04 - UN RITORNO IMPEGNATIVO (1/3)

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AMBER

''Condividiamo spesso il nostro mondo interiore con la pretesa che una massa di analfabeti sappia leggerlo'' ~Johann Wolfgang von Goethe, I dolori del giovane Werther

Spalanco gli occhi così velocemente che sembra qualcuno mi abbia urlato in un orecchio di svegliarmi. È Milo che graffia ripetutamente la porta della mia camera. Mi strizzo l'occhio destro mentre l'altro ricade distrattamente sull'orario del mio cellulare. Lo schermo segna le 7 e 50. LO SCHERMO SEGNA LE 7 E 50! Cristo, è la volta buona che lo ammazzo.

<JACK!> urlo disperata.

L'unica cosa che però ricevo in risposta è lui che sghignazza dall'altro lato della porta. Divertente, davvero. Nel frattempo Milo riesce a spalancare la porta ed entra furtivamente nella mia stanza balzandomi addosso alla ricerca di coccole. ''L'ho sempre detto che è un golden retriever molto intelligente'' penso accarezzandogli la testa pelosa.

Dopo qualche minuto interminabile mi decido e mi catapulto fuori dal letto alla velocità della luce. Lo sbalzo di temperatura è talmente elevato rispetto al letto caldo, che sento il freddo prendere a pugni il mio corpo ormai tiepido.

Metto da parte la voglia di rituffarmi nelle coperte morbide e afferro freneticamente qualcosa da mettermi addosso: un jeans a vita alta e una felpa beige. Mi fiondo nella doccia e penso anche di aver superato il record tra le docce più rapide che io abbia mai fatto.

Una volta vestita, scendo le scale con lo zaino ancora aperto sulla spalla scampando per un soffio a una clamorosa caduta di faccia.

Milo mi segue a ruota e abbaia per ottenere la cosa a cui ambisce di più (dopo una bella dose di coccole ovviamente): le crocchette.

Riempio la sua ciotola sulla quale si avventa come se non mangiasse da 3 mesi e afferro una tazzina dove verso un quantitativo spropositato di caffè e dei biscotti.

Mangio così velocemente che a momenti non capisco con quale dei due mi stia effettivamente strozzando. Avere mio fratello che mi ride in faccia è il culmine.

<Piantala o giuro che non ti cucino più i pancakes> esclamo furiosa. In un istante il suo viso diventa serio.

<Non si scherza sul cibo, rimangiati subito quello che hai detto> mi guarda senza battere ciglio e aggiunge:
<Non azzardarti neanche a pensarlo>.

Fiera di aver colpito il suo punto debole, mi dirigo in bagno con l'obiettivo di migliorare la faccia di una che sembra sia stata appena fatta tornare dal mondo dei morti. "Con un po' di correttore e mascara faccio meno paura" constato soddisfatta.

Mi sistemo i capelli ondulati che mi ricadono sulle spalle, prendo lo zaino e, dopo aver salutato Milo, ci dirigiamo verso la fermata dell'autobus. Correndo riusciamo per un pelo a entrare nell'autobus guadagnandoci un'occhiata sprezzante dall'autista.

<Buongiorno Bob!> dice a voce alta Jack.

<Per voi sono Roberto> replica Bob sprizzando gioia da tutti i pori.

Ci odia, dice che accumulando tutti i minuti persi ad aspettarci avrebbe potuto laurearsi, sposarsi, andare in vacanza a Bora Bora e tornare. Tutto questo per minimo dieci volte.

Nonostante ciò, ci aspetta sempre, quindi forse nel profondo, sepolto da qualche parte, negli abissi della sua anima, c'è del buono in lui. Tuttavia, per il resto del viaggio dobbiamo ugualmente sorbirci Bob che mormora parole sprezzanti nei nostri riguardi mentre una leggera agitazione comincia a invadermi il corpo.

In realtà, non so nemmeno io da dove provenga. Forse è dovuta alla questione della memoria che è come diventata il mio tallone d'achille; mi fa sentire vulnerabile. Spero solo che per questo motivo la gente non mi guardi peggio di prima.

Una volta scesi dall'autobus e salutato Bob che ci ha riservato un'occhiata fulminante, ci siamo diretti al giardino del liceo.

Intorno all'edificio, si estende un'area verde, curata ma semplice, con alberi ad alto fusto e panchine dove gli studenti possono raccogliersi durante le pause. Le foglie degli alberi cadono lentamente prima di appoggiarsi sul prato formando un velo che sfuma nell'arancione e giallo in un intreccio perfetto.

Quando ci troviamo davanti scuola, Jack si avvicina a me e, scrutandomi, mi chiede premurosamente: <Vuoi che entri assieme a te?>.

Lo osservo attentamente e, da come lancia sguardi impazienti al suo gruppo di amici più in là, capisco non veda l'ora di rivederli.

<Sto bene> rispondo annuendo.

<Sei sicura? Davvero, non fa niente se non parlo con gli altri adesso, ho modo di incontrarli durante la pausa>: prova a convincermi senza successo.

<Tranquillo, non ce n'è bisogno, vai da loro> lo rassicuro.

Ancora un pò riluttante decide di assecondarmi ma, non appena muove due passi, si gira verso di me.

<Oh, stavo per dimenticarmi: Sara è nella tua classe, in quanto fratello maggiore ti consiglio di parlarci> mi riferisce prima di allontanarsi senza darmi il tempo di controbattere.

Non lo ricordavo e adesso si che la mia voglia di ammazzarlo è tornata impellente. Due volte nell'arco di mezz'ora, oggi si è proprio superato.

Missing Piece - Il pezzo mancanteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora