06 - IL LUNA PARK MISTERIOSO

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AMBER

<Aidan!> grido fiondandomi ad abbracciarlo.

Lo stringo forte a me mentre il suo profumo si diffonde nei miei polmoni e mi tranquillizza. Mi è mancato tantissimo anche se non lo vedo da quest'estate.

Ci siamo conosciuti da piccoli, è il mio migliore amico da quando vivevamo ancora in Canada e, dopo che mi sono trasferita, abbiamo continuato a tenerci in contatto. Ogni volta che in estate tornavo lì, passavamo ore sulla panchina in giardino a parlare di tutto quello che era successo in assenza dell'altro.

È un ragazzo alto, leggermente robusto con capelli biondo cenere e occhi grigi circondati da ciglia folte. Il suo volto mi calma perché mi ricorda la mia infanzia e tutti i bei momenti che ho vissuto in Canada con papà.

Al lui e Sara devo tanto, è con loro che ho capito cosa sia la vera amicizia: è un legame nato per caso tra persone che si sono incontrate durante il loro percorso e che nessun litigio, distanza o silenzio potrà mai spezzare. Ci ho messo un po' a comprenderlo.

Mentre mi stacco dall'abbraccio, noto in lontananza, dietro l'angolo della scuola, una figura incappucciata. Ma, non appena entra in contatto visivo con me, scompare sul retro. Divento rigida e cerco di giustificare quanto successo. Insomma, potrei essermi sbagliata, poteva essere qualche studente che fa una bravata decidendo di nascondersi fuori la scuola e fumare una sigaretta, giusto? Questo spiegherebbe l'atteggiamento sospetto.

<Ti va?> si rivolge a me Aidan.
Riposo lo sguardo su di lui e lo fisso confusa, non comprendendo a cosa si riferisca.

<Eh?>
<Dico il luna park, ti va di andare con me e Sara?> ritenta con un accento canadese pronunciato.

<Oh, si. Certo.>

<Ma come mai se qui?> gli chiedo mentre ci incamminiamo tutti e tre a piedi verso il luna park non eccessivamente distante dalla scuola.

<Ho saputo cosa è successo e mi mancavi quindi ho deciso di venire di persona e farti una sorpresa> confessa.

<Ma come fai con la scuola? Non perderai delle lezioni?> chiedo preoccupata e al contempo in colpa.

<Oh, no. Visto che questo lunedì si festeggia il thanksgiving la mia scuola fa un ponte di tre giorni e ho deciso di venire a trovarti, anche se per poco> risponde afflitto.

<Ah, si la festa dei tacchini sovrappeso spennati> subentra Sara smorzando la tensione.

<Cosa vuol dire "sovr-appeso"? E "spen-nati "?> scandisce innocente Aidan.

Io e Sara ci guardiamo negli occhi prima di esplodere in una fragorosa risata. Ridiamo così tanto che mi fa male la pancia e respiro a stento. È passato un po' di tempo dall'ultima volta e dire che mi mancava è un eufemismo, ne avevo bisogno e Sara lo ha capito.

Una volta arrivati, iniziammo a salire su ogni giostra ci si parasse davanti fino a quando intravidi in lontananza un chiosco con lo zucchero filato.

<ZUCCHERO FILATOOO!> proruppi dal nulla come una bambina.

<Va bene, va bene> accettò Sara mentre le tiravo il braccio per dirigerci lì il più in fretta possibile.

Dopo aver aspettato che una madre porgesse il bastoncino a uno gnomo piagnucolone di 6 anni, mi catapultai davanti al venditore chiedendogliene due.

<Si dice: ''per favore''> se ne uscì con saccenza Sara, tirandomi un delicato ceffone.

<''Per favore''> scimmiottai alzando gli occhi al cielo.

Missing Piece - Il pezzo mancanteWhere stories live. Discover now