Capitolo 5 - Macabri trofei

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I sottili rami di vimini protesi verso l'esterno facevano somigliare quel cerchio intrecciato a un luminoso sole estivo. Non poteva ancora chiamarlo cesto, dato che aveva completato solo il fondo, ma guardarlo riempiva Maeriyel di soddisfazione.

Se c'era una cosa per cui poteva ringraziare sua madre, era averle insegnato le varie tecniche di intreccio. Certo, Lisaëlle l'aveva fatto per assicurarsi che Maeriyel facesse qualcosa di utile durante i suoi momenti di riposo, ma era diventato un divertente passatempo. Quel ripetersi di movimenti la rilassava, sentire sotto i polpastrelli le curve formate dall'intersezione dei rami distendeva i suoi nervi. Non era importante il prodotto finale, né era spinta dal desiderio di creare qualcosa: le piaceva e basta.

Lasciava però che fosse suo padre a scorticare i rami. Eumeric la correggeva ogni volta, suggerendo che il termine giusto era decorticare, ma a lei non sembrava poi così diverso. Quando lo aveva visto lavorare sui rami di salice la prima volta, a Maeriyel non era sembrato differente da un macellaio: era solo un lavoro più pulito e meno puzzolente. Anche se si trattava di rami creati con Harvestide, Maeriyel preferiva risparmiarsi quell'orrido spettacolo e maneggiare le ossa pulite da foglie e corteccia; a quel punto era più facile ricordarsi che non si trattava di vero vimini.

«Maeriyel!»

La voce di suo padre era affaticata. Maeriyel non ebbe bisogno di sollevare lo sguardo per leggere la sua espressione: se usava il suo nome per intero, era arrabbiato.

Eumeric risalì lungo la collina a passo svelto, seguito da una ventina di compaesani. Si ammassarono di fronte al faggio che Maeriyel aveva scelto come appoggio per la schiena, ma lei restò seduta, rigirandosi i rami sottili tra le dita. Alzò gli occhi per osservare chi era venuto - nel gruppo c'erano anche Paver, Eliette e Soleil, ma erano rimasti a fianco dei loro genitori - e poi tornò con l'attenzione sul suo cesto, riprendendo l'intreccio.

«Maeriyel» la richiamò suo padre, carico d'esasperazione mentre abbandonava le braccia lungo i fianchi. «Che significa tutto questo?»

«Sto intrecciando un cesto. Non ho ancora deciso se fare anche dei manici e un coperchio.»

«Non scherzare, ragazzina!» Sylvie, la madre di Soleil, si fece avanti. «Sappiamo cos'hai fatto.»

Maeriyel arricciò il naso: non aveva mai capito come una donna così alta e robusta potesse avere una voce tanto acuta; era una fortuna che la figlia non avesse ereditato quella caratteristica, o sentirla parlare sarebbe stata una tortura.

«Allora non avete bisogno di chiedere» rispose, scrollando le spalle.

La folla cominciò a borbottare, ma Eumeric allargò le braccia per quietarla. Si inginocchiò di fronte a lei in un lungo sospiro, passandosi una mano sul viso prima di parlare.

«Mae-mae» disse, con voce calma. «Abbiamo visto i rovi attorno ai campi. Perché l'hai fatto? Cos'è successo?»

«Non mi interessa perché l'ha fatto, deve toglierli subito!» si lamentò qualcuno, e la folla borbottò in assenso. Eumeric li richiamò di nuovo al silenzio, ma il nervosismo serpeggiava ancora tra loro. Era un tripudio di uomini e donne con braccia incrociate e sopracciglia aggrottate, innumerevoli occhi adirati che la fissavano.

«Mae-mae» la chiamò Eliette, venendo avanti. «Per favore, fai come dicono. Sono molto arrabbiati.»

«Non posso toglierli, sono necessari: se non lo fossero, non li avrei creati» rispose, posando l'intreccio di vimini sulle gambe. «Ho deciso che, da oggi, i campi sono sotto la mia protezione.»

«Protezione da cosa?» sbottò François, che parlava bene quando non doveva pronunciare una effe.

«Da voi, prima di tutto.» Maeriyel adagiò con cura il suo quasi-cesto sull'erba, poi si alzò in piedi e si avvicinò ai suoi compaesani, che la fissavano con aria confusa. «Chi vuole potrà continuare a prendersi cura dei campi, ma quest'anno non ci sarà nessun raccolto. E così i prossimi anni. Nessuno farà del male alle piante, finché posso impedirlo.»

CarnivorousWhere stories live. Discover now