il ferro è duro

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Jungwon cercò di sbrigarsi, con lo stomaco che brontolava: sperava che nonna Kim gli avesse riservato qualcosa di buono in tavola prima di spedirlo in mezzo alla terra fredda fino alle ginocchia. Aprendo il cancello, non poté fare a meno di lanciare un'occhiata alla casa in fondo alla via, quella del nonno di Jongseong. L'avrebbe visto di nuovo oggi?

Scuotendo la testa per disperdere quegli strani pensieri, entrò in casa, e, dopo una veloce carezza al cane che gli aveva fatto le feste all'entrata, era andato direttamente in direzione del tavolo della cucina. Nonna Kim era lì, che leggeva attentamente un articolo di giornale. Davanti a lei, la tavola imbandita: Jungwon lasciò perdere le verdurine che vedeva in un piatto solitario ad un angolo del tavolo, e iniziò a servirsi lo stufato nel piatto ancora prima di sedersi.

-Mangia le tue verdure, per una volta che non hai davanti un pasto surgelato- commentò nonna, senza neanche staccare gli occhi dal foglio. –Avrai bisogno di energie. La terra deve essere vangata, e ho bisogno che tu porti quella bestiaccia a fare un giro, prima che sfoghi tutta la sua energia sui miei cavoli-.

Jungwon era saltato su dalla sedia ancora prima che nonna Kim avesse finito di parlare. Seguito dai suoi rimproveri, aveva afferrato il guinzaglio e il collare all'ingresso, ed era corso fuori. Il cane, vedendolo che saltava i gradini dell'ingresso a due a due, gli era zampettato dietro.

L'antipatia innata e viscerale di nonna Kim per tutte le creature viventi che non crescevano nell'orto le aveva vietato persino di dare un nome al suo compagno a quattro zampe. Di solito si riferiva a lui come alla 'bestiaccia', ma Jungwon tra sé e sé lo aveva sempre chiamato Felpato, come la controparte canina di Sirius Black in Harry Potter.

Si trattava di un pastore tedesco di pochi anni, curioso, vivace e sorprendentemente giocherellone, per uno che viveva con una donna del genere. Tra tutti i compiti che la nonna gli delegava, portare fuori Felpato era quello che gli pesava di meno. Quando lo portava fuori, guinzaglio alla mano, si sentiva investito dalle stesso entusiasmo per il mondo che provava l'animale. Certo, lui non sarebbe mai corso incontro a Jongseong dall'altro lato del marciapiede, scodinzolando, come aveva fatto Felpato.

-Oh, e chi sei tu?- sussurrò Jongseong, adorante; si inginocchiò a terra così com'era, abbandonando a terra le buste che aveva in mano, affondandogli le mani nella pelliccia e accarezzandogli il capo.

-Traditore- borbottò Jungwon, mentre riluttante si avvicinava al quadretto felice. -È il cane di mia nonna, lo sto solo portando a fare un giro-.

-Come si chiama?- chiese Jongseong, senza staccare gli occhi di dosso da Felpato, che beveva adorante tutte le sue attenzioni.

-Io lo chiamo Felpato- rispose Jungwon, controvoglia; rimase sorpreso quando gli occhi di Jongseong si illuminarono di comprensione. -Tua nonna lo sa che gli hai dato il nome di un personaggio di Harry Potter? Perché senza offesa, ma da come me l'hai descritta non mi sembra proprio il tipo da apprezzare la citazione-.

Jungwon, suo malgrado, sorrise. -A dire il vero, mia nonna non sa che gli ho dato un nome e basta. Non so perché, non si è mai presa la briga di dargliene uno-.

Jongseong annuì. -Beh, state facendo un giro? Posso venire con voi?-.

La sorpresa malcelata di Jungwon fu violentemente contrastata dal modo in cui Felpato balzò sulle quattro zampe e abbaiò, come se avesse intuito che la loro piccola spedizione sarebbe cresciuta di numero, cane traditore che non era altro. Jungwon non l'avrebbe mai più portato da nessuna parte, altroché.

