Capitolo 6

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Il tragitto durò pochissimo. Non saprei dire se fosse per la velocità o per l'attrazione che provavo per lui. Non potevo negarlo, aveva qualcosa nei suoi modi di fare che mi spingeva a sentirmi al sicuro. Per non parlare poi dell'effetto che i motociclisti hanno sempre avuto su di me. Diciamocelo moto da urlo giubbotti di pelle e il fascino da ribelle. Chi mai potrebbe resistergli! Sicuramente non era il momento giusto per pensare a queste cose e davo la colpa di questo allo stress della giornata.

Arrivammo davanti al cancello di casa e mi accorsi subito che qualcosa era diverso. Il cancello era semi-chiuso, strano. Cercai di non darci molta importanza forse era solo una coincidenza; ma più mi avvicinavo al portone, più avevo la sensazione che qualcosa non andasse e anche Todd dava l'idea di pensarla allo stesso modo perchè iniziò ad irrigidire le spalle e a rallentare il passo. Poi senza chiedermi il permesso mi spinse leggermente dietro di lui, facendomi da scudo. Arrivati davanti al portone notai che la serratura era incrinata, qualcuno l'aveva forzata. Mi prese il panico. Senza pensarci due volte mi fiondai dentro la casa tallonata da Todd. Lo scenario fu terribile. Sentivo le lacrime raggiungermi gli occhi ma non volevo piangere, prima volevo essere sicura che le mie paure fossero reali. Iniziai a muovermi lentamente mentre attraversavo il salotto, c'erano vetri ovunque e mobili ribaltati. Il divano non era nella solita posizione, una piccola credenza di fianco alla televisione era stata completamente ribaltata, con tutto quello che c'era dentro, e il vetro era steso tutto per terra. Più avanzavo verso la cucina più i vetri aumentavano e quando arrivai lo scenario fu anche peggiore. Ogni cosa era per terra e coperta da chiazze di sangue. Il panico stava diventando sempre più reale. Senza accorgermene corsi le scale fino al piano superiore; la mia camera era distrutta, messa a soqquadro con tutti i miei vestiti a terra e cosa ancora peggiore dei miei genitori non c'era traccia. Iniziai a urlare per chiamarli ma non ottenni nessuna risposta. Continuai più forte di prima e niente ancora: corsi su e giù per tutta la casa guardando in ogni angolo e in ogni lato ma dei miei genitori nulla. Se fossero morti i corpi sarebbero stati li, possibile? Ma se fossero stati rapiti? Chi mai rapirebbe i miei genitori? E poi perché? Sono persone fin troppo normali, non hanno mai fatto male a una mosca. Iniziavo a pensare che questa storia della rivoluzione fosse più grande di come me la raccontavano.

Alla fine del mio ultimo giro verso la cucina trovai per terra un disegno di quando ero una bambina. Lo avevo fatto alle elementari e orgogliosamente mia madre lo aveva attaccato al frigo, dove era rimasto per tutti questi anni. Raffigurava me con i miei genitori nel giardino a giocare. Quel disegno ora era così distante e così lontano che sembrava non appartenermi più, ma a riportarmi alla realtà ci pensarono le macchie di sangue sparse sopra il foglio. In quel momento, in quell'esatto momento, le lacrime mi scesero giù come un fiume, non chiesero nemmeno il permesso, scendevano e basta rigandomi le guance e facendomi cadere all'indietro seduta sul pavimento. Mi tenevo stretta alle ginocchia perché la paura di non rivedere più i miei era tremendamente reale. Solo una cosa riusciva a consolarmi, che quella era la mia famiglia, vera o no adottiva o reale loro erano e sarebbero stati per sempre la mia famiglia. Mi odiavo per non essere corsa qui dopo la scuola ma per essermi fatta portare da Todd in quel maledetto posto.

