12.2 Salvataggio

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Uscirono dalla porta da cui erano arrivati così di fretta che per poco non rotolarono sul corridoio.

Carbone teneva Gennaro per il collo, lo stringeva contro il pavimento con le mani sulla gola, e il ragazzo rantolava disperato e lacrimante.

Erano ancora stesi sul pavimento, l’uomo lo schiacciava sotto il suo peso, Chiara li vide e fece la prima cosa che le venne in mente di fare. Si avvicinò di corsa e, prima che lui la notasse, diede un calcio alla sua tempia più forte che poté. Lui si afflosciò, collassando su Gennaro che prese una profonda boccata d’aria.

«Poco magico, ma funzionale» commentò Umberto con un sorrisino, per poi calarsi il cappuccio sul volto, coprendo la sua identità.

L’istante dopo, una donna e un uomo apparvero all’angolo del corridoio che portava alle scale. «Voi chi siete? Che avete fatto al padrone?»

«Chiara» sibilò Gennaro, guardandola con gli occhi spalancati, ancora col peso di Carbone addosso. «Fai qualcosa.»

«Che cosa?»

«Qualunque cosa! Sei una strega oppure no?»

Fu allora, nel momento di confusione e panico assoluti, che decise che provare a concentrarsi sarebbe stato inutile e controproducente. Non era come gli allenamenti coi ragazzi o con Veronica, in ambiente controllato. Ci sarebbe voluto ancora tempo, per questo.

Fu così che lasciò che i suoi poteri prendessero il sopravvento. Stava tenendo il suo panico sotto controllo, altrimenti avrebbe fatto scappare qualche accidentale, e decise di liberare quella forza che aveva cercato di soffocare sino a quel momento.

Le porte di tutto il corridoio si spalancarono e poi sbatterono con violenza, una si scardinò. Il lampadario che dava sulla parte vicina alle scale cadde con uno schianto, fracassandosi con un fragore infernale.

La donna in abiti da notte gridò, si portò le mani al petto. Chiara non era sicura che conoscesse la natura dei proprietari di quella villa, le sembrò che fosse la prima volta che vedeva una magia in tutta la sua vita.

L’uomo accanto a lei la riscosse dal terrore, le afferrò il polso e corse giù dalle scale, chiamando aiuto a gran voce.

«Ancora poco ortodosso, ma ancora funzionale» commentò Umberto, divertito.

«Ora sbrighiamoci, se non vogliamo che questo posto venga invaso da stregoni per tutto questo trambusto» sibilò Gennaro, che intanto si era alzato sgrullandosi Carbone di dosso, infilando le scale.

Chiara lo seguì a ruota, seguita da Umberto e il suo cappuccio calato, con Isabella alle calcagna. I due camerieri gridavano in cerca di aiuto, a breve la villa si sarebbe affollata di fuoco nemico. Arrivarono all’ingresso e Chiara spalancò le porte a distanza, ormai pura emozione incontrollata.

«Calmati» le disse Umberto, col fiatone per la corsa. «Se continui così farai male a qualcuno.»

Si riversarono nel giardino e Chiara, nella corsa, tentò di prendere un profondo respiro. Si sarebbe dovuta tranquillizzare un po’, avrebbe dovuto tenere a bada le sue emozioni, o sarebbe stato peggio. Si era allenata per questo, ce l’avrebbe potuta fare, lo sapeva.

Quando giunsero al cancello, là dov’era  stata la barriera magica, corpi di stregoni erano riversi a terra, e la ragazza notò con sollievo che i tre amici erano ancora lì, in piedi e in salute.

Arrivò da loro e Cassandra le gettò le braccia al collo, anche Edoardo si avvicinò a vedere se stesse bene.

Lei le diede una breve stretta e poi la lasciò andare. «Dobbiamo sbrigarci, rinforzi saranno qui a momenti» ansimò, per la corsa.

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