gioia e sciagura

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-Non sarebbe male neanche rilassarci per un pomeriggio, senza stress. Ci vediamo alla roulotte oggi? Potremmo pranzare lì, e fare i compiti insieme senza aver paura che quelli di via Paal ci sguinzaglino dietro un cane per mangiarceli-. L'idea di Sunoo era buona, ma Jungwon dovette scuotere la testa: -Oggi devo passare da mia nonna, ha telefonato stamattina. È meglio che il suo orto sia appropriatamente vangato entro stasera, o potrebbe davvero venirle qualcosa-.

-Possiamo venire a tenerti compagnia! Cosa ne dici? Tanto non abbiamo altro di meglio da fare-. Jungwon avrebbe adorato l'idea, ma forse era meglio di no. –A nonna verrebbe un accidente per davvero, lo sapete che è allergica a qualsiasi contatto umano che non sia con me o con mia madre. Ma possiamo vederci domani. È sabato, potremmo andare a fare un giro al centro commerciale-.

Gli altri aderirono entusiasticamente all'idea: non andavano spesso al centro commerciale fuori città, perché non accadeva spesso che qualcuno si offrisse di portarceli. Avevano provato ad andare in autostop, ma era difficile trovare qualcuno che caricasse cinque persone. Il sabato, invece, la mamma di Jungwon non lavorava, e poteva portarli in taxi.

Jungwon aveva sentimenti complessi riguardanti il fatto che sua madre lavorasse come taxista: da una parte non poteva negare che a volte avere la casa tutta per sé, a causa dei lunghi turni, non gli dispiaceva affatto, ma vederla così poco lo rendeva sempre triste. In ogni caso, sapeva che se le avesse chiesto quel piccolo favore, lei non glielo avrebbe negato.

Era formulando quella richiesta nella sua testa che, sovrappensiero, quel pomeriggio dopo scuola aveva spinto il cigolante cancello di casa di nonna Kim. La donna gli fece trovare una teglia di biscotti fumanti, salvo spedirlo immediatamente in mezzo alla terra. Jungwon non se la prese troppo, sapeva che quello era semplicemente il modo della nonna di comunicare con la gente. In più, c'era davvero molto da fare: a forza di accudirlo, Jungwon aveva iniziato a pensare a quel giardino come al suo, e in effetti ne mangiava già comunque i prodotti. Per prima cosa, si diresse alla piccola capanna per gli attrezzi dove teneva anche, in una piccola scatola, le buste di semi: una volta apertala, però, si rese conto che mancava la busta di semi di zucca, quelli che la nonna gli aveva chiesto di piantare.

Uscì da lì, tornò velocemente in casa per riprendere la giacca, e con un veloce –Nonna, sto andando al vivaio, torno subito!- si rimise in strada.

Il vivaio era un altro posto con il quale Jungwon aveva un'intima familiarità, e che gli piaceva molto. Era incastrato tra un campo di girasoli e l'altro, e non era mai troppo affollato. A Jungwon piaceva pensare di conoscere ormai tutti i suoi clienti abituali: il giovane vedovo che comprava il fertilizzante per i fiori di sua moglie, la coppia di anziani che ogni giovedì faceva incetta di piante grasse, la mamma che comprava piantine per la cameretta dei suoi figli.

E Jongseong, che al bancone chiacchierava con la commessa di piante acquatiche.

Jungwon credette di avere una allucinazione: non aveva mai pensato che il suo più acerrimo nemico potesse profanare un luogo a lui così caro. Come diavolo aveva fatto a sapere che lui sarebbe stato lì, se fino a mezz'ora prima non lo sapeva neanche lui?

Decise che prima fosse uscito da lì meglio sarebbe stato per tutti, quindi si diresse alla cassa a muso duro, con il sacchetto di semi in una mano e i soldi contati nell'altra.

-Oh, Jungwonnie!- lo salutò la ragazza dall'altro lato del bancone: era la figlia della proprietaria, e aveva solo qualche anno più di lui. –Di nuovo i semi per tua nonna?-.

Lui annuì, cercando di imbastire un sorriso che però, ne era sicuro, somigliava più ad una smorfia. Jongseong allungò il collo, per cercare di leggere il nome sulla busta. –Zucca?- chiese, in tono d'approvazione. –Anche mio nonno la sta piantando, anche se secondo me è troppo presto, fa ancora troppo freddo-.

