10 ~Coscienza~

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Aprì leggermente gli occhi, la luce che entrava dal piccolo spiraglio aperto della finestra mi faceva vedere sfocato. Mi misi a sedere, mi resi conto solo dopo di non essere nella mia stranza.

Mi faceva male la testa, non ricordavo nulla del giorno precedente, Angel ti ha iniettato la sua droga, stavi perdendo il controllo. Il problema è, perché stavo perdendo il controllo? Cosa era successo da farmi così tanto arrabbiare?

Sentì bussare alla porta, così mi alzai andai ad aprire, <Hey puttanella, come ti senti?> <Buongiorno Angel, mi sento stordita, è tutta colpa della tua droga del cazzo> dissi, rinfacciandogli l'accaduto. <Tesoro, eri tu che stavi andando fuori di testa> <Ma per cosa! Non mi ricordo più nulla!>.

Lo vidi sospirare, mi prese a braccetto e mi portò giù, mi mise una mano sopra agli occhi e si assicurò che fossi ben bloccata. Appena arrivammo al piano di sotto mi diede modo di guardare, poi indicò Alastor. <Ecco per cosa> disse.

Sentivo il sangue ribollirmi nelle vene, se Angel non mi avesse tenuto a avrei staccato la testa a quel figlio di puttana. <Malìa, mia cara, calmati> si intromise l'uomo, <Chiamami un'altra volta mia cara e ti stacco il collo a morsi brutto stronzo> dissi, cercando di raggiungerlo.

<Malìa, devi calmarti> dissela figura che mi teneva, decisi di ascoltarlo, per ora. Mi misi seduta vicino a Charlie, mentre gli altri facevano colazione. Tu non la fai, Malìa?
No.
Bene.

Il fato volle che Alastor si mise accanto a me, <Cara, la colazione> disse lui, decisi di non rispondere, mi girai dalla parte opposta, così da non guardarlo. Lui mi mise il suo piatto sotto ai miei occhi, a vedere quel cibo mi venne il vomito.

<No, grazie> dissi, riporgendoglielo. <Mia cara, non era una domanda>, decisi di ignorarlo. Guardai Angel messaggiare con quello strano apparecchio che aveva sempre in mano, il telefono. Ecco, quel coso complicato.

Nel vedere quelle pietanze sulla tavola mi fece salire un conato su per la gola, <Scusate, ma ho bisogno del bagno>dissi solamente, prima di alzarmi e dirigermi in quest'ultimo. Angel mi guardò, capendo già la situazione, tant'è che mi seguì. Corsi verso il gabinetto e vomitai.

Sentì tenermi i capelli, cosicché non mi si sporcassero. <Grazie, Angel> dissi, dopo essermi lavata le mani e i denti. <Malìa, devi uscire da questo tremendo loop> mi rimproverò. No, devi continuare, non puoi permetterti di ingrassare.

Negai con la testa, senza emettere nessun suono. Gli occhi mi diventarono lucidi, non potevo piangere, non davanti al mio migliore amico. Ma non riuscì a trattenermi, caddi nelle sue braccia, pronte ad accogliermi.

Le mie lacrime bagnarono la sua spalla, mi accarezzò i capelli, cercando di rassicurarmi. <Tesoro, è meglio se andiamo in camera> disse, annuì, poi aprì un portale che ci trasportò nella mia nuova stanza.

Mi distesi sul letto, la mia testa si trovava sulle gambe di Angel, che continua a parlarmi, cercando di calmarmi. Le mie lacrime cessarono qualche minuto dopo, mi misi a sedere e abbracciai il. ragazzo. <Grazie, non so come farei senza di te> gli dissi.

Sorrise, posandomi un bacio sulla guancia. <Ora devo proprio andare, sai come è fatto Valentino> disse, rotando gli occhi al cielo. Quel bastardo l'avrebbe pagata prima o poi, trattava il mio migliore amico in un modo inspiegabile.

Si alzò e, dopo avermi rivolto un ultimo sguardo, oltrepassò la porta. Mi ritrovai da sola con i miei pensieri, ci sono anche io eh, e anche con la mia coscienza. Sentì bussare, andai ad aprire e davanti mi ritrovai la figura di Vaggie, con una lancia in mano.

<Senti, Malìa, io non mi fido di te, ma gli altri purtroppo si. Quindi se provi solo a fare del male a qualcuno o a far saltare tutti i piani, ti prometto che ti rovinerò la vita e ti ucciderò> disse, puntandomi contro l'arma. Quella scena mi fece ridere.

