Chapter 18

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ASHLEY

Non appena sentii la vibrazione del telefono e capii che era arrivato il messaggio che stavo aspettando, mi precipitai fuori di casa per non dover dare una spiegazione orale a quel che stavo facendo, perché francamente non ne avevo una. Non sapevo proprio quale parte del mio cervello aveva deciso di accettare quella proposta e soprattutto non mi davo spiegazione del motivo per cui lei continuava ad avvicinarsi a me nonostante gli anni passati in mia assenza e il mio prolungato scetticismo nei suoi confronti che non mi pareva di nascondere così bene, pertanto ancora presente.

Non ero uscita senza dare mie notizie, il biglietto di congedo era sopra il tavolo e sarebbe stato il mio supporto finché non avrei fatto ritorno a casa, sperando di non impiegare in questa uscita dell'ultimo minuto più del necessario.

Mi strinsi nel giubbotto che indossavo non appena uscii nel freddo e rigido inverno del Michigan.
Presi in quel momento la decisione di fare il vialetto correndo per circa 50 metri prima di salire in auto di fretta e furia per non rimanere congelata.

Esaudito il mio piano e dopo essermi richiusa la portiera alle spalle, guardai Summer negli occhi prima di parlare.
<<Scusami se mi sono fiondata nella tua auto come se stessi scappando>> le dissi distogliendo lo sguardo. <<Non sono più abituata a questo gelo costante>> mi osservò come se non sapesse assolutamente di cosa io stessi parlando.

<<Stare qualche mese in California ti fa dimenticare della tua intera esistenza?>> il tono era ironico ma sembrava una critica nei miei confronti.
<<No, fa solo molto freddo>> ribattei.

Prese la sigaretta elettronica che era stata fino a quel momento sul parabrezza e se la portò alla bocca. Era una di quelle aromatiche che tutti i ragazzi possedevano.
Ne prese un lungo tiro per poi allontanarla dalle labbra per espellere il fumo profumato.
Riaprì gli occhi che fino a quel momento erano stati chiusi mentre aspirava e si voltò verso di me porgendomi la sigaretta.

Scossi la testa. <<Non fumo>>
<<Dai solo un tiro>> insistette guardandomi come se fossi fuori dal mondo.
<<Non voglio, davvero>> dopo queste parole si sconcertò il doppio.
<<Ok>> rispose rimettendola tra le labbra.

<<Ti va se andiamo da qualche parte?>> domandò dopo qualche istante nel quale io avevo cercato di intravedere il paesaggio fuori dal finestrino pieno di condensa della sua corolla.

<<Va bene, decidi tu dove andare>> accese la macchina e cambiò la marcia prima di partire.

<<Come ti trovi a stare ancora in questo buco?>> mi domandò guardando la strada con attenzione per non scivolare con le gomme, dato che il freddo era ancora persistente, nonostante la primavera fosse alle porte.
<<Non faccio granché durante le giornate e sono appena tornata da un weekend di gare fuori stato>> le raccontai. Non avevo molte persone della mia età in Michigan con cui parlare di quel che facevo quindi non mi dispiaceva parlarle anche se superficialmente di quel che era accaduto nella mia vita.

<<E com'é andata?>>
<<Piuttosto bene>> mi bloccai per un attimo non sapendo cosa dire di preciso. <<Tu hai fatto qualcosa questo weekend?>> mi sembrava una domanda stupida, ma non sapevo di che parlare con lei non conoscendola praticamente più. In due anni le cose erano cambiate radicalmente e tornare a parlare con scioltezza non era una cosa immediata, anche se non c'era grande imbarazzo tra noi.

Saudade Wherever I GoWhere stories live. Discover now