Non sapevo da quanto ero seduta a piangere quando gli scarponi neri e i pantaloni attillati di Todd entrarono nel mio campo visivo. Si inginocchiò e mi avvicinò le mani al viso, erano calde e con il dorso mi asciugò le lacrime. Poi mi sussurrò qualcosa che non riuscì nemmeno a sentire, capì solo <<Non piangere, ti prego!>>. Spinsi via la sua mano <<Cosa c'è?>> <<E' solo colpa tua se è successo, se sono spariti, dovevi portarmi qua subito finita la tragedia a scuola e non dopo, con i tuoi comodi, perché prima dovevo incontrare una donna che mi avrebbe propinato delle stronzate su una stupida rivoluzione.>> avevo gli occhi iniettati di rabbia, non era giusto prendersela cosi con lui ma non potevo farne a meno. <<Colpa mia? Io ti ho salvato la vita ricordi? Potevo lasciarti là e invece non l'ho fatto, senza contare che mi sono offerto io di portarti a casa se no non saresti neanche venuta.>> <<Dovevi portarmi subito qui cosi tutto questo.....questo non....non sarebbe successo!>> le ultime parole le avevo urlate trattenendo le lacrime. Nell'alzarmi in piedi quasi barcollai all'indietro. <<Credi che sia colpa mia? Che sia per colpa mia se i tuoi genitori sono spariti? Mi dispiace davvero per te ma c'è chi i genitori li ha persi tanti anni fa quindi non prendertela con me se la vita fa schifo. E se ti do tanto fastidio me ne vado e trovati un altro modo per tornare da noi.>> ma non lo feci continuare <<Chi ti dice che torno?>> <<Stai scherzando vero? Tu qui non sei al sicuro, dove pensi di andare?>> si calmò di sasso <<Non sono affari tuoi giusto?>> <<Non fare la stupida Sara, noi possiamo proteggerti ma solo se verrai con me!>> la sua voce si era calmata e i suoi occhi erano diventati verdi di nuovo, ma velati da un'ombra di preoccupazione che non capivo. Forse doveva provare pena per me o forse era davvero preoccupato. Mi veniva più facile credere che se mi avesse persa Jennifer lo avrebbe strangolato. Iniziai a rilassare i muscoli e lui fece lo stesso. Non facevo altro che guardarmi intorno nella speranza di cogliere un segno o qualcosa che mi desse un po' di conforto. Ma non c'era niente e nessuno. Le lacrime continuavano a scendere imperterrite e una voragine di dolore si aprì nel mio stomaco inghiottendo qualsiasi altra emozione. Poi colta alla sprovvista, Todd mi afferrò per tutte e due le braccia e mi strinse a sé in un abbraccio caldo e forte, non riuscii a fare niente se non stringerlo anche io. Mi sentivo così bene tra le sue braccia. Passò del tempo prima che qualcuno si mise a parlare e rimanemmo fermi immobili anche allora, in quella stessa posizione. <<Scusa se ti ho urlato contro e dato la colpa, mi dispiace!>>. Lui fu sconvolto dalle mie parole, mi scostò leggermente poi mi sorrise <<Scusami tu, è orribile quello che ti è successo e non dovevo infierire>>. Avevo intuito che a lui fosse successo di peggio, lo avevo capito anche se non me lo aveva detto esplicito però non volevo rovinare quel momento con domande inopportune. Così rimasi abbracciata a lui e zitta, in quella casa completamente distrutta. Fu solo allora che realizzai che ad essere distrutta non era solo la casa ma anche io, anche il mio cuore. Il mio obbiettivo ora era trovare i miei genitori: dovevo capire dov'erano o almeno capire cosa stesse succedendo davvero. Non potevo deluderli.

Dopo un po' di tempo in cui eravamo ancora abbracciati, Todd mi lasciò andare e mi portò verso la porta d'ingresso. Mi trascinò fuori, chiuse la porta e mi guardò <<Non è il caso di restare qui ancora, meglio andare, non è più un posto sicuro.>> riuscì solo ad annuire. <<Tu sospetti qualcosa di tutto questo? Pensi che possano essere stati rapiti?>> <<Ho dei sospetti ma ne devo parlare con Jennifer prima. Comunque si credo che possano essere stati rapiti. Se fossero stati uccisi....beh nessuno si sarebbe preso il disturbo di spostarli da qui.>> mi guardò con aria timida, speranzoso che il suo commento non mi avesse ferita più di quanto già non ero. Ma il solo pensiero che lui potesse ritenerli spariti e non morti mi diede un po' di speranza. Anche se minima. <<Dici che lei sa qualcosa?>> <<Lo spero sinceramente.>> mentre stavamo andando alla moto mi girai guardando la mia casa, la mia amata casa ormai così lontano da me. <<Todd, io vengo con te ma il mio obbiettivo è trovare i miei e nel caso fossero ancora vivi, li salverò!>> <<Perché me lo dici?>> <<Perché voglio che sia chiaro che non avrò bisogno di protezione!>> <<Sicura ragazzina?>> alzai gli occhi al cielo <<Sono sicurissima di essere abbastanza grande da non avere bisogno della babysitter.>> <<Peccato, potrei divertirmi a farti da balia>> <<Ah sì?>> <<Si!>> mi venne da arrossire spontaneamente. Dannata espressività. <<Andiamo, forse troveremo delle risposte>> <<Aspetta!>> mi venne un flash nella mente, c'era qualcuno a cui potevo chiedere risposte, qualcuno che aveva avuto atteggiamenti molto strani ultimamente. Sam.

Senza rendermene conto attraversai la strada e mi fiondai nel portone di casa loro bussando rumorosamente e urlando il suo nome per farmi aprire. In men che non si dica Todd era alle mie spalle e il portone si aprì.

Dall'altra parte però non c'era Sam.


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