Capitolo 2

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Il risveglio è stato traumatico. Ci ho messo un po' a mettere a fuoco le immagini per accorgermi solo dopo che ero stesa in un letto in una stanza tutta bianca e se non fosse stato per la flebo che avevo attaccata al braccio avrei pensato di essere in paradiso. Le infermiere mi guardavano e mi studiavano come per cercare una spiegazione. Sento dire solo parole sparse, flebo, mal di testa, visita di controllo e poco altro prima di riaddormentarmi e sparire di nuovo nell'oblio.

Riprendo conoscenza e mi accorgo dalla finestra sulla sinistra della stanza che deve essere notte perchè è buio pesto fuori. Pian piano le immagini intorno a me iniziano a colorarsi e i miei occhi ricominciavano a vedere anche più in profondità. Mi ci è voluto altro tempo prima di accorgermi che accanto a me c'era una donna seduta su una sedia con la faccia appoggiata al letto dove mi trovavo io. Mia madre. <<Ciao mamma>> la mia voce era un filo,quasi un sussurro, udibile solo alle sue orecchie. Quel poco detto fu sufficiente per vederla balzare sulla sedie e riaccendersi come se non si fosse mai spenta. Si buttò su di me senza pensarci due volte, cos'altro poteva fare? È mia madre dopotutto! Non avevo la forza di muovermi, nemmeno di abbracciarla ma la cosa non sembrava preoccuparla. <<Tesoro mi hai fatto spaventare da morire. Pensavo fossi morta, ti hanno portato qua in condizioni piuttosto critiche>> <<Davvero?>> adesso mi guardava negli occhi e i suoi bellissimi occhi castani si stavano riempiendo di lacrime. Potevo solo immaginare il dolore e la paura che provava all'idea di perdermi <<Si! Non ti ricordi nulla di cosa è successo a scuola?>> mi sforzavo ma le immagini non comparivano bene, solo a tratti, come piccoli frammenti di scene non collegate tra loro <<Qualcosa ma non con un filo logico>> <<Va bene non importa, adesso non sforzarti, vado a chiamare l'infermiera per un controllo e tuo padre che è al bar. Torno subito ok?>>

Mi sono sentita tutta intorpidita per un pò, le braccia, le gambe persino le dita. Cercavo di controllarmi il corpo con gli occhi e di tastarmi con le mani, a parte una benda in testa addosso stavo abbastanza bene segno che non avevo lesioni interne a parte per qualche livido. Niente di preoccupante, vedo, parlo, ho riconosciuto mia madre, nessun trauma irreversibile né perdita di memoria a breve termine. Come so tutto questo? Facile. Grey's Anathomy. L'unica cosa che mi preoccupava veramente era un'immagine. Una sopra le altre che si faceva sempre più nitida man mano che cercavo di focalizzarla. Un ragazzo, sconosciuto ma bello da morire, con in mano una bomba. In un attimo quell'immagine tornò come un fulmine a ciel sereno nella mia mente e mi fu tutto chiaro. Ricordavo tutto, tutto l'incidente. Non riuscivo a togliermi dalla testa il volto di quel ragazzo e il ricordo di come mi aveva guardato prima di lanciare la bomba, uno sguardo spaventato ma anche sorpreso, di qualcuno che non immagina di essere notato. Eppure, io ero lì con lui in quel corridoio, ero una testimone, se mi avessero chiesto di descriverlo ce l'avrei fatta tranquillamente. Alto, occhi verdi magnetici e capelli biondo cenere, vestito di nero. Ero una vittima di quanto successo certo ma una parte di me non riusciva a smettere di chiedersi perché un ragazzo poco più grande di me avrebbe dovuto fare una cosa del genere in un campus universitario. Come si può essere cosi crudeli da voler distruggere una struttura con potenziali ragazzi dentro. O con una sola ragazza dentro. Io.

