Capitolo 10 - L'hai voluto tu

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Correva. Così forte che non le bastava il fiato, respirando a rapide boccate che graffiavano la gola ogni volta che racimolava aria. Era già pomeriggio inoltrato e nessuno avrebbe toccato i campi fino alla mattina, eppure Maeriyel non riusciva a calmarsi, a scacciare quelle grida di terrore dalla sua mente.

Tutte quelle vite distrutte senza motivo, tutte quelle radici estirpate per l'unica colpa di crescere insieme al farro, rischiando così di contaminare la mietitura. Se i contadini si fossero davvero preoccupati di rispettare la natura come dicevano, avrebbero raccolto il farro evitando le erbacce, impegnandosi a prendere ciò che era necessario senza distruggere anche il resto: quello però era un lavoro che richiedeva tempo e fatica, e certe cose valevano più della vita di una misera pianta.

Ipocriti. Erano tutti dei maledetti ipocriti, così egoisti e falsi da farle venire la nausea.

Boyaque l'aveva avvertita, durante la festa, tuttavia Maeriyel aveva permesso al dolore di soffocarla: aveva abbassato la guardia, aveva voltato gli occhi e qualcuno se n'era approfittato, proprio come aveva predetto il ragazzo.

E per la sua disattenzione erano morti a centinaia. Morti per colpa sua, proprio come Hervé. Morti perché Maeriyel aveva il potere di forgiare la realtà a suo piacimento, ma non era stata in grado di allungare un braccio.

Avrebbe dovuto essere lì, a tenere d'occhio i campi. Avrebbe dovuto proteggerli, avrebbe dovuto evitare che accadesse, avrebbe dovuto...

Maeriyel impattò contro qualcosa che frenò la sua corsa. Due mani grandi l'afferrarono per le spalle quando lei barcollò all'indietro, mantenendola in piedi.

«Mae-mae!»

La voce di Paver la strappò a quelle nella sua mente, e quando sollevò il mento Maeriyel si scontrò con due occhi di un rosso così scuro da sembrare marrone fin quando non li guardavi da vicino. Il rosso del sangue secco; le ci volle un istante per ricordare che quello era il colore giusto, e non l'azzurro che la sua mente le suggeriva.

Troppo vicino, troppo inaspettato.

Maeriyel si spinse all'indietro, divincolandosi dalla sua presa per allontanarsi. Paver ritirò subito le mani, fissandola con sopracciglia aggrottate mentre Soleil, Eliette e Forois la circondavano.

«Mae-mae!» la chiamò Soleil, frapponendosi tra lei e Paver. «Siano lodati gli Angeli, finalmente sei uscita di casa!»

Maeriyel la fissò di sbieco, la mano premuta sul petto per cercare di calmare il cuore che ancora scalpitava. Adesso Soleil si preoccupava per lei? Si era ricordata all'improvviso di essere sua amica?

«Dov'è lui?»

Soleil sfarfallò le ciglia. «Lui chi?»

Le labbra di Maeriyel si serrarono. Qualcosa nel suo stomaco si agitava come un gatto irrequieto: il suo inconscio aveva suggerito il nome di Boyaque per primo, ma la ragione si rifiutava di ammettere che avesse bisogno di lui.

«Non importa» bofonchiò soltanto, schiarendosi la voce. «Sapete cos'è successo ai campi?»

I quattro si lanciarono uno sguardo di apprensione, scambio di una silenziosa complicità che a Maeriyel non piacque.

Sì, lo sapevano.

«No» rispose però Forois, distendendo un sorriso incerto. «Perché, cos'è successo?»

«Non sono stupida, Forois.» Maeriyel scandì bene ogni lettera, lo sguardo fisso nel suo. «Qualcuno ha tolto le erbacce nel campo di farro, tutte. È un lavoro troppo pulito perché l'abbia fatto una persona sola e in così pochi giorni. Cosa sta succedendo?»

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