Capitolo 3

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La luce del mattino mi aveva svegliato presto e nel tempo passato ad aspettare mia madre mi ero preparata e vestita. Ormai la voglia di tornare a casa era talmente grande da non farmi pensare ad altro. Bugia! Ad altro ci pensavo eccome ma mi sforzavo di non ricordare quel ragazzo e le parole dette la sera prima. Mentre stavo uscendo dal bagno mi accorsi che sul tavolino nel piccolo angolo a sinistra della camera c'era un mazzo di fiori dentro ad un vaso di cristallo. Un mix di rose tutte colorate. Semplicemente stupende. Non mi ero nemmeno accorta di averli in camera. Potevano essere arrivati solo ieri sera o stamattina presto quando ancora stavo dormendo, cosa ancora più inquietante. Appeso lungo il vaso c'era un biglietto ruvido scritto sicuramente a mano dalla calligrafia un po' sbilenca: "Spero che tu stia bene, perchè mi servi viva. J" ora il panico prese il sopravvento su di me. Le parole erano molto simili a quelle pronunciate da quel ragazzo la sera prima ma non era solo questo a turbarmi. Chi è J? E perché gli servivo? Che cosa poteva volere da me? Ancora una volta più domande che risposte. Per fortuna a rompere i miei pensieri fu mia madre che entrò nella stanza con un sorriso a trenta due denti. Mi corse incontro e mi diede un bacio sulla guancia tenendomi abbracciata per almeno mezz'ora <<Sono così felice di vederti in piedi e pronta per tornare a casa!>> <<Anche io! Mi manca la mia normalità>> entrambe ridiamo perché spesso mi sono lamentata con lei di avere una vita fin troppo monotona ma credo che dopo gli ultimi eventi non mi lamenterò mai più.

<<Allora andiamo tesoro, tuo padre ci sta aspettando in macchina ma tu prima devi firmare i moduli per il rilascio e dovresti anche parlare con la polizia di quanto successo. Sono qui fuori per farti qualche domanda. <<Cosa? Perché?>> risposi con troppo impeto perchè la sua faccia si turbò. <<Perchè hanno interrogato quasi tutti alla facoltà e manchi solo tu che sei l'unica rimasta ferita! Intanto vai dall'infermiera io porto la borsa in macchina. Ti aspettiamo fuori, quando hai finito tutto>> io annuisco e mi avvio all'uscita cercando di fare mente locale su cosa dire ma mentre sto per andarmene mia madre ricomincia a parlare <<Belli questi fiori, chi te li ha portati?>> non so cosa rispondere perché nemmeno io conosco il mittente, ma non voglio che si spaventi anche lei. Basto già io ad essere in ansia per la situazione. Preferisco mentire, dopo tutto quello che ha passato nel vedermi qui in ospedale si merita un po' di tregua anche lei <<Nessuno, non sono per me l'infermiera ha detto che hanno sbagliato stanza. Li toglieranno appena ce ne andremo>> non tiene molto come scusa ma meglio di niente. <<Ci vediamo alla macchina>> cerco di tagliare corto e questa volta fu lei ad annuire. Me ne andai sperando di cuore che non leggesse il biglietto appeso. Percorsi il corridoio verso il banco delle infermiere e chiesi il mio modulo per il rilascio. Intanto che aspettavo la segretaria stampare i fogli non potevo fare a meno di pormi mille domande, sui fiori, su J, sulle frasi dette da quel ragazzo. Niente aveva senso, l'unica cosa che potevo pensare era che qualunque storia ci fosse dietro non era ancora finita o almeno io non avevo ancora finito. Dovevo decidere cosa dire al poliziotto fermo all'ingresso che mi guardava. Dovevo confessare tutto? E se mi prendevano per pazza? L'immagine non era cosi nitida quindi non ero neanche in grado di spiegarla. Era il caso di confessare e chiudermi in casa? O era meglio fare finta di niente e affrontare la situazione quando si sarebbe presentata? Una cosa era certa se volevo una risposta alle mie domande non potevo confessare quello che avevo visto, altrimenti non avrei più saputo niente di sicuro. Parlai velocemente con il poliziotto dicendo che non ricordavo molto, solo che ero caduta per lo spavento nel sentire l'esplosione ma non altri dettagli. Non sapevo da dove il boato fosse partito ne avevo visto qualcosa di particolare. In realtà era una mezza verità e lui sembrò soddisfatto della mia versione. D'altronde perchè preoccuparsi troppo quando il ferito era solo uno. Lasciando l'ospedale mi pervase un senso di panico. E se il ragazzo che ha lanciato la bomba al campus ci avrebbe riprovato? E se la situazione fosse ancora più tragica di cosi? Cosa c'entravo io in tutto questo? Era davvero solo perché mi ero trovata al posto sbagliato nel momento sbagliato?

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