❶⓿. Le vipere parlano

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Assistere al suo primo intervento era stata un'esperienza emotivamente stancante per Anastasia. Non era mai stata appassionata di chirurgia e quelle ore erano state la conferma che avrebbe continuato a pensare che non sarebbe mai diventata una chirurga affermata. Le sensazioni che aveva provato guardando la pelle del paziente venire tagliata con il bisturi non erano di certo piacevoli e avrebbe sinceramente evitato il più possibile di riprovarle da quel giorno in poi. Ovviamente, riconosceva il fatto che nel suo corso avrebbe dovuto affrontarne ancora molte, ma si era già stufata. Non capiva come a molte persone interessasse così tanto. La trovava un'attività molto meccanica e poco umana. Le sembrava che per tutto il tempo al posto del paziente sul tavolo vi fosse stato steso un manichino. Ad Anastasia piaceva parlare, piaceva ascoltare le storie delle persone e usare la mente, più che le mani. Almeno aveva capito da quell'esperienza che avrebbe escluso completamente la chirurgia dalla sua "lista dei desideri".

Durante le riflessioni, aveva preso il suo pranzo e si era recata alla mensa dell'ultimo piano. Era quasi mezzogiorno e mezzo e, nonostante avesse visto il collo di un uomo essere tagliato e ricucito, sentiva un certo languorino. La mensa era abbastanza vuota, cosa che fece rilassare molto Anastasia che sperava di trovare un po' di tempo da passare in solitudine per concentrarsi su altri pensieri che non fossero la chirurgia e la puzza che emanava il corpo del paziente dall'incisura. Si sistemò su uno dei tavoli che dava sulla vetrata del piano. Da lì si poteva scorgere tutto il paesaggio che circondava l'ospedale e far vagare gli occhi e la mente in lontananza, fin dove giungeva l'orizzonte. Si sistemò in modo da poter mirare il panorama, dando la schiena al resto dei tavoli e della sala. Era una bella giornata soleggiata, le dispiacque doverla passare al chiuso tra i malati, ma considerò che ci sarebbe potuto sicuramente essere qualcosa di ben peggiore, come essere confinata tra le mura dell'università a studiare.

Aprì il contenitore e infilò la forchetta nella porzione di cous cous che aveva portato. Si portò un boccone alla bocca e lo addentò, godendoselo come fosse stato il miglior pasto della sua vita. Voleva solamente concedersi un po' di tempo prima di dover tornare in reparto e sperava che mangiando più lentamente avrebbe guadagnato un po' di tempo in più.

Mentre assaporava il pasto, sentì che un grande gruppo di persone si stava sistemando nel tavolo proprio dietro al suo. Sbuffò, indispettiva, perché avrebbe voluto passare tutto il pranzo in solitudine.

Senza volere, si trovava ad ascoltare il vociare del gruppo. Erano sicuramente dei ragazzi, ma non riusciva a comprendere se fossero studenti come lei o più grandi. Non si girò in ogni caso per non dare nell'occhio. Tra il vociare, però, riconobbe una voce a cui non seppe dare un volto. Cercava di sforzarsi, ma non ci riusciva. Non era una voce troppo nota, forse era di un compagno di corso con cui aveva dovuto condividere un esame orale.

"Ma sì, vi dico, abbastanza incompetente..."

Da quelle parole pensò stesse parlando di qualche professore che non veniva molto apprezzato dagli studenti. Magari la voce avrebbe fornito più dettagli segreti su qualche esame che Anastasia doveva ancora sostenere. Si incuriosì e si spinse con la sedia un po' più indietro, cercando di affinare il suo udito per ascoltare meglio, in modo da capire di chi si trattasse.

"Mi fa strano che mandino gli studenti qua senza prima aver fatto alcuna pratica su manichini. Noi, invece, quanti ne abbiamo distrutti per arrivare qua!"

Anastasia realizzò che non erano studenti, ma specializzandi. La voce sembrava, però, essere di qualcuno che conosceva.

"Poi dovevate vedere come tremava con il bisturi in mano!"

Riconobbe la voce. Era Matteo. Un brivido freddo percorse la spina dorsale di Anastasia. Aveva un brutto sentore.

"Il primario pure che credeva di aver trovato una tirocinante brava per farle fare altre mansioni più avanzate. L'ha davvero deluso."

Si mise a ridere sonoramente e qualcuno del gruppo lo seguì.

