labbra morbide e il mento, superandolo per cadere sui suoi indumenti.

I suoi occhi si spalancarono così tanto che temetti di vedere le sue orbite uscire dal cranio e rotolare giù, mentre la bocca impastata dal sapore metallico e familiare del sangue si schiudeva appena.

Poi si portò le mani al viso, cercando di fermare quella cascata rossa, e lasciò che una serie di imprecazioni piuttosto colorite gli baciasse la lingua, modellando la sua voce noiosa.

Una piccola parte di me si sentii uno schifo.

Certo, Billy non era nessuno per me e, se avessi dovuto farlo rientrare in una categoria, sarebbe stata creata apposta per lui, con il nome di "Non me ne frega un cazzo ma inizi a starmi sui coglioni". Ma era il fratellastro della piccola rossa stronza...

Un peso quasi impercettibile mi si posò sul petto, obbligandomi ad avanzare verso di lui, leggermente con il busto piegato in avanti, e le dita che formicolavano. «Billy...», dissi, senza sapere il perché. Infatti la frase rimase morta su quelle sillabe veloci e nervose, impuntata a metà sulla mia bocca. Cosa potevo dire? «Mi dispiace»? No, non mi dispiaceva.

I suoi occhi saettarono sul mio viso, quando pronunciai il suo nome in un flebile sussurro incerto. Sembrava vedermi per la prima volta. Come se non fossi mai esistita, prima di quel momento.

«Cosa?», articolò. La sua voce era spezzata, anche se non piangeva, e mi sentii ancora peggio. Era come se stessi affondando e nessuno avesse intenzione di aiutarmi, di impedirmi di annegare, perché non potevo essere salvata. «Cosa vuoi, adesso?», mormorò a fatica. Emise un gemito, quando le sue dita toccarono il suo naso ancora sanguinante. «Vuoi colpirmi ancora?»

«Io...»

Niente.

Io, niente.

Io non avevo niente da dire. 

Abbassai il capo senza sapere cosa mi premesse sulle spalle, invitandomi a compiere quel gesto. 

Billy mi sorpassò con una spallata, continuando a riversarmi addosso una cascata di imprecazioni, e qualcosa, nel mio petto, mi spinse a seguirlo.

E così feci.

Le mie gambe si mossero in automatico, mentre compievo falcate ampie e da mozzare il respiro per poter star dietro al passo veloce delle sue gambe lunghe e toniche, strette nei jeans.

Scivolai oltre la porta e quasi non persi l'equilibrio quando calpestai una chiazza di punch sul pavimento di parquet della casa di Tina. Riuscii appena a restare in piedi e a non cadere col culo per terra, ma, sfortunatamente, persi Billy di vista.

Dopo aver dato una veloce occhiata al piano inferiore, mi accorsi che la sua figura fastidiosamente familiare non torreggiava su quella di nessun altro, perciò dedussi che fosse andato al piano di sopra.

Senza che avessi il tempo di pensarci, i miei piedi stavano già mangiando la distanza che mi separava dalle scale. Le salii a due a due, e, quando arrivai in cima, mi accorsi che mi mancava l'aria. Mi piegai, lasciando che le mani si aggrappassero alle ginocchia, e presi dei bei respiri. Quando il battito del mio cuore rallentò, decisi di iniziare a bussare a tutte le porte, appena prima di aprirle.

Incontrai due coppie intente a mangiarsi la faccia, un ragazzo che si occupava della sua erezione e una coppia che, di sicuro, non faceva l'amore contro uno specchio, con lei piegata a novanta, i palmi contro la superficie che rifletteva le loro immagini, prima di imbattermi nel bagno in cui si era rifugiato Billy.

Quando spalancai la porta, mi bloccai sulla soglia.

Billy percepì la maniglia abbassarsi e i suoi occhi saettarono su di me, mentre teneva un asciugamano azzurro sotto al naso.

Le sue iridi si piantarono dentro le mie, come se le stesse analizzando, seccandomi la gola. Mi morsi così forte l'interno del labbro che percepii anch'io il sapore ferroso del sangue macchiarmi la lingua.

«Che cazzo ci fai qui?», domandò. 

Potei constatare che la sua voce aveva riacquistato il solito tono duro e sprezzante. Un piccolo miglioramento.

«Volevo...», provai a dire, ma mi fermai. Cosa volevo, di preciso? 

Scusarmi?

Assicurarmi che stesse bene?

Chiedergli di non dire a Max di quello che era appena successo?

E del bacio che mi aveva dato?

Oppure ero lì solo per chiedergli se potesse accompagnarmi comunque alla sala giochi?

Scossi il capo, scacciando tutte quelle parole così stupide, e mi avvicinai a lui, esitando. Le mie dita si posarono sull'asciugamano che teneva sulla parte inferiore del viso, togliendolo dalle sue.

Il suo sguardo non abbandonava mai il mio viso, mentre mi spostavo leggermente per appoggiare quel panno sporco e prenderne uno pulito. Lasciai che uno dei suoi angoli si bagnasse d'acqua e tornai davanti a Billy, che stava seduto sul gabinetto. «Alza la testa», gli chiesi.

Lui respirò profondamente, poi fece come gli avevo detto, sollevando leggermente il mento nella mia direzione. Scrutai i suoi lineamenti senza toccarlo. Il naso non era rotto, a quanto sembrava.

Menomale, mi ritrovai a pensare.

«Che stai facendo, ficcanaso?», mi interrogò, quando portai il lembo dell'asciugamano umido sotto alle sue narici per ripulirlo. Non gli risposi, mordicchiandomi le labbra, stando attenta a compiere quel gesto senza fargli male. Le sue parole rimasero sospese tra noi.

Una volta constatato che avevo rimosso ogni piccola traccia di sangue dal suo bel viso fastidioso, mi allontanai, scivolando via dal contatto che si era creato tra le mie gambe e le sue.

«Sei... sei a posto», farfugliai, mentre le ginocchia vacillavano senza motivo. «Il naso non è rotto.» 

«Sembri esperta», commentò tirandosi su, mentre sistemava la giacca sulle braccia. 

Mi passai una mano tra le ciocche bionde, ravvivando quella catasta di capelli chiari. Quindi mi strinsi nelle spalle. «Ho già viso qualcuno con il naso rotto», minimizzai.

Non volevo parlare di Vance.

Io non volevo mai parlare di lui. Di mamma. Di papà. Della mia famiglia. Della mia vita. Di me.

«Mhmh», mugolò, aprendo la porta che si era chiusa alle mie spalle senza che me ne rendessi conto, quando ero entrata nel bagno. «Beh, senti, ormai mi è passata la voglia di partecipare a questa festa del cazzo. Torno a casa. Ti do quel famoso passaggio?»  



***
Ed eccoci qui!
Che ne pensate?
Fatemi sapere le vostre opinioni, sapete che le amo! 🧡

Ci vediamo nel prossimo capitolo!

A presto,
Chiara – e Aria e Billy.

𝐃𝐀𝐃𝐃𝐘 𝐈𝐒𝐒𝐔𝐄𝐒 » 𝑩𝒊𝒍𝒍𝒚 𝑯𝒂𝒓𝒈𝒓𝒐𝒗𝒆Where stories live. Discover now