𝟖.   𝒓 𝒆 𝒎 𝒊 𝒏 𝒊 𝒔 𝒄 𝒆 𝒏 𝒛 𝒂

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Gli ultimi tepori del sole tinsero sul volto pallido di Jimin una sottile riga all'altezza degli occhi che andava ad assottigliarsi nello scorrere dei secondi, finché non ci fu più bisogno di forzare la vista per riuscire a vedere oltre quell'abbaglio, persino poco prima che le colline inglobarono la sagoma sbiadita di quella gigantesca palla di fuoco. Un traffico educato si aggirava al di là del marciapiede, tra lui -dove s'era lasciato scivolare con la schiena al muro fino al suolo- e l'inosservato via vai dei passanti. Tra il suo petto e le sue ginocchia sollevate, invece, giaceva Jiyoon. Ella era assopita con l'orecchio schiacciato contro la sua cassa toracica, ad origliare, in veglia, i battiti del cuore del suo papà. Quel tamburamento non era affatto clemente, sebbene Jimin cercasse di regolarlo attraverso il respiro. L'ansia, comunque, gli scorreva nelle vene già da un po'; la paura di perdere l'unica fonte genuina da cui traeva la sua forza per combattere il mondo e vincere la vita.

Gli occhi, senza guardare, vagavano in tutte le direzioni nei dintorni. Alle volte doveva rifugiarsi sul viso di sua figlia per trovare conforto, altre invece tornava sui suoi pensieri cupi, trovandoli nei dintorni che sembravano privi di colore: si lasciava catturare dai fari delle auto; dalle luci dei lampioni; dalle scarpe dei passanti; dalle insegna dei negozi, finché si fermarono in un angolo della strada, nello stretto di due edifici i quali aprivano uno vicolo a separarli. Jimin parve intravedere qualcosa, proprio lì, sebbene non ci fosse chissà quale addobbo se non qualche bidone della spazzatura. Tuttavia nei suoi occhi riflettevano immagini sbiadite, che sembravano scorrere davanti a lui in quell'esatto momento. Ad un certo punto le sagome che gli passavano sotto il naso smisero di esistere, smise di esistere tutto fuorché la vecchia pellicola che rifletteva le immagini sopra le sue pupille dilatate.

Tra tutti i posti che Jimin doveva incontrare, in quel maledetto momento, doveva per forza ritrovarsi faccia a faccia con la nebbiosa reminiscenza del suo primo incontro con Yoongi? Giusto in tempo per fargli rimpiangere il passato, forse, Jimin si lasciò cullare da quei momenti, dalle sensazioni che rammentava del suo io del passato, quella persona che sembrava non aver paura di niente e nessuno, quella persona alla quale piaceva sentire il brivido della vita, alle volte portandola all'estremo, una persona completamente diversa da quella che poi sarebbe stata dieci lunghi anni dopo.

Ma forse Jimin non era solo cresciuto nei dieci anni di distacco.

Forse Jimin aveva solo conosciuto qualcosa per cui valesse temere il rischio, dunque sottrassi ad esso.

Forse era solo il prezzo dell'amore, che prosciuga le persone della forma più concreta di libertà.

Degli uomini senza volti gli erano addosso, lo squadravano da capo a piede eppure lui non riusciva a temere nessuno di loro

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Degli uomini senza volti gli erano addosso, lo squadravano da capo a piede eppure lui non riusciva a temere nessuno di loro. Li aveva chiamati a sé, stuzzicandoli, quindi doveva essere pronto anche ad affrontarli e Jimin non sembrava affatto impreparato all'evenienza, sebbene l'unica arma di cui sembrava disporre era la sua caparbietà, sfociata in un sogghigno più macabro del coltellino che uno di quei volti usava per minacciarlo. All'epoca, Jimin, passava il tempo a derubare chiunque si sentiva di poter ripulire dalle sostanze illegali o anche solo denaro, ed era molto bravo a non farsi beccare; a tradirlo era stata la loro agilità nel riconoscere la mancanza di ciò che, improvvisamente, era scappato dalle loro tasche. Doveva essere stato umiliante rendersi conto di essere stati fregati da un ragazzino che non poteva avere neppure venti anni, che, dopo una audace caccia alla volpe, erano riusciti quanto meno a catturare e trascinare di forza in un luogo appartato.

𝘴𝘦𝘳𝘦𝘯𝘥𝘪𝘱𝘪𝘵𝘺 ⦂ 𝘺𝘰𝘰𝘯𝘮𝘪𝘯Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora