Capitolo 25

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Tornati a casa raccontammo l'accaduto con i nostri amici e Logan si arrabbiò a tal punto che ci proibì altre gite. Non aveva tutti i torti quindi accettammo controvoglia. Samantha nel frattempo si dava alla cucina, sperimentava continuamente piatti nuovi e mi raccontò che lei e Logan avevano deciso di andare a vivere insieme, una volta terminata la guerra, non volevano aspettare più. Ero davvero felice per loro e anche un po' invidiosa. Loro avevano quel tipo di rapporto che io sognavo da una vita ma che non avevo mai avuto e che mai avrei voluto perché ci vuole un gran coraggio ed una gran pazienza ad amare. E a me la pazienza non è mai arrivata. Tutte le sere dopo cena ci aggiornavamo su ciò che sapevamo, durante il giorno di solito Logan ed Hector uscivano per scoprire cose nuove. Nessuno aveva intenzione di aiutare i genitori a scoprire qualcosa sui ribelli, ma tutti rimanevano informati. In questo modo sapevamo se c'erano degli sviluppi. Era arrivata la voce che io ero scappata e che i ribelli mi cercavano assiduamente e il giorno in cui vennero a controllare a casa dei loro figli, mi fecero uscire sul tetto e rimanere nascosta per gran parte del pomeriggio. Se ne andarono poco dopo, e solo allora i miei amici mi liberarono. In questo modo ero al sicuro da tutti e potevo riprendermi prima di capire bene cosa fare. Logan mi riscosse dai miei pensieri <<Sara, tu saresti disposta a raccontarci qualcosa, qualche dettaglio sui tuoi genitori che potrebbe aiutarci a trovarli?>> mi si ruppe il fiato, tutti i miei amici mi guardavano aspettando che io parlassi con loro. Erano disposti a rischiare tutto per aiutarmi, per farmi trovare i miei genitori, per liberarli. Non mi meritavo amici così. Non mi meritavo di essere stata salvata da loro, di averli visti rischiare la loro stessa vita per me. In tutto questo tempo lontana da loro mi ero preoccupata solo di Todd e dei miei genitori mentre loro erano qua a combattere per me. Scoppiai quasi a piangere <<Non saprei cosa dirvi ragazzi. Ci ho pensato mille volte ma non mi viene in mente niente che potrebbe essere collegato a loro>> poi mi ricordai la mia visione e capìi che era il momento di parlarne con qualcuno. E chi meglio di loro? <<Aspettate! Recentemente ho avuto più volte la stessa visione. Un lungo corridoio spoglio con in fondo una cella con il numero 16 e con delle chiavi appese di fianco alla porta blindata. La cella ha la stessa forma e numero di quella dove sono stata rinchiusa io ma non è la stessa perché non c'era nessuno chiuso con me li dentro. In più anche il corridoio era diverso, deve essere da un'altra parte. Ma non saprei neanche dirvi dove cercare>> Logan si fece pensieroso e Sam intervenne <<Beh se questa visione l'hai avuta spesso vuol dire che c'è qualcosa che il tuo cervello vuole comunicarti. Quando ho visto l'attacco a scuola quella visione l'ho avuta per giorni prima di poter realizzare che sarebbe successa in maniera imminente e prima di riuscire a mettere a fuoco quello che sarebbe successo.>> <<Può essere ma non ne siamo certi. Bisogna avere certezze prima di organizzare un attacco a sorpresa>> disse Logan con fare risoluto. Aveva ragione, ci volevano certezze non supposizioni. Continuavo a vedere quel corridoio e quella porta ma non mi portavano da nessuna parte. I giorni seguenti approfondii i miei allenamenti con Sam, c'era ancora molto che dovevo imparare e finalmente mi sembrò di fare progressi anche se non fu facile per niente. Mi spiegò anche come aveva fatto per mettersi in contatto con me. Non era stato facile, c'era voluto molto allenamento, aveva dovuto focalizzare un punto importante per entrambi e poi chiamarmi a gran voce. Quando ci riuscì era estenuato, la cosa positiva però era che potevo farlo anche io con il giusto allenamento. L'unico problema era che si poteva comunicare solo con persone che avevano lo stesso dono perché per le altre sarebbe sembrato solo un sogno, anche senza senso. Dopo diversi allenamenti Sam ammise anche che uno dei motivi per cui non mi era stato detto del mio potere era per permettermi di vivere una vita il più normale possibile, cosa che non sarebbe successa se avessi saputo di questa abilità. E ineffetti era proprio cosi, da quando avevo saputo la verità niente era stato più come prima. Io per prima.

Passate due settimane, da quando Sam e Hector erano venuti a liberarmi, ormai mi ero ripresa del tutto. Non solo ero tornara in forze mentalmente ma anche fisicamente. Ero riuscita ad allenarmi qualche volta per prepararmi ad un eventuale scontro. Avevo combattuto contro Sam e insegnato qualche mossa di lotta a tutti i miei amici, inutile dire che vincevo sempre io ma almeno imparavano a difendersi. In quei momenti ogni cosa mi ricordava Todd. Tutto, persino i gesti che compivo, come me li aveva insegnati lui. I suoi movimenti, le sue mani sul mio corpo per ruotarmi nel modo giusto, le sue mani sui miei fianchi e poi....cercavo di rimuovere il pensiero. Non c'era posto per questo, non ora. Anche l'allenamento mentale andava bene, niente più fitte di dolore atroce ed ero riuscita a rivedere anche immagini della mia vita passata, soprattutto legata ai miei. Ero riuscita anche a decidere io cosa volessi vedere e come. Modellavo la mia mente a mio piacimento. Ero finalmente in grado di controllare questo potere.