Ad Anastasia si spezzò il cuore per la seconda volta in una giornata. è proprio vero quello che dicono: ti capitano sempre tutte le cose peggiori di fila in un'unica giornata.

Aveva già dovuto sopportare il tono rammaricato del primario quando aveva constatato che il taglio da lei effettuato non era stato per nulla preciso, mettendo a rischio l'immagine del primario stesso. Non che lei avesse spinto il primario a farle fare l'incisione, era stato lui a metterla alla prova e si era scottato da solo. Eppure lei sentiva la colpa in pieno su di sé. Matteo le stava dando la conferma.

Il fatto che però più la stava turbando in quel momento era la rivelazione in negativo dello specializzando. Aveva considerato Matteo un professionista convinto e anche maturo, invece, ancora una volta, era stata colpita dalla realtà, come una sberla sul volto.

"Che figura di merda... se fossi in lei non so con che forza mi ripresenterei in reparto dal primario."

La sua voce sembrava canzonatoria ma anche dispiaciuta. Anastasia non stava capendo dove finisse la presa in giro e dove iniziasse un possibile risentimento. Aveva ormai realizzato, però, che c'era ben poco da fidarsi per ciò che riguardava l'empatia in quel reparto.

Anastasia si sarebbe voluta girare di scatto e rivelare il suo volto alla tavolata dietro di sé, per affrontare faccia a faccia Matteo. Si sentì, però, talmente impotente che le si inumidirono gli occhi per l'umiliazione. Non riusciva a comprendere perché tutti i medici si stavano comportando in quella maniera cinica. Non soltanto con lei.

Si pulì gli occhi con la manica della casacca, che si bagnò, lasciando una macchia sul tessuto. Prendendo forza ruotò la testa per guardare il gruppo.

Davanti a sé, però, si trovò la schiena di Zotti, che era appena salito dal reparto dell'intervento. Dandole la schiena, non si accorse di lei e si sedette sempre con la schiena rivolta a lei.

Anastasia, impaurita, tornò seduta composta al suo tavolo, per non farsi scoprire da Zotti. Sarebbe stato troppo difficile da affrontare. In più, voleva proprio scoprire cosa aveva in serbo di cattivo su di lei con cui avrebbe potuto scherzare con i suoi colleghi.

"Cosa avete tanto da sghignazzare?" Domandò Zotti, prendendo un'arancia e un coltellino dalla tasca della sua divisa.

"Niente, stavo raccontando della figura fallimentare che ha fatto la tirocinante davanti al primario. Menomale che ti sei trattenuto o sicuramente si sarebbe messa a piangere." Rispose Matteo con una nota di acidità nelle parole.

Zotti, sbucciando l'arancia, non appena sentì che si stava rivolgendo ad Anastasia si irrigidì.

"E allora?" Disse sprezzante.

Matteo guardò allibito gli altri specializzandi. Qualcuno fece spallucce.

"Beh, hai visto anche tu quanto era incapace, teneva il bisturi come una penna e poi..."

"Ora basta." Zotti fulminò con uno sguardo il collega che non capì.

"Come?" Chiese insolentemente, senza paura nell'affrontare un avversario che invece molti temevano.

"Smettila con 'ste bambinate e pensa a mangiare il tuo schifoso pranzo" Con un'occhiata torva, Zotti fissò il contenuto del piatto del ragazzo, arricciando il naso con fare schizzinoso.

"Riso con tonno? Non sai davvero cucinare altro a ventotto anni? Impietoso."

Dopo quell'insulto personale, Matteo guardò gli altri specializzandi in cerca di aiuto, ma tutti ammutolirono, lasciandolo da solo ad affrontare l'altezzoso Zotti.

Anastasia era seduta immobile al suo tavolo senza fiatare. Tutto quell'astio le aveva dato il mal di stomaco.

Zotti prese l'ultimo spicchio di arancia e se lo portò alla bocca, masticandolo rumorosamente. La sola cosa che emetteva un suono era il rumore dei suoi denti che stavano schiacciando il frutto, come le sue parole avevano schiacciato Matteo poco prima.

Finita l'arancia, prese il coltello, lo sistemò nella tasca della casacca, si pulì la bocca con una salvietta e si alzò, lasciando la salvietta e le bucce d'arancia sul tavolo, mentre i suoi colleghi masticavano incerti il resto del loro pranzo.

𝕀𝕃 ℝ𝔼ℙ𝔸ℝ𝕋𝕆Where stories live. Discover now