Capitolo 5

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Evangeline

Altro giorno altro ritardo a scuola.

Sto correndo per il corridoio in direzione del mio armadietto ma nel preciso istante in cui svolto l'angolo urto qualcosa di duro, decisamente duro.

Il caffè che reggevo tra le mani mi si riversa tutto addosso, sporcando la mia maglietta bianca e rendendola trasparente.

<<Maledizione!>> impreco ad alta voce e non curandomi di chi ho difronte inizio a strofinare le mani sul mio seno cercando di far scomparire la macchia, ma così facendo la allargo ancora di più.

Vado in panico; oggi dovevamo consegnare un compito importante alla professoressa Bennet.

Nel mio caso se fossi riuscita a prendere un buon voto avrei potuto accedere alla borsa di studio per l'anno successivo.

Sono stata in piedi tutta la notte per scrivere il saggio che aveva assegnato, ho consumato tutte le mie energie e una decina di caffè per partorire questo lavoro.

Se non lo consegno in tempo sarà ritenuto nullo, quindi posso dire addio alla mia borsa di studio e dare il benvenuto alle ore di lavoro extra che serviranno a pagarmi la retta scolastica.

Non ho nessuna voglia di passare altre ore in quello squallido e sudicio locale alla mercé di uno sporco vecchio ubriacone.

Non mi sono resa conto di star piangendo fino a quando due grandi mani ruvide mi afferrano il viso facendomi alzare lo sguardo.

É in quel momento che capisco chi ho dinanzi a me. Il fratello di Ethan. Il ragazzo dell'Eclipse.

I suoi occhi chiari e freddi come il ghiaccio mi stanno guardando intensamente in modo confuso come a voler capire cosa mi sta passando per la mente.

Mi mettono parecchio in soggezione, é circondato da un aura misteriosa e trasuda una bellezza e una simpatia innata.

<<Hey>> mi richiama schioccando due dita difronte a me.

Ha un cipiglio confuso in volto.

<<tutto bene?>> chiede.

<<I-io...>> dico balbettando, ma non riesco a concludere la frase.

<<Aspetta>> dice lui voltandosi verso il suo zaino e frugando al suo interno.

Estrae una bottiglietta d'acqua e me la porge.

<<Bevi un sorso, ti sentirai meglio.>>

Faccio come mi ha detto, gli restituisco la bottiglia e mi perdo nelle sue iridi.

<<Cos'é successo?>> chiede.

Davvero io che non racconto mai nulla a nessuno ho intenzione di spiegare a un perfetto sconosciuto i miei problemi? Ah ah non se ne parla.

Neanche il tempo di pensare a tutto ciò, che le parole fluiscono dalla mia bocca senza che me ne accorga.

<<Io sono in ritardo e dovevo consegnare un saggio alla professoressa Bennet>> dico dando per scontato che lui la conosca; davvero, chi non conosce quella stronza?

<<però non posso entrare in aula così e se non consegno il compito in tempo posso dire addio alla borsa di studio e a questa scuola.>> dico passandomi le mani sul viso tentando di nascondere i miei occhi lucidi.

Vorrei liberare tutta la mia frustrazione in un pianto disperato ma non penso che il corridoio di una scuola sia il luogo adatto.

<<Raggio di sole, guardami>>

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