Logan ed Hector tornarono dal loro giro di informazioni e questa volta portavano un borsone pieno di armi e munizioni. Avevano preso pistole piccole e grandi e anche fucili. Ma soprattutto avevano trovato anche gli auricolari per rendere invisibili, il che era perfetto per passare inosservati. Rimasi sconvolta quando li vidi entrare. <<Sono solo per precauzione>> disse Hector <<Le abbiamo rubate da alcuni camion del governo>> disse Logan. Ero colpita da loro, non li avevo mai visti in veste di guerrieri ma d'altronde non avrei mai immaginato nemmeno io di diventarlo. Mi misi subito a preparare le armi sotto gli occhi sbigottiti dei miei amici e lo insegnai anche a loro. Inutile dire che se c'era una cosa che avevo fatto in questi mesi era questa. Ormai ero pronta per la guerra.

Finita la cena ci mettemmo in salotto per rilassarci un po'. Ormai stavamo aspettando solo di scoprire qualcosa per trovare i miei genitori, poi il piano era semplice, organizzare una missione di soccorso e andarli a salvare. Ma un pensiero sovrastava tutti gli altri <<Ragazzi, non so come ringraziarvi per tutto quello che avete fatto per me. Davvero, siete stati i migliori amici che si potessero desiderare. Però quando scoprirò dove sono i miei genitori, non vi chiederò mai di venire insieme a me. È una cosa che devo fare da sola e non posso permettervi di rischiare la vostra vita per me. Perciò per favore fatemi andare da sola!>> non mi guardavano in faccia. Forse si aspettavano questo discorso <<Non esiste, non andrai da sola.>> <<Sammy sai benissimo che non sarà una passeggiata, sarebbe troppo pericoloso>> <<Si ma lo sarebbe anche per te Sara, se sarai da sola come pensi di riuscire a cavartela?>> disse Hector <<Non lo so ma sono l'unica che è stata addestrata. Mi hanno allenato per questo. Non ho paura di affrontare nessuno!>> <<Non esiste...>> la voce di Sam ruppe il chiacchiericcio generale <<Non andrai da sola. È una missione suicida e non ti permetterò di farlo. Io vengo con te e non ammetto discussioni!>> <<No Sam, non verrai. Rimarrete nascosti, solo cosi sarete al sicuro!>> <<Al sicuro da cosa? Che ci piaccia o no siamo tutti coinvolti in questa guerra, le nostre famiglie, i nostri amici, tutti siamo coinvolti. Non ti permetterò di sacrificarti perché non te lo ha chiesto nessuno! Tutti stiamo già rischiando, ogni giorno. Nascondiamo una delle persone più ricercate della città e se si dovesse scoprire che sei qui beh non credo che finiremmo molto bene noi>> <<Comunque sia non voglio che tu venga, ti prego, già dovrò preoccuparmi per i miei genitori non posso preoccuparmi anche per te!>> a quel punto sorrise e mi prese la mano, poi dolcemente mi disse <<Non ti ho chiesto il permesso. Insegnami ad usare la pistola, poi saremo pronti.>> Ecco qua era deciso, io e Sam avremmo affrontato i ribelli per salvare i miei genitori. Io e il mio migliore amico avremmo rischiato di morire per loro. Non avevo paura. Non avevo più paura da un pezzo.

Un corridoio, un lunghissimo corridoio con pareti spoglie tutte ai lati e la solita porta in fondo che vedevo da settimane. Il numero sedici sempre ben visibile e le chiavi al fianco della porta che mi invitavano ad entrare. Ero consapevole che fosse una visione, ormai gli allenamenti di Sam erano serviti, cosi decisi di oltrepassare la porta, non di usare le chiavi. Era solo una visione, un sogno, un'idea impercettibile, quindi potevo fare tutto quello che volevo. Cercavo di concentrarmi mentre camminavo, dovevo riuscire ad attraversare la porta, dovevo farcela. Chiusi gli occhi d'istinto ma con mia grande sorpresa quando li aprii ero dentro. Ero soddisfatta di me ma questa sensazione durò poco perché voltandomi vidi i corpi dei miei genitori, slegati dalle sedie e stesi a terra. Sembravano morti. Non potevo tollerare l'idea, la mia mente stava impazzendo. Ma proprio quando mi sembrò di crollare sentii mia madre parlare. Non erano morti, erano ancora vivi ma dovevo trovarli ORA! Mi feci coraggio ed uscii dalla stanza. Se potevo passare attraverso le porte potevo anche uscire e capire dov'ero.

Ripercorsi il corridoio in senso contrario, trovai un'altra porta e la aprii con forza. Mi trovai davanti un ampio atrio da cui partivano scale e file e file di stanze che salivano fino al tetto. Il palazzo a forma di cono mi era fin troppo familiare. Ora avevo capito tutto! Come avevo fatto a non pensarci prima. Sapevo dov'erano, finalmente c'era una speranza. Aprii gli occhi di scatto e mi svegliai bruscamente cercando di riprendermi dal sonno e dalla pesantezza della mia testa. Avevo modellato io la visione, avevo scelto che cosa vedere ed ero riuscita a prolungarla di molto. Ero davvero orgogliosa di me. Cercai con la mano quella del mio migliore amico di fianco a me. Ormai erano un po' di notti che Sam stava in camera con me, non volevo dormire sola. Lo scossi ma non rispose. Lo agitai ma non rispose. Alla fine, decisi di dargli un pizzicotto e solo allora lui aprì gli occhi di scatto. Mi misi nel suo campo visivo, lui mi guardò con un misto di sonno e stordimento <<So dove sono!>> i suoi occhi indugiarono un attimo poi si spalancarono con comprensione. Era ora di andare.


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