2.2 Piccoli Incidenti

150 20 122
                                    

Nel resto della giornata e durante il giorno seguente non ci furono altri incidenti. Evitò di studiare storia, di pensare alle streghe, di avvicinarsi anche solo con la mente all’argomento, e di guardare le storie e i profili di Edoardo, Lorenzo e Gennaro, per evitare che la visione a tradimento di Edoardo le procurasse un attacco di idiozia acuta.

Riuscì a controllarsi persino quando Nicola e suo padre si misero a strillare perché Nicola aveva saltato il suo turno a lavare i piatti.

Arrivò venerdì, e con esso la scuola. 

Zen, mi raccomando, pensò, avvicinandosi all’edificio.

Avrebbe dovuto ignorare Edoardo il più possibile. Se una stupida storia di Instagram le aveva fatto saltare la sedia non osava immaginare a cosa sarebbe successo se le avesse rivolto quel suo sorriso idiota.

Per sua fortuna, quel giorno Edoardo non sembrava tanto in vena di sorridere. 

Proprio come il giorno in cui tutto aveva preso fuoco, sembrava piuttosto teso.

Chiara aveva imparato che la sua tensione significava guai, quindi cercò di restare calma e di essere pronta a tutto.

«Li hai fatti i compiti di latino?» le chiese, tra un’ora e l’altra.

Scosse la testa. «A ginnastica sono scusata, li faccio alla terza ora.»

«Non deludermi, eh Marchesi?» 

Quando alzava il sopracciglio e si rivolgeva a lei in quel modo, come se la sfidasse, i suoi occhi brillavano sempre.

«L’ho mai fatto?» chiese.

Dio, questa mia cotta deve finire, pensò.

«Inglese, due settimane fa!»

Lei alzò gli occhi al cielo. «Senti, non è colpa mia se wonder e wander suonano allo stesso modo. Come facevo a sapere che si scrivono in modo diverso?»

«Io mi sono fidato di te e tu mi hai fatto prendere sette!»

«Guarda che sette è un bel voto, eh!»

«Be’, tu hai nove, quindi vuol dire che per te stessa ti impegni di più!»

«Se è per quello io ho sei in fisica e tu otto, quindi anche tu per te stesso ti impegni di più, mi pare.»

Edoardo alzò le spalle. «Quello è perché in fisica sei tonta come una pigna. Faccio compiti, non miracoli.»

Chiara gli diede un ceffone sul braccio. «Brutto infame! Guarda che smetto di aiutarti sul serio! Dovrai tornare strisciando da Gennaro!»

«Sarebbe un vero peccato» commentò Edoardo. «Sei molto più carina di Genny, e io ascolto solo gli insegnanti carini. È la regola.»

La penna blu di Edoardo esplose in una enorme macchia di inchiostro. Chiara si irrigidì.

Edoardo guardò la penna in frantumi, a occhi sgranati, poi la sua camicia celeste con la macchia di un blu intenso. Chiara si sarebbe voluta scavare una fossa dall’imbarazzo.

«Scusami, non ho idea di come sia successo. La penna era nuova» mormorò Edoardo, prendendo un fazzoletto dallo zaino e iniziando a tamponarsi la camicia.

«Neanche io» rispose Chiara, alzando le spalle. «Assurdo, eh?»

«Davvero assurdo» annuì lui, a disagio. Si voltò verso il banco che avevano dietro e lanciò a Lorenzo e Gennaro un’occhiata di fuoco.

«Cazzo vuoi adesso?» chiese Lorenzo, con uno sbuffo.

Edoardo alzò un sopracciglio ma si voltò senza rispondere. 

L'Ultima StregaWhere stories live. Discover now