A suo favore c'era il fatto che Jongseong si stava limitando a camminare in relativa quiete accanto a lui, mentre Felpato correva davanti a loro, annusando curioso le foglie a terra. Alla fine, il silenzio tra loro si era fatto così pesante che Jungwon si era visto costretto ad aprire bocca.

-Pensavo che avreste voluto passare il pomeriggio insieme, voi della via Paal-.

-Sì, lo pensavo anche io-. Jongseong fece una smorfia buffa. –Ma poi Niki ha tirato fuori all'ultimo non mi ricordo neanche più quale impegno, e abbiamo deciso di rimandare. Anche perché rimane il fatto che, dopo oggi, non avremo posto in cui andare-.

-Davvero non c'è davvero nulla che possiate usare come quartier generale di riserva? Almeno fino a primavera?-. Jungwon non si stava interessando alla sorte di quei gorilla troppo cresciuti. Stava solo facendo conversazione, ecco tutto.

-Jongseong scrollò le spalle. –Immagino che mio nonno ci farà il favore di farci riunire a casa sua, ma non mi va di invadergli il salotto ogni volta, è vecchio e ha bisogno dei suoi spazi e della sua tranquillità-.

-Sono sicuro che troverete qualcosa. Dopotutto si tratta di un paio di mesi, e nel frattempo vi terrete occupati pensando a come farci venire i capelli bianchi, non ho dubbi-.

Jongseong sorrise. –Siamo in tregua, ricordi? Non ci siamo dimenticati dell'aiuto che ci avete dato. Non vi daremo fastidio a meno che voi non ce ne diate motivo-.

Jungwon incrociò le braccia al petto: per la prima volta, quella tentata battuta lo divertiva più che farlo innervosire. –E sentiamo, cosa classificheresti con 'darvene il motivo', o grande capo?-.

-Rifare qualunque diavoleria abbiate combinato con le docce in palestra-. Jongseong rispose immediatamente, senza neanche fermarsi a pensarci. –Ho creduto di vomitare per lo spavento. Che cos'era?-.

-Colorante alimentare. Idea di Mark-. Nel pronunciare il suo nome, Jungwon sorrise in uno scoppiettante moto d'orgoglio per la mente maligna dell'amico.

-Non mi stupisce. Ha la faccia di uno che all'occorrenza tirerebbe fuori più che una puntina di cattiveria-. Con sommo orrore di Jungwon, Jongseong gli scompigliò i capelli. –Non come il nostro Jungwonie, dolce e carino, incapace di far del male ad una mosca-

-Toglimi la mano di dosso o te la stacco dal braccio- riuscì a sibilare Jungwon, inorridito. Jongseong, ridacchiando, ubbidì, e Jungwon portò freneticamente una mano alla testa, a rimettere in ordine i suoi capelli così brutalmente aggrediti, e una, più discretamente, allo stomaco, messo sottosopra anche se non era stato sfiorato. Non ricordava di aver mangiato qualcosa che avrebbe potuto fargli male, ma non si poteva mai dire.

Dopo quel piccolo teatrino, camminarono l'uno accanto all'altro per ancora qualche minuto, completando il giro dell'isolato. Si ritrovarono esattamente come si erano incontrati: Jungwon a pochi metri dal cancello di Nonna Kim, con Felpato che metteva in atto i suoi più validi tentativi di scappare via al suo controllo, e Jay davanti a lui, con le mani nelle tasche del giubbotto e un sorriso appena accennato sulle guance furbe.

-Io entro- disse infine Jungwon, imbarazzato dalla scena e imbarazzato di esserlo, accennando al cancello. Jongseong annuì. –Ci vediamo domani a scuola-. Dopo quella frase, però, accettabile come commiato, accadde l'impensabile: Jongseong si avvicinò a lui, si inginocchiò e terra, per lasciare un paio di carezze a Felpato; una volta rialzatosi, abbracciò Jungwon così velocemente da non permettergli neanche di avvertire il calore del suo corpo, e in un attimo era già in fondo al marciapiede, quando Jungwon era ancora inchiodato dov'era, con una mano sul cancello e l'altra ben salda sul guinzaglio di Felpato.

strawberry jam - enhypen.Where stories live. Discover now