Se avesse potuto, Jungwon gli avrebbe soffiato contro come fanno i gatti. Ma chi si credeva di essere, per mettere bocca in questioni che non lo riguardavano? –Anche secondo me è troppo presto, ma mia nonna non sente ragione- si costrinse a rispondere tra i denti in nome della civile convivenza, dal momento che non credeva la commessa avrebbe apprezzato che uno dei suoi migliori clienti ne incenerisse un altro davanti a lei.

Jongseong annuì, sorridendo. –Sì, conosco il tipo. Anche mio nonno è piuttosto testardo, ma il suo giardino non è neanche lontanamente bello come quello di tua nonna-.

-Quello è perché sono io che lo curo, mia nonna farebbe seccare anche le erbacce- Jungwon non poté fare a meno di replicare. Poi sbatté le palpebre una, due volte, mentre la domanda si registrava: -Come sai del giardino di mia nonna?-. La sua voce aveva virato verso il pericolosamente acuto sulle ultime sillabe, ma Jongseong non rispose subito. Ringraziò la commessa, che ricambiò il saluto incerta, prese Jungwon per un polso e lo trascinò fuori.

-Mio nonno abita letteralmente in fondo alla strada, a volte quando vado a passarlo ti vedo al lavoro. Tutto qui. Non credevo tu fossi tanto infantile da fare scene di fronte a Miyeon-.

-Io non faccio scene!- protestò Jungwon, prima di rendersi conto che non stava esattamente perorando la sua causa. –E se tu lo avessi saputo per uno dei vostri scherzi cretini, oh grande capitano?-.

Jongseong alzò gli occhi al cielo, mollandogli il polso che fino a quel momento aveva tenuto stretto. –Questa è ancora peggio. Secondo te potrei mai fare qualcosa del genere in casa di qualcun altro? Non siamo come voi, le nostre piccole vendette sono private-.

Adesso fu il turno di Jungwon di sbuffare. –Oh, ti prego. Come se voi non ci aveste mai fatto portare in giro per la scuola zaini che puzzavano di frittata, e non parlo neanche della camminata della vergogna che è toccata a Sunoo per la storia della bicicletta. Almeno il colorante alimentare si lava via-.

-Non incolparmi di quello che non ho fatto, la bicicletta è stata un'iniziativa privata di Riki-.

-Non credevo che tra i tuoi babbuini esistesse così tanta individualità- ribatté Jungwon, sarcastico. –E in ogni caso, dovresti imparare a tenerli un po' a freno, gioverebbe a tutti-.

-Non sono i miei babbuini, e non ho mai impedito loro di fare nulla. Se Riki o chiunque altro si diverte a smontare le ruote di una bici per passare il tempo, per me lo può fare-.

-Finché le bici sono le nostre, vero?- Jungwon si avvicinò minaccioso, piantandogli l'indice nel petto. Tra sé e sé, si complimentò per la naturalezza della sua messa in scena: doveva davvero incutere timore, riusciva a percepire da lì il modo in cui Jongseong pareva vagamente irrigidito, con gli occhi fissi nei suoi. –Finché riuscite a trovare un modo per renderci la vita impossibile. Beh, sappi che non ci faremo mettere i piedi in testa né da te né dai tuoi mammalucchi, non importa quante cretinate facciate!-

Jungwon pensava che Jongseong avrebbe risposto a tono, ma quello si limitò ad indicare un punto alla loro destra con un cenno del capo: -Sembrerebbe che siamo arrivati, Jungwon-. Era vero: accanto a loro c'era il cigolante cancello di casa di nonna Kim. –È stato un piacere accompagnarti a casa. Ci vediamo domani, Jungwonnie. Se riuscirai a non farti scoppiare una vena, certo-. Jongseong, il disgraziato, gli diede un buffetto sulla guancia, e in tre passi aveva già svoltato l'angolo. Jungwon era rimasto lì, immobile per lo shock e la pressione sanguigna che sentiva salire nelle orecchie, ed era rientrato in casa così arrabbiato che non aveva sentito neanche nonna Kim strepitare perché aveva sbattuto la porta troppo forte.

strawberry jam - enhypen.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora