Capitolo 8 - Come il fuoco

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Il fuoco bruciava in fiamme così alte da illuminare l'intera collina. La pira era stata circondata con pietre chiare disposte l'una sull'altra, dando l'impressione che fosse stata costruita all'interno di un pozzo. Un secondo cerchio di pietre tagliafuoco era stato posizionato alcuni metri più in là, e il terreno tra loro era stato ricoperto di sabbia. Una pira funebre non necessitava di tanti accorgimenti, ma quelle che venivano accese per i festeggiamenti erano molto più maestose - e quella per l'Angelo Haniel lo era più di tutte.

Nessun nome nella Schiera Angelica godeva di tanta devozione a Vou-la-Forêt come quello di Haniel. Era tra i più adorati a Lasyard, come tutti gli Angeli protettori di intelletto e conoscenza, ma il suo legame con la natura lo rendeva il più degno di lodi: si diceva che fosse stata la sua benedizione a svelare agli uomini i segreti dell'agricoltura, sicché gli era stata dedicata la cappella e ogni ventotto di Gemini tutto il paese si riuniva per celebrarlo, innalzando preghiere per ringraziarlo del raccolto estivo e chiedere la sua grazia per quello autunnale.

Nessuno doveva più occuparsi del raccolto da un anno e mezzo, ma questo non aveva interrotto i festeggiamenti. Se fosse per fervenza nella fede o mera voglia di divertimento, però, Maeriyel non avrebbe saputo dirlo.

La Sagra di Haniel era così importante da coinvolgere anche la gente di città, che di norma non spendeva il proprio tempo nei piccoli paesi come Vou-la-Forêt. Alcuni mercanti invogliavano i presenti all'acquisto di abiti e cianfrusaglie dalle loro bancarelle, spesso spacciando per modernità delle tecnologie che in città erano considerate ordinarie. Tutti gli altri forestieri erano turisti da Vourôme che giungevano per godere di cibo, alcol e musica per tutta la sera, in un tale afflusso da superare l'esiguo numero di abitanti del paese.

La collina su cui sorgeva la cappella brulicava di gente come mai nel resto dell'anno. L'aria era satura dei loro schiamazzi, di chiacchiere e risate che si mescolavano al suono della fisarmonica e allo scoppiettio lento del fuoco. L'odore di legna arsa si confondeva a quello di affumicatura, spezie e carne, che Maeriyel cercava di ignorare. Anche se l'idea che ogni cosa vegetale fosse stata creata da Harvestide le offriva consolazione, quei profumi le provocavano nausea; quando posava gli occhi su bistecche sanguinolente, salsicce e polli infilzati sugli spiedi, Maeriyel poteva solo stringere i denti e fidarsi delle parole del Dottor Jérôme più di quelle di sua cugina, accettando che per la sopravvivenza dei suoi compaesani non ci fosse altra scelta che quel compromesso.

Voltò lo sguardo, concentrandosi sulle decorazioni che abbellivano a zona. Era soddisfatta del suo lavoro: aveva fatto arrampicare le ortensie lungo tutta la facciata della cappella, un'esplosione di petali colorati che brillavano alla luce delle fiamme. Sostegni in legno di noce sorreggevano rami intrecciati da cui pendevano uva e fiori di glicine, alternandosi a piccole luci alimentate a Sihir che illuminavano le zone più lontane dal fuoco. Dai punti più alti correvano corde oscillanti che ospitavano banderuole colorate, descrivendo il perimetro in cui si svolgeva la festa.

Maeriyel aveva insistito per creare con Harvestide persino i sostegni delle bancarelle, modellando la crescita di tronchi e rami. Qualcuno aveva detto che somigliavano a pezzi d'architettura jiyana, però non era riuscita a prenderlo come un complimento: si diceva che i jiyani vivessero in comunione con la natura, ma sforzarsi di mantenere la forma di ciò che si utilizzava non lo rendeva meno morto.

Tavoli e panche erano state costruite dagli artigiani del paese, ma poiché aveva creato il legno Maeriyel era ancora in grado di controllarne la struttura: una volta che le forme basilari erano state levigate e assemblate, un tocco di Harvestide aveva fatto sbocciare fiori lungo i piedi e sullo schienale. Piccoli alberi di sommacco crescevano nell'area dedicata alla consumazione sfoggiando foglie di un acceso colorito rossastro, quasi fosse già autunno, dando l'impressione che bruciassero anch'essi. Vou-la-Forêt non poteva permettersi molte Pietre di Sihir, perciò i rami offrivano sostegno a lanterne di vimini intrecciato che irradiavano luce soffusa.

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