❹. Neuroni specchio

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Un'altra mattina all'ospedale di Santa Maria Vergine di Gesù Bambino stava per cominciare. O meglio, il giorno non si era mai interrotto: solo i turnisti della notte stavano per smontare e lasciare spazio ai malcapitati mattinieri. I pazienti non avevano abbandonato i loro letti e si rassegnavano a quella vita lenta. Per loro, ogni notte era infinita, scandita unicamente dai loro dolori che dilatavano il tempo e dai sospiri angosciosi dei loro compagni di stanza. L'ospedale, però, presentava molti volti e, sebbene ai pazienti vivere là dentro risultava una tortura incessante, l'opposto accadeva agli operatori sanitari, che correvano per i corridoi, si lanciavano negli ascensori, senza tregua, perché il loro lavoro non aveva un freno. Questa dualità è difficile da spiegare a chi ha vissuto l'ospedale solo come visitatore ed è per questo che, spesso, molte persone si infastidiscono subito per l'operato dei sanitari, senza sapere ciò che vi si cela dietro. Mentre un paziente chiede aiuto perché, durante il sonno, gli si è staccata la flebo che lo collega all'acqua, gli infermieri stanno volando a portare un'altra persona in pronto soccorso perché ha cominciato a saturare meno dell'80%. Al primo paziente magari risulterà che nessuno gli stia dando la degna attenzione che merita, dimenticandosi della natura intrinseca dell'ospedale, che privilegia il male peggiore a discapito di quelli sempre gravi, ma rimandabili. A vederlo da fuori, l'ospedale, parerebbe un po' come un formicaio, nel quale ogni persona possiede il proprio compito e nessuno si ferma mai. Sicuramente ci sarà qualche medico che si accosta un attimo alla finestra per fumare di nascosto una meritata sigaretta per riprendersi dallo stress accumulato, cosa che, effettivamente, le formiche non compiono. Probabilmente, l'esempio del formicaio non regge molto come descrizione complessiva. Soprattutto quando si tratta dell'efficienza e dell'organizzazione che le formiche possiedono e che gli umani, purtroppo, non hanno sviluppato appieno nel corso dell'evoluzione.

Anastasia stava cercando posteggio, nuovamente in ritardo. Suo padre le aveva detto che le sarebbe stato più facile trovarlo durante l'orario dello smonto notte, perché tutti quelli che finivano il turno se ne sarebbero andati proprio in quel momento. C'è da dire, però, che non aveva considerato il fatto che la strada per parcheggiare fosse una corsia singola e strettissima e che tutti avevano deciso di mettersi in moto nello stesso preciso istante, causando un traffico confusionario.

"Forza, sposta quell'auto e vattene che qua facciamo notte di nuovo!" Urlò, coi finestrini chiusi, Anastasia, suonando il clacson. Di rimando tutti cominciarono a suonarlo, causando un fragore disturbante.

Anastasia si accorse che a lato della corsia c'era un cartello col divieto di suonare, siccome la strada si trovava attaccata a un ospedale e avrebbe recato fastidio a chi vi stava dentro.

Smise si suonare, mentre gli altri continuavano. Aveva inconsapevolmente causato una guerra sonora. Si ricordò della teoria dei neuroni specchio, di come noi umani siamo così soggetti a compiere azioni mimiche nei confronti delle altre persone. Essendo animali sociali, avere un meccanismo di "coping" aiuta l'aggregazione e la costruzione di legami interpersonali. Questa era una delle poche cose che ricordava dell'esame di neuroanatomia del secondo anno. Un disfacimento totale anche quello.

Finalmente l'auto che stava ostruendo la via se n'era andata e Anastasia rubò il parcheggio a quello che stava dietro di lei. Era troppo in ritardo per pentirsene, prese il suo zaino e si lanciò in ospedale, verso il quindicesimo piano.

Ancora con il fiatone, si cambiò e, per dare un minimo di senso ai suoi capelli, decise di intrecciarli in due trecce laterali. Rapidamente, uscì dallo sgabuzzino e si trovò davanti dieci specializzandi con il primario del reparto. La fissarono tutti interdetti.

"B-buongiorno" disse fievolmente lei, ancora con la voce pesante per la corsa.

Il primario, colpito dalla sua entrata in scena, andò da lei e le strinse la mano. Era un uomo anziano, con due folti baffi che compensavano la pelata sul cranio. Di corporatura era grassottello, rispecchiava completamente la caratterizzazione di una persona prevalentemente seduta a firmar referti. Anche se pareva bonario, aveva comunque un'aria di prestigio.

𝕀𝕃 ℝ𝔼ℙ𝔸ℝ𝕋𝕆Nơi câu chuyện tồn tại. Hãy khám phá bây giờ