Nei giorni seguenti ricevetti molte visite dai miei amici, soprattutto da Sam e da una moltitudine di parenti, dovetti fare anche molti esami per vedere se era tutto normale e con mio sollievo tutto andava bene solo una piccola commozione cerebrale niente di più, come avevo supposto da medico mancato. Sam mi aveva raccontato tutto l'accaduto di quel giorno e delle varie domande che la polizia aveva fatto. Nessuno aveva visto niente di sospetto, né tantomeno conoscevano il responsabile di quel gesto, l'unica a sapere ero io ma non me la sentivo di parlare. Nemmeno io sapevo bene cosa avevo visto, le immagini tornavano la notte ma un po annebbiate. Però perché solo io lo avevo visto? Mi aveva anche raccontato che quando è successo tutto, fortunatamente la maggior parte degli studenti era in mensa o fuori dal campus quindi nessuno è rimasto ferito. Tranne me ovviamente. Quindi forse il gesto era stato intenzionale, fare saltare un'area ancora in costruzione e disabitata senza ferire nessuno. Si ma perchè? Le teorie complottiste e di attentati erano all'ordine del giorno anche nella piccola televisione che avevo in stanza. Sebbene stessi meglio, ormai era tutta la settimana che ero in ospedale e non c'era via di fuga finché tutti gli esami non segnavano "negativo" non potevo andarmene. Oggi ho l'ultima tac, poi se è tutto a posto domani mattina me ne posso andare e tornare alla mia vita di sempre, cercando di dimenticare quell'incubo. In attesa dell'esame sono stranamente sola, i miei genitori non riescono a venire a causa del lavoro così ho chiesto a Sam di raggiungermi, volevo avere qualcuno al mio fianco dopo l'esame. Senza chiederglielo due volte venne subito di prima mattina, mi accompagnò fino alla sala d'attesa prima della sala dei macchinari e mi riprese la mano non appena varcai la soglia. Non ce l'avrei mai fatta senza di lui, anche se volevo sembrare forte avevo paura. Non dell'esame, quello non mi spaventava, ma l'esito sì. Temevo che ci fosse ancora qualcosa che non andava in me e la mia sensazione mi aveva accompagnata per tutta la settimana. Dopo pranzo l'infermiera venne a darmi la buona notizia. <<Esito Positiva signorina. Domani mattina puoi andare>> io e Sam sospiriamo insieme. Ero felice, dopo un'intera settimana stavo per tornare a casa. Sam rimase con me fino a dopo la telefonata ai miei genitori, erano talmente felici che riuscii a convincerli a non venire per la notte, potevo farcela a stare da sola. Nel tempo che Sam rimase con me mi fece anche camminare un po' e muovere i muscoli che si erano abituati molto bene al riposo totale. <<Davvero ragazza uscita da qui dovresti fare un po di attività fisica, sei troppo pigra>> <<Non scherzare Sam, i miei muscoli non sono programmati per la ginnastica!>> ridemmo di gusto per un ora buona prima che lui se ne andasse lasciandomi sola. La solitudine mi abbracciò completamente. Avevo già preparato tutto, la borsa per tornare a casa, i panni da mettermi il giorno successivo e avevo riordinato anche i libri che mi aveva portato mia madre. Avevo dimenticato il telefono per i primi giorni e ora i miei social erano invasi da messaggi di auguri e di buona guarigione da diversi miei compagni di corso. Stasera mi dedicherò a questo, riordinare la mia vita attraverso i social media. Mi stendo nel letto e mi faccio assorbire completamente dal cellulare. Non vedo nient'altro se non Instagram e per poco non mi accorgo nemmeno che qualcuno mi sta fissando appoggiando alla porta della mia camera. Un piede dentro e un piede fuori. Mi volto appena noto l'ombra e mi viene quasi un infarto vedendolo. È lui, il ragazzo della bomba, esattamente lo stesso che aveva popolato i miei incubi negli ultimi giorni in ospedale. Fisso il mio sguardo nel suo. Lui non parla, mi guarda dalla testa ai piedi. I suoi occhi non sono più terrorizzati, sembrano solo preoccupati. Una sensazione di panico mi pervade, non so se chiamare aiuto. Il silenzio mi sta uccidendo <<Chi sei?>> ci pensa su prima di rispondere.

<<La vera domanda è chi sei tu?>>mi risponde con tono seccato <<Eri la quando ho lanciato la bomba. Perchè?>> <<Come perché? Io studio lì, piuttosto perché tu hai lanciato una bomba in un'università?>> sembrava sorpreso dalla mia domanda come se sperasse che mi fossi dimenticata tutto.

<<Sono qui perché dovevo vederti, per capire se eri vera. E dovevo controllare che fossi ancora viva>> <<Perché non dovrei essere viva? Cosa vuoi da me?>> gli risposi di getto. <<Hai appena cercato di uccidermi, vuoi farlo ancora?>> erano più le domande delle risposte, ma lui non mollava lo sguardo, continuava a guardarmi come se fossi una preda zoppicante. Facile da prendere. <<Non ho cercato di ucciderti hai fatto tutto da sola>> disse. Avevo sicuramente capito male <<Scusami? Io avrei cercato di uccidermi?? E come??>> <<Non sapevo che tu fossi lì non finché non ti ho vista ma ormai era troppo tardi. Tu non dovevi essere li, perchè eri lì?>> cominciò a interrogarmi con quei suoi favolosi occhi magnetici, ero bloccata e non riuscii a dire altro che <<Perchè stavo raggiungendo la mensa per il pranzo>> <<No tu non dovevi proprio essere a scuola..... ti ricordi?>>.

Mi bloccai di colpo e lo stupore colpì anche lui. Quel giorno avrei dovuto andare ad un appuntamento per un consulto medico ma non lo sapeva nessuno che lo avevo disdetto, come faceva lui a sapere dei miei impegni? Stava diventando tutto cosi surreale da non sembrare neanche vero <<E tu come fai a saperlo? Chi sei? Perchè sei qui? Come fai a conoscermi?>> ma lui non rispose, continuò a guardarmi fisso e dopo quello che sembrò un tempo lunghissimo si allontanò verso l'uscita, neanche mi ero accorta che si era avvicinato al letto mentre parlava. Prima di andare mi guardò un ultima volta e con un filo di voce mi disse: <<Un giorno capirai tutto e ci rivedremo, ma fino ad allora, resta viva!>> poi sparì nell'oscurità del corridoio e io rimasi lì in una vecchia stanza d'ospedale a ripensare a quelle parole, a ripensare e rimuginare da sola. Un giorno lo avrei rivisto? E cosa c'era che ci legava? Non riuscii a smettere di pensarci per tutta la notte e alla fine stremata collassai sul letto in parte terrorizzata ma tremendamente curiosa di saperne di più.


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