3.2 La Festa

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«Oh, merda.»

Il sibilo di Lorenzo ruppe il silenzio che si era creato.

«Posso spiegare» aggiunse Edoardo, dal tono di voce più acuto di quanto lei non fosse abituata a sentirlo.

«Che cazzo sta succedendo?» chiese allora, con le gambe che tremavano. Si appoggiò alla ringhiera per non cadere.

«Stiamo facendo un gioco» riprese Edoardo, alzandosi in piedi. Come lo fece, la fiamma si abbassò di colpo, riducendosi di intensità. «Tipo Dungeons and Dragons, quelle cazzate. Roba da nerd insomma.»

«Davvero?» chiese Chiara. «E quello come lo spieghi?»

«Cosa, quella roba?» rispose, sembrava aver ripreso controllo di sé. «Un trucchetto idiota, può farlo chiunque.»

«Davvero Marchesi, certo che sei impressionabile!» lo appoggiò Lorenzo, in tono meno convincente.

«Non attacca» rispose Chiara. «Vi ho sentiti l’altro giorno, nel bagno della E. Gennaro sapeva che sarebbe scoppiato l’incendio. E vi ho sentiti anche ieri nel bagno della palestra, Lorenzo ha detto ‘non faccio magie per sbaglio da quando ho smesso di pisciare a letto’, o qualcosa del genere. E ora questo.»

«Cazzo!» esclamò Lorenzo, battendo un pugno per terra. «Cazzo, dobbiamo portare questa scema al Gran Consiglio adesso. Ci faranno la pelle. Toglieranno il nostro nome dal libro. Cazzo!»

«Ma dov’è Genny? Doveva farci la guardia alla porta!» sbottò Edoardo, che si era coperto il volto con le mani e aveva perso la parvenza di controllo che aveva avuto sino a poco prima.

«L’ultima volta che l’ho visto aveva la lingua infilata nella gola di Marta» rispose Chiara, «ha altro a cui pensare oltre voi, a quanto pare.»

La fiamma che fluttuava vicino al pavimento diventò una colonna di fuoco che arrivò sino al soffitto. Chiara dovette trattenersi dall’urlare, Edoardo si voltò flemmatico e spostò una delle tre pietre col piede. La fiamma si spense.

«Vuoi stare calmo?» abbaiò verso l’amico. 

«Calmo? Calmo? Davvero? Quello stronzo ha detto che saremmo dovuti venire qui perché sarebbe stato importante, avrebbe dovuto controllare che non entrasse nessuno e invece è andato a divertirsi con una delle sue galline del cazzo! E intanto saremo noi a pagarne le conseguenze, lui no di certo!»

«Che vuol dire? Di che state parlando? Che libro?» chiese Chiara, avvicinandosi.

«Tu chiudi quella cazzo di bocca!» sibilò Lorenzo.

«Non parlarle in quel modo!» lo sgridò Edoardo. «Lei non c’entra niente. Siamo stati poco attenti, e questo è il risultato!»

«Siamo? Scusami?» chiese Lorenzo, alzandosi finalmente in piedi a sua volta. Chiara era quasi sicura che sarebbero arrivati alle mani, quando la porta si spalancò di nuovo.

«Attenti, sta arrivando-» Gennaro era entrato trafelato e stava già correndo giù per le scale. Aveva i capelli tutti arruffati, la maglietta spiegazzata e del rossetto sulle labbra e sul collo. «Oh, troppo tardi.»

«Già, troppo tardi» ripeté Lorenzo, gelido. «Sei davvero uno stronzo.»

«Scusate» disse lui, e sembrava davvero mortificato. «Scusate, davvero. Non mi sono reso conto, io…»

«‘Scusate’ non basta, Genny» disse Edoardo, e Chiara avrebbe potuto giurare che aveva iniziato a tremare. «Questa è roba seria, finisce male. Toglieranno i nostri nomi dal Libro, non potremo più-»

«No» disse Gennaro, «no, no, no. Sistemerò tutto io. Ho fatto dei favori a un sacco di gente, gente importante. Le cancelleranno la memoria senza coinvolgere il Gran Consiglio.»

L'Ultima Stregaحيث تعيش القصص. اكتشف الآن