<Sai, Vaggie, mi fa ridere il fatto che tu sia così coraggiosa da parlarmi così, ma anche così illusa. Come potresti pensare di uccidermi? Ricorda, potrei farti saltare da un momento all'altro con uno schiocco di dita, quindi è meglio se stai attenta, chiaro?> dissi, avvicinandomi al suo volto.

Lei non sembrò cedere, ma potevo percepire la paura che aveva verso i miei confronti. Risi, compiaciuta, poi la superai, uscendo dalla stanza. Volevo tornare alla mia vecchia casa, così andai davanti ad essa, bruciata. Entrai, per vedere se si fosse salvato qualcosa.

Intatti erano ancora il vestito comprato qualche giorno prima e un diario, quel diario. Esso era di mio padre, me lo cedette alla sua morte, o meglio, me lo presi io, senza che lui lo sapesse. Mi ritrovai a sfogliarlo, stando attenta alle pagine, ormai vecchie e rovinate.

Misi gli oggetti nella borsa, poi notai un'altra cosa, una foto. In essa eravamo ritratti io, i miei tre fratelli, mia madre e mio padre. Un senso di vuoto si fece strada nel mio petto, è stata colpa tua.

Flashback; 1924, New Orleans.

<No, ti prego!> urlò mia madre, in preda panico. Cercai di tapparmi le orecchie per non sentire quelle grida disperate. I rumori iniziarono ad aumentare, così corsi in camera dei miei fratelli più piccoli.

Mi sorpresi, ritrovandoli in salotto, a ridere della mamma mentre veniva abusata da quel bastardo. Mi illusi, pensai fossero più maturi di così, ma mi sbagliavo, loro, che avevano diciassette anni, erano tutt'altro che maturi.

Ad ogni colpo, una risatina usciva dalle loro labbra, cercai di rimproverarli, ma nostro padre mi guardò, disgustato, poi guardò loro, che capirono il suo ordine. Si avvicinarono a me, due mi presero per le braccia, così da bloccarmi, invece l'altro mio fratello iniziò a prendermi a schiaffi.

Continuò, invece degli schiaffi i pugni, poi al posto di essi i calci. Mi ritrovai a terra dolorante insieme a mia madre, guardai i quattro uomini che si trovavano davanti a noi. Si voltarono, dandoci le spalle, per poi andare in salotto.

Non ci vedi più dalla rabbia, così presi la prima cosa che avevo sottomano e corsi verso mio padre. Lo buttai a terra, lo voltai verso di me e iniziai a pugnalarlo, all'altezza del cuore. Macchie di sangue mi sporcarono il vestito, i miei fratelli mi guardano terrorizzati.

Guardai uno di essi, poi corsi nella sua direzione, con un movimento gli misi le mani intorno al collo e glie lo spezzai. Continuai con il secondo, tagliandogli la gola con l'oggetto ancora in mano. <T-ti prego, r-risparmiami!> chiese, indietreggiando per la paura.

Un ghigno compiaciuto si fece strada sul mio volto, poi lo raggiunsi e, con un colpo secco, gli infilai il pezzo di vetro nel cranio. Mi girai verso mia madre, mi guardò sconvolta, si mise a gridare quando avanzai verso di lei. Devi uccidere anche lei, altrimenti ti denuncerà.

Diedi ascolto alla mia coscienza, così gli misi un piede sulla trachea e glie la schiacciai, rompendogliela. Mi diedi una ripulita al volo, poi presi tutto quello che potevo della mia roba e scappai.

Fine Flashback

Una lacrima scese lungo la mia guancia, poi ripensai a tutto il male che avevano causato a me e a mia madre, lei era una traditrice, hai fatto bene ad ucciderla. Non sapevo se avevo fatto la scelta giusta o no. Infilai la foto nella borsa, insieme agli altri oggetti, e poi corsi di fuori, teletrasportandomi di nuovo all'Hotel.

Angoletto Autrice
Ciao lettori! Vi piace questo capitolo? Devo ammettere di averci messo un pochino, oggi ho avuto una giornata stancante, quindi ci ho messo un po' per scrivere. Adesso vi lascio alla lettura, spero vi piaccia la storia!

My Dear // Alastor x ReaderWhere stories live. Discover now