Capitolo 13 - Pianta carnivora

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Il giorno successivo alla fine del lutto Maeriyel sfoggiava un abito rosso fuoco.

Lisaëlle non aveva perso occasione per lamentarsi della scelta poco rispettosa: in teoria era socialmente accettato indossare altri colori, ora che la settimana di cordoglio era trascorsa, ma in pratica ci si aspettava che venisse portato il nero almeno per un mese, come prova del legame con il defunto.

Maeriyel non si degnò di rispondere. Lasciò che quelle critiche le scivolassero addosso, così vuote che non stuzzicavano più neanche il suo fastidio. Non aveva bisogno di un abito scuro per dimostrare a qualcuno quanto stesse soffrendo per la morte di suo padre; non aveva bisogno di versare lacrime e battersi il petto perché la gente non mormorasse, brontolando per il suo comportamento scorretto e insensibile.

Che parlassero pure: non le importava ciò che pensavano sua madre o gli abitanti di Vou-la-Forêt, aveva smesso di assecondare quel ridicolo e contorto gioco di apparenze.

Non si preoccupò neppure di salutare Lisaëlle quando uscì di casa, lasciando che strillasse così forte da far affacciare i vicini alle finestre; era stata lei stessa a dire che Maeriyel non era sua figlia, perciò non aveva motivo di preoccuparsi per lei.

Ignorò allo stesso modo gli sguardi incuriositi di chi la osservava, fingendo di non vederli. Si curò tuttavia di abbandonare la strada per camminare al limitare del villaggio, costeggiando gli appezzamenti di terra e le fattorie: quel tragitto allungava di oltre mezz'ora il percorso altrimenti breve, ma quantomeno non avrebbe rischiato di incrociare nessuno.

Trovò Boyaque nel cortile esterno di casa sua, chino sul tavolo da lavoro di suo padre. Si rigirava una grossa tagliola di metallo scuro tra le mani, lo sguardo concentrato sul meccanismo di apertura e chiusura. Magari fosse scattato per errore, tranciandogli le dita mentre ne testava il funzionamento; invece la trappola si aprì a dovere, disegnando un sogghigno soddisfatto sul viso del ragazzo.

Maeriyel si avvicinò alla staccionata e alzò un braccio intriso di Sihir. Il grosso tronco di una sequoia venne fuori dal terreno in scricchiolii sordi, offrendole appoggio; Maeriyel vi camminò sopra e agitò una mano per farlo crescere fin oltre il recinto, facendo svolazzare la gonna corta al ginocchio mentre saltava giù.

Boyaque non si lamentò dell'intrusione, né si mostrò sorpreso di vederla. Si ripulì le mani con un panno e si alzò dallo sgabello per andarle incontro, il sorriso strafottente ancora stampato sul viso. Non le lasciò il tempo di parlare: quando fu abbastanza vicino, l'afferrò per i fianchi e la tirò a sé, premendo la bocca contro la sua. Maeriyel si irrigidì all'istante, ma schiuse le labbra e lasciò che il ragazzo trovasse la sua lingua, sopportando lo sciame di moscerini che aveva preso a ronzare nel suo stomaco.

«Rosso? Subito dopo il lutto?» sghignazzò lui, lanciando un'occhiata al vestito. Sfiorò i volant che abbellivano le bretelle, seguendo la linea della scollatura quadrata con le dita. «Vuoi far schiattare anche tua madre?»

Maeriyel serrò le labbra, raccogliendo un pugno di stoffa della gonna da stringere tra le le mani. Inspirò a pieni polmoni, poi abbandonò la fronte sulla spalla di Boyaque, celando la sua espressione. Poteva frenare la sua lingua, ma se avesse incrociato lo sguardo del ragazzo era certa che l'avrebbe investito con lampi d'odio.

«Avevi ragione, Boyaque» mormorò invece, accucciandosi al suo petto in un sospiro. «Non vogliono più tenere fede agli accordi e non hanno neppure avuto il coraggio di parlarmene. È andata proprio come avevi detto: non appena mi sono allontanata, tutti mi hanno voltato le spalle.»

«Adesso hai capito, Mae-mae?» Boyaque le cinse il busto, sussurrando al suo orecchio. La sua voce era calda e piena, ma faceva correre brividi freddi lungo la schiena. «Ti hanno sfruttata e poi gettata via senza pensarci due volte. Aspettavano solo una qualche scusa per liberarsi di te senza sembrare troppo stronzi, per non farti arrabbiare troppo. Si fingono gentili solo per tenerti buona, ma se potessero ti avrebbero già cacciata dal paese: non sprecare tempo ed energie per loro, non ne vale la pena.»

CarnivorousWhere stories live. Discover now