10 - INFORMAZIONI PREZIOSE (3/3)

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NATHAN

Amber stringe con forza la cornice di una foto che fissa con sguardo malinconico e assente, come se la sua mente rincorresse un pensiero fisso.

Non dice nulla. Non fiata, nel vero senso della parola visto che respira a stento. Il suo viso prima caratterizzato da guance rosee ora è pallido. Mi avvicino con cautela e quando la mia mano entra a contatto con il suo braccio rinsavisce di colpo.

Prima che però mettesse a faccia in giù la fotografia sono riuscito a scorgere un uomo sui 35 anni.

<Tutto ok> dice con un sorriso tirato.

<No, Amber, non è tutto ok, lo vedo>

Il verde mi inonda all'improvviso riuscendo quasi a mettermi in soggezione. Sospira debolmente come se non avesse abbastanza fiato per farlo.

<Che cos'è?> chiedo indicando con il dito la foto sul tavolo.

Impiega qualche momento a rispondere, sembra quasi stia valutando se condividere con me quest'informazione. Poi però pare convincersi:

<Lui è mio... padre> mi rivela mostrandomi la fotografia.

<È davvero bello in questa foto> dico esternando con sincerità la mia opinione.

<Oh si, lo è. > mi risponde con un tono sognante.

Si vede lontano un miglio che ammira con tutta sé stessa suo padre. Continua involontariamente ad accarezzare la cornice della foto con una delicatezza tale da far pensare che possa rompersi da un momento all'altro, sgretolandosi nelle sue mani.

Mi guarda come se mi stesse scandagliando l'anima valutando se fidarsi. Per un secondo mi è come parso si fosse ricordata delle mie parole a lezione. Infatti, poi decide di confessarmi:

<Papà diceva sempre che ero la sua ''Wendy''. È sempre stato ossessionato da Peter Pan, era la sua favola preferita e di conseguenza lo è diventata anche la mia. Ogni sera lo imploravo di raccontarmi questa storia ma puntualmente mi addormentavo prima del finale e tuttora non ho la più pallida idea di quale sarebbe stato>

Un piccolo sorriso si fa strada sui suoi zigomi, è completamente immersa nei suoi ricordi e sembra così innocente...oppure è una menzogna?

<Mi faceva sempre ascoltare questa canzone di Ultimo. Lo aveva scoperto solo poco tempo prima che se ne andasse ma da quando ha conosciuto le sue canzoni continuava a ripetere che quella era vera musica, perché era in grado di scombussolarti dentro e lasciarti un segno indelebile. Conosco tutti i suoi album a memoria, grazie a lui>

<Cosa gli è successo?> domando con esitazione per paura della sua reazione.

Prima di rispondere ingoia un groppo in gola temporeggiando.

<Ogni sera ballavamo sulle note di questa canzone, fino a quando all'età di 9 anni la crudeltà umana lo portò via da me: un pirata della strada lo ha investito e non lo ha soccorso. Secondo i medici se qualcuno gli fosse corso in aiuto il margine di sopravvivenza sarebbe salito al 75% ma nessuno lo ha aiutato>

<Dev'essere stato terribile>

<Lo è. L'essere umano ha la possibilità di fare grandi cose ma la sua crudeltà e il suo egoismo sono insiti dentro di lui e finiscono sempre con l'avere la meglio sul resto> dice con un tono spezzato sul punto di crollare.

Si schiarisce la voce diventata roca e con fretta spiega:

<È per questo motivo che non abbiamo foto di famiglia esposte per casa. Le ho rimosse tutte quando papà è morto per accantonare il dolore della sua perdita. Ovviamente non ha funzionato, però lo ha affievolito>

<Sai i miei hanno divorziato quando avevo 12 anni, mio padre se n'è andato e da allora siamo solo io e mia madre> dico con un sorriso tirato per evitare di spezzarmi davanti a lei.

È strano ma è la prima volta che, dopo aver rivelato questo dettaglio a qualcuno, non mi viene detto ''mi dispiace''. Ho sempre odiato quelle parole. Non hanno alcun senso, dimostrano solo un apparente dispiacere, inutile per chi vuole essere capito e non compatito.

<Si è fatto tardi, meglio che vada> asserisco alzandomi dalla sedia.

Mi accompagna all'uscita e, quando sto per chiudere del tutto la porta, mi ferma pronunciando il mio nome. Nessuno lo ha mai fatto con tanta leggerezza e altrettanta attenzione, ogni nota e lettera scivola perfettamente dalle sue labbra morbide.

<Puoi promettere di non dire nulla?> mi chiede guardando i suoi piedi che giocano con il laccio delle scarpe.

<Certo, lo prometto> rispondo con un sorriso che mi attraversa il volto come un lampo.

<Grazie, ci vediamo domani> proferisce togliendosi un peso dai polmoni.

<A domani> replico guardando i suoi capelli scomparire dietro il muro.

Missing Piece - Il pezzo mancanteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora